tag:blogger.com,1999:blog-52877697994030243782024-03-05T05:33:29.077+01:00Blog di Fabio Fontanawww.fabiofontana.itFabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.comBlogger90125tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-37100950946226158772020-09-13T22:50:00.006+02:002023-01-03T22:52:06.613+01:00Il referendum sul taglio dei parlamentari<p><a href="http://www.muovereleidee.it/2020/09/13/il-referendum-sul-taglio-dei-parlamentari/" target="_blank">Testo del video scritto per Muovere Le Idee</a></p><p>Votare sul taglio dei parlamentari. Chi e perché direbbe di no? A cosa serve un referendum?</p><p>Il 20 e 21 settembre saremo chiamati a votare in un referendum di cui probabilmente non avete ancora sentito parlare e il cui esito, salvo grosse sorprese, è abbastanza scontato. Il tema è il taglio di un terzo dei membri del parlamento. Qui vedremo i dettagli della riforma sottoposta al voto, le posizioni dei partiti e tutti i pro e i contro.</p><p><b>LA RIFORMA</b></p><p>Oggi nel nostro parlamento siedono 945 eletti: 630 alla Camera dei Deputati e 315 nel Senato della Repubblica. La riforma su cui voteremo ne taglia 230 alla Camera, che scende a 400 deputati, e 115 al Senato, che sarà composto da soli 200 senatori. Quindi, se la riforma venisse confermata col referendum, gli attuali 945 parlamentari verranno tagliati del 36,5% e diventeranno 600 in tutto. A questo numero si aggiungono massimo 5 senatori a vita di nomina presidenziale e gli ex capi dello stato che acquisiscono il seggio di diritto.</p><p>Questa modifica è stata approvata in ultima battuta dalla Camera l’8 ottobre 2019 con 553 voti a favore, 2 astenuti e 14 contrari. Tra questi ultimi troviamo deputati di Più Europa e del gruppo misto. Lo scorso gennaio però 71 parlamentari hanno raccolto le firme per indire il referendum confermativo della riforma. Infatti, modificare il numero dei parlamentari significa modificare la Costituzione, la legge fondamentale dello stato a cui tutte le altre leggi devono aderire. E per modificare la Costituzione serve una procedura particolare che prevede che ciascuna delle due camere voti lo stesso testo per due volte a distanza di tre mesi e se questo non viene approvato dai due terzi dei componenti di ciascuna camera ma solo dalla maggioranza, la riforma può essere sottoposta a referendum confermativo. Il voto popolare si tiene però solo se lo richiedono mezzo milione di cittadini, cinque regione oppure, come nel nostro caso, un quinto dei membri di una camera. Fra coloro che hanno firmato, la parte del leone la fa Forza Italia con 42 firmatari, seguiti da 10 del gruppo misto, 9 della Lega, 5 del Pd, 2 di Italia Viva e addirittura 2 dei 5 Stelle.</p><p><b>COSA DICONO I PARTITI</b></p><p>Non c’è quasi bisogno di dire che il partito promotore di questa riforma è stato il Movimento 5 Stelle, che ha insistito molto perché completasse il suo iter. Per i grillini il taglio dei parlamentari è stato il cavallo di battaglia fin dall’inizio, nel loro intento di ridurre i costi e i privilegi della politica. Comunque nell’ultimo voto in parlamento praticamente tutti i partiti hanno dato il via libera alla legge, con Forza Italia che forse è stato il gruppo più tiepido a riguardo. Da segnalare è la posizione del Partito Democratico, che in un primo momento era stato contrario al taglio dei parlamentari preoccupato da una diminuzione della rappresentanza dei cittadini in parlamento. Tuttavia, anche il Pd nell’ultima lettura ha votato a favore della riforma, rassicurato da un accordo stretto con i 5 Stelle in base al quale verranno fatte altre riforme per fare da contrappeso a questa, tra le quali una nuova legge elettorale (di cui si sta discutendo nelle ultime settimane), la modifica di alcune norme sul ruolo delle regioni nel parlamento e l’allineamento dell’età per votare e per essere votati come parlamentari del Senato a quella della Camera (rispettivamente 18 e 25 anni). L’unico partito che fa ufficialmente campagna per il ‘no’ al taglio dei parlamentari è Più Europa, che denuncia una riforma fatta solo per ragioni populistiche che non migliora affatto il modo di funzionare del parlamento.</p><p><b>I RISPARMI</b></p><p>Molti italiani vedono la politica come fonte di privilegi e sperperi. Anche se negli ultimi anni, specie dopo la crisi economica e l’insorgenza della cosiddetta “antipolitica”, i cordoni della borsa sono stati un po’ ristretti, per esempio sul fronte dei vitalizi, non è comunque giudicato abbastanza. È per venire incontro a questa esigenza che è stato proposto il taglio dei parlamentari, grazie al quale lo stato dovrebbe risparmiare in indennità, rimborsi ed emolumenti vari. Ma a quanto ammonta questo risparmio?</p><p>Secondo un calcolo fatto direttamente sul bilancio delle due camere, ogni anno i risparmi dovrebbero essere di 52,9 milioni di euro alla Camera e 28,7 al Senato, per un totale di 81,6 milioni di euro annui totali. Questa cifra però va presa con le molle, perché ci sono dei fattori che possono aumentare o diminuire il risparmio. Per esempio, a questi 81,6 milioni andrebbe sottratta la parte della loro indennità che i parlamentari restituiscono allo stato in termini di imposte e contributi e si arriverebbe a 57,3 milioni, secondo i calcoli fatti dall’Osservatorio dei conti pubblici italiani. Dall’altro canto però, ulteriori risparmi possono provenire dai minori costi che le strutture di Camera e Senato dovranno sostenere per ospitare qualche centinaia di persone in meno. Insomma, è difficile quantificare con estrema precisione la cifra esatta che si andrà a risparmiare con la riforma, però possiamo dire che sarà tra i 50 e i 100 milioni di euro all’anno, intorno ad un euro per ogni cittadino. Un po’ poco, fa notare qualcuno, in confronto ad un bilancio pubblico di circa 800 miliardi l’anno, per non parlare del debito pubblico. Peraltro, solo i costi per organizzare il referendum (circa 300 milioni) vanificheranno i risparmi dei primi 4-5 anni. Tuttavia, al di là dei meri calcoli economici, da alcuni una riduzione dei parlamentari che oggi vengono considerati troppi e inutili è vista come una questione di principio e un messaggio dovuto da parte della politica che, in tempi di ristrettezze economiche, deve fare la sua parte.</p><p><b>LA RAPPRESENTANZA</b></p><p>Se il principale argomento a favore della riforma riguarda i risparmi economici che garantisce, la maggiore questione sollevata dai contrari è quella della rappresentanza: 600 parlamentari sono sufficienti a rappresentare 60 milioni di cittadini? Per rispondere a questa domanda è utile vedere cosa succede negli altri paesi europei. Prendiamo in considerazione la camera bassa di ogni paese. Quella italiana, nel caso in cui la riforma venga confermata, avrà 400 membri, contro i 577 della Francia (che però sta discutendo di una riforma per portarli a 404), i 650 del Regno Unito e i 709 della Germania (anche se lì il numero è variabile, con un minimo di 598 membri). Altri paesi con meno abitanti hanno anche meno parlamentari: sono 460 in Polonia e addirittura 350 in Spagna. Quindi il confronto che ha più senso è quello del rapporto tra eletti ed elettori di ogni paese. Il calcolo è stato fatto direttamente dagli uffici studi del parlamento e questo è il risultato: con la riforma la Camera italiana passa da un rapporto di 1 deputato per 96 mila abitanti ad 1 ogni 151 mila, facendo da capofila in Europa, seguita dalla Spagna con 1 deputato ogni 133 mila cittadini, da Francia e Germania entrambe con un parlamentare per 116 mila abitanti, dall’Olanda con uno ogni 114 e poi tutti gli altri con rapporti ancora più bassi.</p><p>Questa la panoramica delle camere basse. E le camere alte? Nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea (15 su 27) il senato nemmeno esiste, mentre negli altri molto spesso non è eletto direttamente dai cittadini oppure svolge funzioni diverse dalla camera bassa. Il fatto che in Italia esista un Senato eletto direttamente dai cittadini e che svolge le stesse funzioni della Camera può essere visto in due modi. Da una parte, le decisioni sono più ponderate perché prese da due assemblee diverse che devono concordare sullo stesso testo di una legge e quindi da un certo punto di vista i cittadini sono meglio rappresentati. Dall’altra parte, si avrà un Senato con gli stessi poteri della Camera e dove il rapporto fra eletti ed elettori sarà di un senatore ogni 300 mila cittadini: una soglia parecchio alta, che unita al fatto che il Senato è eletto su base regionale, farà sì che alcune zone dell’Italia incideranno ben poco sulla composizione dell’assemblea.</p><p><b>CONCLUSIONE</b></p><p>Riassumendo, le due posizioni sono queste. Da una parte c’è chi dice: la politica è fonte di sprechi e privilegi assurdi, tra cui un numero di parlamentari troppo alto; in un periodo di depressione economica, è giusto che anche i politici facciano la loro parte. Dall’altra si dice: la riforma è stata fatta per ragioni populistiche, porterà risparmi esigui e l’avere meno parlamentari significherà una minore rappresentatività dei cittadini e quindi una minore varietà di idee nelle aule del parlamento.</p><p>Questa è una panoramica della riforma su cui saremo chiamati ad esprimerci. I seggi saranno aperti domenica 20 settembre dalle 7 alle 23 e lunedì 21 dalle 7 alle 15. Per votare, è necessario portare con sé un documento di riconoscimento e la tessera elettorale. Il referendum non ha quorum, quindi non serve che voti almeno la metà degli elettori. Quale che sia l’affluenza, una maggioranza dei ‘sì’ farà entrare in vigore il taglio dei parlamentari, una prevalenza dei ‘no’ lascerà le cose come sono ora.</p>Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-74331666338853975592020-07-26T22:42:00.001+02:002023-01-03T22:52:50.621+01:00Come l'UE vuole far ripartire l'economia<p>Alle 5.30 di mattina del 21 luglio scorso, il Consiglio Europeo, ossia la riunione dei capi di stato e di governo europei, ha raggiunto un accordo storico. Dopo 5 giorni di negoziato, i 27 stati membri dell’Ue sono riusciti a trovare un’intesa sui soldi da stanziare per stimolare la ripresa economica del continente dopo il coronavirus e la cifra è impressionante: 750 miliardi di euro. Di questi, 390 saranno a fondo perduto (quindi erogazioni dirette che non andranno restituite) mentre gli altri 360 miliardi saranno prestiti a lungo termine.</p><p><b>La trattativa</b></p><p>Mai nella storia un Consiglio Europeo è durato così a lungo. La materia in discussione era delicata. I 750 miliardi di euro stanziati per il cosiddetto “recovery fund” (fondo per la ripresa) saranno raccolti dall’Unione Europea nel suo complesso indebitandosi sui mercati e poi ridistribuiti ai vari paesi membri. E l’oggetto del negoziato era proprio come dividerli tra gli stati membri e in che forma (erogazioni a fondo perduto o prestiti). In questa occasione si è vista per l’ennesima volta la spaccatura più forte all’interno dei paesi dell’Unione Europea negli ultimi anni: quella tra i paesi del Nord Europa e quelli del Sud Europa. Da quando la crisi economica si è abbattuta sul nostro continente, ci si è resi conto di quanto le economie europee fossero integrate, tanto che se un paese avesse avuto difficoltà economiche ne avrebbero risentito anche gli altri. Per quello è stato necessario correre in soccorso di alcuni paesi, la Grecia in primis. E qui è nata la frattura tra i paesi del Nord che non volevano pagare per le inefficienze e la corruzione dei paesi del Sud e i paesi del Sud che invocavano più solidarietà, in ragione anche dei benefici che i paesi del Nord hanno avuto dal processo di integrazione.</p><p>In occasione di questo Consiglio Europeo, benché il paese capofila dei paesi del Nord, la Germania, sia stata la prima a spingere per una ricca dotazione del recovery fund, altri paesi del Nord Europa si sono messi subito di traverso. Parliamo di quelli che sono stati chiamati i 4 frugali: Austria, Danimarca, Svezia, con l’Olanda in testa. Questi chiedevano che i soldi fossero concessi esclusivamente come prestiti e che ci fosse un controllo serrato di come sarebbero stati spesi. I paesi del Sud dal canto loro chiedevano completa libertà ed erogazioni a fondo perduto. Alla fine si è giunti ad un compromesso: circa metà saranno prestiti e metà finanziamenti a fondo perduto e ogni paese dovrà presentare un piano di riforme spiegando come vorrà utilizzare quel denaro, piano che dovrà essere approvato dalla Commissione Europea e a maggioranza qualificata dallo stesso Consiglio Europeo. All’Italia, per quanto è stata colpita dal coronavirus, spetterà la quota maggiore del fondo: circa 209 miliardi di euro, di cui 82 in sussidi e 127 in prestiti.</p><p><b>Un debito europeo</b></p><p>L’Unione Europea gestisce già i nostri soldi: gli stati membri versano circa l’1% del proprio Pil alle istituzioni europee, che decidono insieme agli stati come usarli. Ma c’è una differenza con il recovery fund, che rende l’istituzione di questo fondo una decisione storica. I soldi del piano infatti non arriveranno dagli stati ma da un debito che l’Unione Europea farà come un unico soggetto. Per la prima volta l’Ue si indebiterà tutta insieme, come fosse un solo stato. Questo debito in fondo non sarà altro che la creazione degli Eurobond, i titoli di stato europei che in molti hanno chiesto per anni e che fino a qualche mese fa sembravano una chimera. Qualcuno ha paragonato questo evento all'”Hamilton moment” americano: quando nel 1790 Alexander Hamilton, insieme a Thomas Jefferson e a James Madison, convinse gli stati americani a creare una nuova capitale promettendogli di assorbire i loro debiti di guerra in un unico debito a livello federale. In questo modo, si gettarono le basi per gli Stati Uniti così come li conosciamo oggi. Se il recovery fund sarà la premessa di una maggiore integrazione europea solo il tempo saprà dircelo. Intanto ci sono delle differenze con l'”Hamilton moment”: il recovery fund è una misura temporanea e non cancella i singoli debiti nazionali. Però è un passo avanti, richiesto dal momento di crisi che stiamo vivendo. Ma è proprio nei momenti di crisi che dobbiamo saperci ripensare e preparare un futuro più prospero.</p>Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-64582298361855287132020-06-17T22:47:00.005+02:002023-01-03T22:50:06.255+01:00La morte di George Floyd e il razzismo negli Usa<p><a href="http://www.muovereleidee.it/2020/06/17/la-morte-di-george-floyd-e-il-razzismo-negli-usa/" target="_blank">Testo del video prodotto per Muovere Le Idee</a></p><p>Sono giorni di indignazione e proteste negli Stati Uniti, dopo l’ennesima uccisione di un afroamericano innocente per mano della polizia.</p><p>Qui parleremo di quello che sta accadendo negli Usa, delle manifestazioni contro la polizia e del razzismo della società americana</p><p><b>IL CASO FLOYD</b></p><p>È la sera di lunedì 25 maggio, sono passate da poco le otto di sera, George Floyd, un afroamericano di 46 anni, si trova in auto insieme a due persone sulla 38esima strada di Minneapolis, in Minnesota. Viene raggiunto da due commessi di un piccolo negozio dove poco prima aveva acquistato delle sigarette, che lo accusano di avere usato una banconota falsa da 20 dollari. Lui nega, quelli se ne vanno e chiamano la polizia. Arrivano due agenti seguiti dopo poco da altri due, raccontano di trovare Floyd sotto effetto di alcol o droghe ma disarmato, lo fanno uscire dalla sua auto, lo ammanettano e lo mettono a terra, tentano quindi di portarlo sulla volante della polizia, lui si rifiuta e allora lo fanno stendere a terra a faccia in giù. In tre si mettono sopra di lui, uno sulle gambe, uno sul torace e uno, l’agente Derek Chauvin, gli mette addirittura un ginocchio sul collo. Rimane così per 8 minuti e 46 secondi, nonostante lo stesso Floyd continui a ripetere di non riuscire a respirare. Gli resta sopra anche quando l’uomo perde coscienza. È così che lo trova l’ambulanza, chiamata dagli stessi agenti per una ferita alla bocca di Floyd. Viene dichiarato morto poco dopo in un vicino ospedale. L’autopsia ufficiale ascrive la causa del decesso ad un arresto cardiocircolatorio, affermando che non ci siano prove che sia stato causato dalla pressione esercitata dall’agente sul suo collo. I risultati di un’autopsia indipendente invece sembrano confermare che la morte sia stata causata proprio dall’asfissia per la violenza subita. I quattro agenti responsabili sono stati licenziati, Chauvin è stato arrestato già poche ore dopo il fatto con l’accusa di omicidio, gli altri tre poliziotti sono stati successivamente incarcerati e accusati di complicità.</p><p><b>LE PROTESTE</b></p><p>La morte di Floyd, mostrata al pubblico quasi in diretta grazie ai video dei passanti, ha scatenato fin da subito un’ondata di proteste in tutti gli Stati Uniti contro le violenze della polizia verso i neri e contro il razzismo che ancora esiste nel paese. Non è la prima volta che succede. Quasi ogni anno scoppiano manifestazioni di questo tipo quando episodi simili balzano agli onori delle cronache. La storia è sempre la stessa: a morire è sempre un afroamericano disarmato e spesso innocuo, a sparare è sempre un agente di polizia che raramente viene condannato o anche solo licenziato per quello che ha fatto. Dei disordini scoppiarono dopo la morte del diciottenne Michael Brown nel 2014 a Ferguson (Missouri), ucciso dopo un diverbio con un agente. Nel frattempo si era già diffuso il movimento Black Lives Matter, in seguito all’assoluzione di un uomo che aveva sparato ad un ragazzo nero di 17 anni, Trayvon Martin, che camminava col cappuccio della felpa alzato sulla testa.</p><p>Questa volta però le proteste sono state molto più estese, perlopiù pacifiche, benché siano state spesso trattate dalla polizia molto duramente, ricorrendo a gas lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti. Un giornalista della Cnn è stato addirittura arrestato in diretta mentre faceva semplicemente il suo lavoro. Alcune manifestazioni sono in effetti sfociate in violenze, con attacchi alla polizia, vetrine dei negozi infrante e l’assalto ai grandi magazzini di New York. Sono state almeno tre le vittime finora, il coprifuoco è stato imposto in 42 città, la Guarda Nazionale è intervenuta in 15 stati. Il presidente Trump, sebbene abbia condannato la morte di Floyd, ha avuto parole molto più dure nei confronti dei manifestanti, chiamandoli “criminali” e minacciando di “iniziare a sparare” in caso di saccheggi, oltre a paventare l’invio dell’esercito nelle strade.</p><p><b>RAZZISMO SISTEMICO</b></p><p>Il caso di Floyd non è stato un episodio isolato. I dati ci dicono che, sebbene i neri rappresentino solo il 13% della popolazione degli Stati Uniti, costituiscono il 40% degli innocenti uccisi per mano della polizia. Per questo si può parlare di razzismo. E si tratta di un razzismo connaturato alla stessa società americana. Noi fatichiamo a capirlo perché l’Italia è diventata prima una democrazia compiuta e solo dopo, negli ultimi decenni, ha visto arrivare milioni di persone di etnia diversa che ha dovuto integrare, con lo stato pronto a vigilare che non si verificassero discriminazioni su base razziale. In America invece vi è stata da subito la presenza di due etnie, quella dei bianchi europei colonizzatori e quella degli schiavi neri africani, e solo successivamente è nato lo stato, che non ha potuto far altro che fotografare la situazione esistente, con l’enorme contraddizione di dichiarare tutti gli uomini uguali e consentire allo stesso tempo l’esistenza della schiavitù. Questa durò fino al 1865, anno in cui si concluse la guerra di secessione americana, nella quale uno dei terreni di scontro fu proprio la volontà degli stati del Sud di voler mantenere la schiavitù. Con la loro sconfitta, essi dovettero cedere e abolirla, ma la discriminazione verso gli afroamericani era appena cominciata. Con gli anni si sviluppò un sistema di segregazione razziale: bianchi e neri erano separati in tutti gli ambiti della convivenza civile, frequentavano scuole diverse, lavoravano in fabbriche diverse, compravano in negozi diversi, erano separati sui trasporti pubblici, al cinema, negli ospedali. Vivevano addirittura in differenti zone della città, con i neri nei piccoli appartamenti malandati del centro e i bianchi nelle villette dei quartieri residenziali della periferia. Questo sistema cominciò a crollare quando una signora di nome Rosa Parks si rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus ad un bianco salito dopo di lei, che lo reclamava in base alle regole dell’epoca. Questa vicenda rappresenta simbolicamente l’inizio del movimento per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti, guidato da figure come quelle di Martin Luther King e Malcolm X. Tutto questo portò nel 1964 ad una legge che vietò ogni forma di segregazione razziale. Ma le cose non cambiarono da un giorno all’altro e quel periodo ha lasciato dei segni visibili ancora oggi, per esempio nel modo di comportarsi di alcune frange della polizia. Per questo negli Usa si può parlare di razzismo sistemico: un razzismo insito nel dna della società americana, che verrà sradicato del tutto solo col tempo e con la lotta per l’uguaglianza e per i diritti civili di tutti, di cui le proteste in corso sono soltanto un capitolo.</p>Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-49423671973593131062020-05-26T18:31:00.002+02:002020-05-26T18:31:45.221+02:00Mes, Eurobond, Coronabond: cosa sono<div align="center">
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<a href="http://www.muovereleidee.it/2020/05/26/mes-eurobond-coronabond-cosa-sono/" target="_blank">Originariamente scritto per Muovere Le Idee</a></div>
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Con l'emergenza coronavirus ancora in atto, il dibattito politico si è concentrato giustamente su quello. Tra un tweet e l'altro però si è tornati a parlare anche di cose astruse come gli eurobond e il famigerato Mes. E non a caso. L'isolamento richiesto dalla lotta al virus ci ha costretti a rallentare di molto tutta l'economia e ci ha fatto sprofondare in una crisi economica. Ma differenza del 2008, quando la crisi ci ha colto alla sprovvista e le prime misure per contrastarla sono arrivate dopo troppo tempo, soprattutto in Europa, stavolta sembra che la politica abbia capito che serve fare qualcosa subito.</div>
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Il governo italiano ha messo in campo a marzo misure per circa 20 miliardi d'euro, più 550 miliardi di garanzie per i prestiti alle imprese, mentre a giorni è atteso un intervento ancora più decisivo nell’orbita dei 50 miliardi. Secondo le stesse stime del governo, questo porterà il deficit dello stato, cioè la differenza tra uscite ed entrate, al 10,4% del Pil (nel 2019, era dell'1,6 per dire). Ciò farà esplodere il debito pubblico, passando dal 134,8% del Pil nel 2019 al 155,7% nel 2020.</div>
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Questo significa che, se da una parte lo stato perde introiti perché lavorando di meno i cittadini pagano meno tasse, dall'altra gli è richiesto uno sforzo economico maggiore, cioè più uscite, per aiutare chi è in difficoltà e far ripartire l'economia il più presto possibile. Davanti a questa situazione, è opinione diffusa che l'Italia non ce la possa fare da sola e abbia bisogno di un aiuto da parte dell'Europa. Il come farsi aiutare però è oggetto di dibattito. Gli strumenti di cui più si parla sono due: il Mes e gli eurobond, che qualcuno ha rinominato per l'occasione "coronabond".</div>
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Per capire cosa è il Mes dobbiamo tornare un po' indietro nel tempo. Nel 2011-2012 la crisi economica cominciò a creare problemi finanziari ad alcuni stati dell'Eurozona, ossia quei paesi dell'Unione Europea che adottano la moneta unica. Dal momento che i paesi dell'euro hanno una banca centrale in comune, ogni stato non può decidere da sé di mettersi a stampare più moneta e questo spinse i mercati a dubitare che questi potessero ripagare i loro ingenti debiti pubblici senza l'ancora di salvezza di creare soldi per farlo. Ciò portò in alto i tassi di interesse che alcuni stati come Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Cipro e Irlanda dovevano pagare sui loro titoli di stato per rifornirsi di capitali, fino a renderli quasi insostenibili. L'Europa realizzò che se uno di questi paesi fosse crollato, avrebbe portato con sé tutto il continente. Si decise quindi di costruire un fondo salva-stati, che diventò poi il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità). Con un capitale di 700 miliardi versato in quote da tutti i paesi della zona euro, il Mes può correre in soccorso dei paesi in difficoltà fornendogli dei prestiti a tassi vantaggiosi. L'ha fatto con tutti i paesi citati tranne l'Italia. Questi aiuti però non sono senza condizioni, anzi. Lo stato che attiva il Mes deve firmare un memorandum d'intesa con la famigerata troika: Commissione europea, Bce e, se entra nell'accordo, Fmi. Questo accordo prevede una serie dettagliata di riforme che il paese deve mettere in atto e dei limiti di bilancio che deve rispettare.</div>
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Gli effetti più estremi di questo meccanismo si possono vedere in Grecia. Lì i governi avevano truccato i conti pubblici per anni e, quando la cosa si seppe, nessuno volle più prestare soldi allo stato ellenico e ciò lo spinse sull'orlo della bancarotta. Gli aiuti del fondo salva-stati arrivarono per salvare sì la Grecia, ma anche le banche di tutto il continente che avevano in pancia i suoi titoli, i quali sarebbero presto diventati spazzatura. In cambio dell'assistenza finanziaria, alla Grecia furono richieste ampie e profonde riforme che si tradussero in tagli allo stato sociale, gli ospedali, alle scuole, ai sussidi per gli strati più deboli della popolazione. È questo il motivo per cui molti oggi vedono il Mes come fumo negli occhi. Temono infatti che, se l'Italia avesse mai bisogno di aderirvi, perderebbe sovranità, dovendo accettare decisioni prese altrove.</div>
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Al posto del Mes molti in Italia preferirebbero parlare di eurobond, che però non riscuotono lo stesso successo in altri paesi europei. Nei piani di chi li propone, gli eurobond dovrebbero essere una specie di titoli di stato non emessi da un singolo paese ma dall'Unione Europea nel suo complesso. I paesi membri dell'Ue si indebiterebbero tutti insieme e, questo è il sottotesto, i soldi andrebbero a chi ne ha più bisogno, i paesi del Sud Europa. E questo ci porta alla frattura che si è creata nel nostro continente dal momento in cui si è cominciato a dover correre in soccorso di alcuni paesi membri con difficoltà economiche: quella fra i paesi del Nord e i paesi del Sud dell'Europa. Con i primi che non vogliono indebitarsi per salvare i secondi, considerati inefficienti, spreconi e corrotti, e i secondi che si sentono danneggiati dalla moneta unica e chiedono l'aiuto e la solidarietà europea. Sono due posizioni contrapposte che hanno entrambe torti e ragioni. L’unico modo di sanare il conflitto è quello di trovare un compromesso e i primi passi in questa direzione sono stati fatti alcuni giorni fa, su spinta dell’emergenza in corso a causa del coronavirus.</div>
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Bei, Mes e Sure: in tre acronimi sono queste le misure per 540 miliardi decise dall’Eurogruppo, ossia la riunione dei ministri dell’economia dell’eurozona. La Bei è la Banca Europea degli Investimenti, che sarà incaricata di reperire fondi sui mercati per aiutare le imprese europee. Il Sure, invece, è una primissima e limitata forma embrionale di eurobond: gli stati membri forniranno alla Commissione Europea fino a 25 miliardi di garanzie, che essa userà per emettere titoli e raccogliere fondi per finanziare la cassa integrazione dei paesi in difficoltà, a cui saranno fatti dei prestiti a lungo termine. Infine, sono state introdotte delle modifiche al Mes, che permetteranno agli stati di chiedere prestiti per un totale di 240 miliardi (36 per l’Italia) senza condizioni, tranne quella di usare i soldi solo per le spese sanitarie dirette e indirette. Per il nostro paese, accedere a questi finanziamenti farebbe risparmiare quattrini, perché essi avrebbero dei tassi di interesse più bassi di quelli che paghiamo sui titoli di stato italiani. Tuttavia, l’Italia e gli altri paesi del Sud Europa difficilmente chiederanno di ricorrere al Mes per una serie di ragioni. Innanzitutto, per una questione di principio: per tutta la trattativa i paesi del Sud hanno spinto per gli eurobond e attivare il Mes significherebbe accettare che una maggiore integrazione europea passi di fatto da un debito contratto coi paesi del Nord. In secondo luogo, non è ancora chiarissimo fino a che punto il Mes sia senza condizioni; al momento c’è solo qualche riga di annuncio, ancora non ci sono i dettagli tecnici. Infine, chiedendo un prestito al Mes, sorgerebbe un problema di reputazione, sia nei confronti dei mercati, che potrebbero cominciare a pensare che i paesi del Sud Europa fatichino a ripagare i loro debiti, sia nei confronti degli avversari politici, che accuserebbero chi sta al governo di cedere ulteriore sovranità all’Europa.</div>
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Insomma, nonostante le novità introdotte, probabilmente il Mes non verrà utilizzato. Ma se il Mes esce di scena, gli eurobond potrebbero entrarci. Prima l’Eurogruppo e poi il Consiglio Europeo dei capi di stato e di governo di tutti i paesi Ue hanno previsto l’istituzione di un fondo europeo per la ripresa, da finanziare con “strumenti innovativi”, tra cui potrebbero esserci proprio gli eurobond. Ma le trattative sul fondo prenderanno settimane e forse mesi, quindi dovremo aspettare un po’ per sapere se si concretizzerà in questa forma. Ciò che conta è che, anche se è stata necessaria una gravissima emergenza come quella del coronavirus e sebbene lo stia facendo a piccoli passi, l’Europa ha capito che per funzionare ha bisogno di integrarsi di più e avere maggiore solidarietà al suo interno. Sperando che questo basti a superare la difficile fase che stiamo attraversando.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-24408099766328280032019-05-10T13:46:00.000+02:002019-05-10T13:46:07.375+02:00Elezioni Europee 2019<div align="center">
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<a href="http://www.muovereleidee.it/2019/05/10/elezioni-europee-2019/" target="_blank">Originariamente scritto per Muovere Le Idee</a></div>
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È primavera inoltrata: gli alberi fioriscono, le giornate si allungano e le urne per nuove elezioni si apriranno presto. Quest’anno è il turno delle europee: domenica 26 maggio saremo chiamati a decidere la nuova composizione dell’Europarlamento. In questo video vedremo a cosa serve il Parlamento Europeo, i partiti tra cui potremo scegliere e quali sono i temi caldi su cui si giocheranno queste elezioni.</div>
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<b>Le istituzioni UE</b></div>
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La prima cosa da capire su queste elezioni è che tipo di decisioni si prendono a Bruxelles e come il nostro voto influirà su di esse. Innanzitutto, va ricordato che le decisioni fondamentali su molti aspetti della nostra vita vengono ancora prese a livello nazionale: dal mercato del lavoro alla giustizia, dalle pensioni alla sanità, dalla sicurezza all’istruzione, fino in gran parte all’immigrazione. Le istituzioni europee hanno invece carta bianca solo sui temi del commercio interno ed esterno all’Ue, sull’agricoltura e la pesca. Mentre in altri ambiti Unione Europea e stati nazionali condividono il potere, con la prima che stabilisce le regole generali e i secondi che dettagliano meglio la normativa. In campo economico per esempio, le regole stabilite dall’Europa, spesso con l’unanimità degli stati membri, impongono certi limiti ai bilanci nazionali, ma le scelte su come ripartire la spesa sono completamente nelle mani dei singoli governi.</div>
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Ora la domanda è: come si prendono le decisioni in Europa? Ci pensa il Parlamento Europeo, direte voi, lo eleggiamo apposta. Sì, ma non del tutto. L’iniziativa legislativa parte dalla Commissione: il suo presidente è il lussemburghese Jean-Claude Juncker ed è un po’ il governo dell’Ue ma anche un organo indipendente dagli stati, che rappresenta gli interessi di tutti i cittadini europei. La Commissione invia la proposta di legge sia al Parlamento Europeo, che andremo ad eleggere tra pochi giorni, sia al Consiglio dell’Unione, dove siedono i ministri di tutti gli stati membri. A monte del Consiglio dell’Unione, c’è il Consiglio Europeo, un tavolo con 28 sedie dove siedono i capi di governo dei 28 stati membri: Conte, Merkel, Macron e tutti gli altri. A guidarlo è stato chiamato il polacco Donald Tusk, che insieme a Juncker, rappresenta le istituzioni europee a livello internazionale. Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione votano sulle proposte della Commissione, che diventano legge soltanto se entrambi gli organi si esprimono favorevolmente.</div>
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Insomma, l’iter decisionale dell’Ue è piuttosto complesso. Ma non a caso: si vuole infatti assicurare che sulle scelte che vengono fatte ci sia il massimo di condivisione possibile fra tutte le parti in gioco. L’Europarlamento, proprio perché è eletto da tutti i cittadini europei, contribuisce a dare a queste decisioni una legittimità democratica, anche se esse vengono prese di comune accordo con i singoli stati, rappresentati nel Consiglio.</div>
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<b>I partiti</b></div>
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Benché si riunisca quasi sempre a Bruxelles (in Belgio), il Parlamento Europeo ha la propria sede ufficiale a Strasburgo (in Francia), dove si svolgono le sessioni plenarie almeno una volta al mese. Qui si presenteranno il 2 luglio i parlamentari che verranno eletti dal 23 al 26 maggio da tutti i cittadini europei maggiorenni. Nel momento in cui andranno a sedersi sugli scranni di Strasburgo, i neoeletti non si collocheranno accanto ai parlamentari della loro stessa nazione, ma a quelli più affini politicamente. Infatti, sebbene noi sulla scheda in cabina elettorale troveremo i partiti che siamo soliti votare alle elezioni nazionali, una volta eletti questi dovranno poi affiliarsi ad una famiglia politica europea per poter creare un gruppo politico all’interno del Parlamento Europeo. Questi partiti europei propongono anche un candidato alla presidenza della Commissione europea. Vediamo quindi quali sono questi gruppi.</div>
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• Il partito con più seggi, almeno fino a quest’anno, è il PPE (Partito Popolare Europeo) che raggruppa le forze politiche di centrodestra, cristiano-democratiche e popolari. Ad esso aderisce Forza Italia. Il suo candidato alla presidenza della Commissione è il tedesco Manfred Weber.</div>
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• Il diretto concorrente del Ppe è il Pse (Partito Socialista Europeo), che comprende i partiti di centrosinistra, democratici, socialdemocratici e progressisti. Ne fa parte il Pd italiano. Candida alla presidenza della Commissione l’attuale primo vicepresidente, l’olandese Frans Timmermans.</div>
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• Al centro troviamo l’Alde (l’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa), a cui aderiscono i partiti centristi, liberali ed europeisti. Conterà fra le proprie file gli eventuali eletti di Più Europa. Alla testa della Commissione, l’Alde propone un’intera lista di possibili presidenti, tra cui lo storico leader Guy Verhofstadt e l’italiana Emma Bonino.</div>
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• A destra dei Popolari, possiamo collocare l’Ecr (i Conservatori e Riformisti Europei), che si ispirano a valori conservatori come il Ppe ma sono euroscettici. Vi aderisce Fratelli d’Italia. Candida alla Commissione il cieco Jan Zahradil.</div>
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• A sinistra dei Socialisti, troviamo invece i Verdi, che raccolgono i partiti ambientalisti di tutta Europa. Trova corrispondenza in Italia con la lista Europa Verde (formata dai Verdi italiani e da Possibile di Civati). Candidano alla presidenza della Commissione la tedesca Ska Keller e l’olandese Bas Eickhout.</div>
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• Ancora più a sinistra, abbiamo la Gue/Ngl, cioè l’alleanza tra Sinistra Unitaria Europea e Sinistra Verde Nordica, che esprime i valori della socialdemocrazia ma accoglie anche quelli comunisti e anticapitalisti. A rappresentarla in Italia, c’è la lista “La Sinistra”, formata da Sinistra Italiana e Rifondazione Comunista. Candida alla testa della Commissione la slovena Violeta Tomic e il belga Nico Cué.</div>
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• All’estrema destra, c’è la neonata Eapn, cioè l’Alleanza Europea dei Popoli e delle Nazioni, battezzata pochi giorni fa dalla Lega di Salvini a Milano. Essa punta a raccogliere i partiti sovranisti e identitari. Ancora non è chiaro chi candiderà alla presidenza della Commissione.</div>
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• Resta fuori il Movimento 5 Stelle, che al momento appartiene ad un gruppo che molto probabilmente non si riformerà dopo le elezioni. Infatti, il leader Di Maio sta tentando di costruire un’alleanza con altri partiti che condividono con i 5 Stelle la battaglia per la democrazia diretta.</div>
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Secondo gli ultimi sondaggi, il Ppe dovrebbe rimanere il partito più rappresentato nell’Europarlamento, con circa il 23% dei seggi, seguito a qualche percentuale dal Pse. La medaglia di bronzo andrebbe all’Alde, con circa il 12%. L’alleanza di Salvini dovrebbe invece guadagnarsi il quarto posto, attestandosi intorno al 10%. Appena sotto arriverebbero nell’ordine, i conservatori, i verdi e la sinistra.</div>
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<b>Di cosa si discute</b></div>
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Anche se queste saranno elezioni per il Parlamento Europeo, i partiti che troveremo sulla scheda sono quelli nazionali e con ogni probabilità anche la campagna elettorale sarà incentrata sui temi della politica nazionale. Ma molti di questi temi sono molto più grandi dell’Italia e vanno ad intrecciarsi con le decisioni degli altri paesi europei o dell’Unione Europea nella sua interezza. Un chiaro esempio è quello dell’immigrazione, una questione molto sentita negli ultimi anni, anche a causa del gran numero di persone che si spostano o si sono spostate dall’Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia verso il Vecchio Continente. La lotta all’immigrazione è il collante che tiene insieme i partiti che formeranno l’alleanza di Salvini, il cui cavallo di battaglia è l’assoluta chiusura delle frontiere. Sulla condivisione dei migranti tra i paesi Ue invece, le forze affiliate all’Eapn sono ancora in disaccordo, dal momento che specie i paesi dell’Est Europa sono fortemente contrari a questa idea. Sul tema dell’immigrazione sono molto duri anche i conservatori. Sono più moderati gli appartenenti al Ppe e al Pse, i quali ammettono più sfumature a riguardo. Hanno invece una posizione più aperta all’immigrazione e all’integrazione i Verdi e la Sinistra.</div>
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L’altro grande tema nazionale ma anche europeo è quello economico. Come dicevamo, mentre i singoli governi possono decidere in piena autonomia come distribuire i soldi provenienti dalle tasse, l’Ue ha stabilito dei parametri a cui i bilanci statali devono attenersi. Il più importante riguarda quanto gli stati possano indebitarsi per finanziare le loro spese. Questo è stato deciso perché, dal momento che condividiamo la stessa moneta, i bilanci devono essere coordinati in modo da non creare shock economici. Però molti partiti vedono male questi limiti, sostenendo che per rilanciare l’economia è necessario fare più investimenti, anche indebitandosi. Anche su questo tema, la divisione ricalca quella fra destra e sinistra, con i partiti di sinistra che chiedono più flessibilità e quelli di destra che desiderano più rigore sui conti. Anche la geografica è importante in questo caso, perché i paesi del Nord Europa tengono molto più in ordine i loro bilanci (anche per via di come sono fatte le loro economie) e quindi pretendono da quelli del Sud la stessa disciplina.</div>
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Un campo in cui l’Europa può fare molto (e qualcosa ha già fatto) è quello dell’ambiente. Tutti sappiamo a quali gravi conseguenze andiamo incontro con il surriscaldamento globale, eppure i politici di tutto il mondo hanno fatto poco a riguardo. Oggi questo tema sta tornando alla ribalta, un po’ a causa dei primi fenomeni meteorologici estremi a cui assistiamo e un po’ per gli scioperi per il clima dei ragazzi delle scuole avviati della sedicenne svedese Greta Thunberg. Il partito più attento a questo tema è sicuramente quello dei Verdi, per cui la protezione dell’ambiente è la missione principale. Questa forza politica ha però seguiti molto diversi nei vari paesi, in Italia ne ha effettivamente poco. Più in generale, i partiti di sinistra propongono l’adozione di politiche ambientaliste più spinte di quelli di destra, i quali sono invece più sensibili alle esigenze delle imprese, le quali potrebbero essere danneggiate da limiti ambientali troppo restrittivi.</div>
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Un tema su cui l’Ue può fare poco ma che riguarda proprio il contesto in cui opera è quello della politica internazionale, cioè dei rapporti con gli stati esterni all’Unione. Infatti, sebbene esista la carica dell’Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune, oggi occupata dall’italiana Federica Mogherini, ogni stato membro decide per conto proprio che rapporti avere con i paesi stranieri e che posizioni prendere sulle questioni internazionali. Il vicino più ingombrante che spesso divide gli stati Ue sul come trattarlo è sicuramente la Russia. Ci sono paesi infatti che per la loro storia vogliono mantenere più autonomia possibile dalla Madre Russia, pensiamo per esempio alla Polonia; ci sono paesi con rapporti più stretti con l’ex Unione Sovietica come la Grecia e l’Italia e ci sono paesi più equidistanti come Germania e Francia. È facile capire come su questo tema, le divisioni politiche ricalchino più quelle degli stati che quelle dei colori politici.</div>
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C’è infine la questione dell’Unione Europea stessa: deve rimanere così com’è, essere ridimensionata o diventare qualcosa di più? Dell’ultima opinione è sicuramente l’Alde, che vorrebbe trasformare l’Ue in una federazione di stati, quindi trasferendo più poteri dai paesi membri verso Bruxelles, seguendo il modello dei cantoni svizzeri. Per una maggiore integrazione si schierano anche i Verdi, i Socialisti e – in misura minore – i Popolari, i quali ritengono che ci siano ancora campi in cui decidere insieme come Unione sia meglio di agire in ordine sparso. Chi non la pensa affatto così sono i cosiddetti partiti euroscettici, tra cui i partiti di estrema destra, che mirano a riportare sovranità agli stati centrali e costruire “un’Europa dei popoli”, come la chiamano.</div>
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La questione dell’Euroscetticismo ci porta a parlare dell’elefante della stanza che abbiamo ignorato finora: la Brexit. Con il referendum del giugno 2016, la maggioranza degli elettori britannici ha deciso che il Regno Unito dovesse abbandonare l’Unione Europea. Ciò ha comportato le dimissioni dell’allora premier Cameron, che ha ceduto il testimone a Theresa May. Il nuovo governo di sua maestà ha quindi fissato l’uscita dall’Ue per il 29 marzo scorso. Ma abbandonare un organismo come l’Unione Europea non si è rivelato facile come molti davano per intendere in campagna elettorale. La legislazione europea è estremamente intrecciata a quella dei paesi membri. Inoltre, l’Ue si occupa di tutti i rapporti commerciali dei suoi stati membri con l’esterno: stiamo parlando di accordi che vengono raggiunti dopo anni se non decenni di negoziazioni e sono raccolti in centinaia e centinaia di pagine di norme dettagliatissime. Così, la data della Brexit è già stata rimandata due volte ed è oggi fissata per il 31 ottobre, sempre che il parlamento britannico non voti prima in favore dell’accordo preliminare sottoscritto dalla May con l’Ue, ma che ha già rigettato più di una volta. Pertanto, con molta probabilità, il Regno Unito dovrà partecipare anche a queste elezioni europee. Ciò incide anche sui seggi del Parlamento Europeo: è stato infatti deciso che, in seguito alla Brexit, il loro numero scenderà dai 751 attuali a 705.</div>
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<b>Come si vota</b></div>
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I 73 seggi dell’Europarlamento spettanti all’Italia (76 in caso di Brexit) vengono ripartiti in modo proporzionale in base alla percentuale di voti presi dai vari partiti. Ciò significa che se un partito prende il 20% dei voti, otterrà il 20% dei posti. Bisogna però considerare che, per accedere alla ripartizione dei seggi, ciascuna lista dovrà raggiungere almeno il 4% dei voti. Inoltre, il territorio italiano è diviso in 5 circoscrizioni: nord-ovest, nord-est, centro, sud e isole. In ciascuna di esse, ogni partito presenta una propria lista di candidati, tra cui l’elettore può esprimere fino a tre preferenze, ma almeno una deve essere di sesso diverso dalle altre, pena l’annullamento della terza preferenza. Le urne apriranno domenica 26 maggio alle 7 e chiuderanno alle 23. Per votare è necessario avere con sé un documento di riconoscimento e la tessera elettorale.</div>
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<b>Conclusione</b></div>
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In questo video vi abbiamo dato le informazione di base necessarie per votare e un’infarinatura per esprimere un voto consapevole. Va da sé che per capire meglio la posta in gioco è doveroso approfondire i temi a cui abbiamo accennato e quelli che non abbiamo toccato. Perché, come diceva qualcuno, possiamo anche non occuparci della politica, ma la politica si occuperà di noi. Quindi informatevi, capite, discutete e poi andate alle urne! Buon voto!</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-56110373116134240482018-02-25T11:20:00.000+01:002018-02-25T17:11:23.242+01:00Elezioni: le regole del gioco<div style="text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZ5Qkw23T4GjfM7Xcn8X7h3yOrZ6QdOnACb-SJCMJy3Lh5dAVp6FLDRNeEPHGadlyLgXfDmka8wt5Cz04sCVPweG04U__Y7vyxSuudOth6kOzTOuDQpLgGzSoH0yRoxiuHlB-2v4WxQ8g/s1600/elezioni+2018.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="222" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZ5Qkw23T4GjfM7Xcn8X7h3yOrZ6QdOnACb-SJCMJy3Lh5dAVp6FLDRNeEPHGadlyLgXfDmka8wt5Cz04sCVPweG04U__Y7vyxSuudOth6kOzTOuDQpLgGzSoH0yRoxiuHlB-2v4WxQ8g/s400/elezioni+2018.jpg" width="400" /></a></div>
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<a href="http://www.muovereleidee.it/elezioni2018/" target="_blank">Scopri lo speciale Elezioni 2018 su Muovere Le Idee</a></div>
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Il tema della legge elettorale appassiona tanto i politici quanto lascia indifferenti gli elettori. Ma il sistema elettorale è molto importante: si tratta delle regole del gioco delle elezioni. Stabilendo come vengono trasformati i voti dei cittadini in seggi parlamentari, una legge elettorale può essere determinante nel far vincere o perdere questo o quel partito. Lo scorso ottobre, dopo essere stata in cima alla lista delle cose da fare per tutta la legislatura, è stata approvata la nuova legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum bis, dal nome del capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato. Cerchiamo di capire come funziona, nel modo più semplice possibile.</div>
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<b>Il meccanismo</b></div>
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Vediamo quindi come saranno scelti i 630 deputati e i 315 senatori del nuovo parlamento. La legge elettorale prevede un sistema misto: al netto dei parlamentari eletti all'estero (12 alla camera e 6 al senato), circa un terzo di deputati e senatori saranno eletti con un meccanismo maggioritario, mentre i restanti due terzi saranno selezionati con un meccanismo proporzionale. Cosa significa? Il sistema maggioritario prevede che il territorio nazionale sia diviso in tante parti quanti sono i parlamentari da eleggere e ciascuno di questi pezzi d'Italia, detti collegi uninominali, si elegge il proprio rappresentante. Prendiamo la Camera, abbiamo detto che verranno scelti con questa modalità circa un terzo dei suoi membri, per la precisione 232 deputati. Quindi il territorio nazionale sarà diviso in 232 collegi, in ciascun collegio ogni partito o coalizione presenterà il proprio candidato e quello più votato otterrà un posto a Montecitorio.</div>
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A compensare il peso dei candidati territoriali, i restanti due terzi del parlamento saranno eletti con un sistema proporzionale. Ciò significa che, all'interno di quei due terzi, ogni partito avrà in percentuale tanti parlamentari quanti saranno i suoi voti su scala nazionale. Un partito che ottiene il 30% dei voti avrà il 30% dei seggi, uno col 15 avrà il 15% dei seggi e così via. Ma come verrà scelto chi occuperà quel 30% o 15% di seggi? All'interno di circoscrizioni plurinominali, cioè pezzi di paese più grandi di quelli della parte maggioritaria, in cui ogni partito presenterà da 2 a 8 nomi, la cui elezione dipenderà dai voti presi in quella circoscrizione ma anche da quelli presi in tutte le altre.</div>
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<b>La scheda</b></div>
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Se siete ancora confusi, dare un'occhiata alla scheda che troveremo in cabina può aiutare. Sopra ai riquadri con i simboli dei partiti, troviamo il nome e cognome del loro candidato nel collegio uninominale in cui ci troviamo. Ciò significa che uno di quei nomi, cioè il candidato che otterrà più voti, otterrà sicuramente il seggio assegnato nel nostro collegio. Diversi partiti si possono unire in coalizione e sostenere lo stesso candidato, in modo da avere più possibilità di farlo eleggere. Le coalizioni però devono essere uniformi su scala nazionale.</div>
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Gli altri due terzi dei parlamentari, come dicevamo, sono eletti con un sistema proporzionale. Quindi mettendo la croce sul simbolo del partito che preferiamo, gli daremo maggiori possibilità di eleggere i suoi candidati nella circoscrizione proporzionale, i cui nomi sono stampati a fianco del simbolo.</div>
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Ora che abbiamo visto la scheda, vi starete certamente chiedendo come fare ad esprimere il proprio voto. Lo possiamo fare in tre modi. Il primo modo, quello più completo, è di mettere una croce sia sul candidato uninominale sia su uno dei partiti che lo sostengono. Attenzione però: il voto disgiunto non è consentito, quindi non è possibile votare un partito che sostiene un candidato uninominale diverso da quello che scegliamo noi. Il secondo modo è di mettere una ics soltanto sul simbolo di un partito. Così facendo, il voto andrà a quel partito ma anche al candidato uninominale che esso appoggia. Il terzo modo è quello di mettere la croce soltanto sul nome di un candidato uninominale. In questo caso, il voto andrà anche ai partiti che lo sostengono, in proporzione ai loro consensi ottenuti in quel collegio.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiY9984vP2PefY6pE7TpNoyPi43DTfgfab3YFCEfBP9RTrJWQpOFkAqb0vv3EzuvVlI-nbYvaMMLdnm7DWqxu0sdXqQMNPNoqEEPGD_Y7nuagsVyimyxBaOErIhLTcMczM4oFPzDJQp0Ws/s1600/fac+simile+scheda+camera.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="244" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiY9984vP2PefY6pE7TpNoyPi43DTfgfab3YFCEfBP9RTrJWQpOFkAqb0vv3EzuvVlI-nbYvaMMLdnm7DWqxu0sdXqQMNPNoqEEPGD_Y7nuagsVyimyxBaOErIhLTcMczM4oFPzDJQp0Ws/s320/fac+simile+scheda+camera.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fac simile della scheda elettorale per la Camera dei Deputati</td></tr>
</tbody></table>
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<b>Altre cose da sapere</b></div>
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Ma non possiamo finire di parlare della nuova legge elettorale senza menzionare la soglia di sbarramento. Infatti, per evitare che il parlamento sia bloccato dai veti di partiti troppo piccoli, è stata prevista una soglia del 3% di voti nella parte proporzionale, sotto la quale non si ottiene nessun seggio. Si fa eccezione per le liste che rappresentano minoranze linguistiche o che ottengano almeno il 20% in una regione oppure 2 collegi uninominali. Inoltre, per usufruire dei vantaggi di far parte di una coalizione, i partiti al suo interno devono totalizzare almeno il 10% e si considerano solo quelli che arrivano all’1%.</div>
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Una caratteristica di questa nuova legge elettorale che ha fatto molto discutere è la possibilità di candidarsi contemporaneamente in un collegio uninominale e fino in 5 circoscrizioni plurinominali. Quindi potenzialmente un candidato potrebbe essere eletto sei volte per poi dover scegliere dove accettare l’elezione.</div>
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Il Rosatellum include anche una norma sulla parità di genere: infatti i candidati della parte proporzionale non potranno essere dello stesso sesso per più del 60%, oltre a dover essere alternati nei listini scritti sulla scheda (che ne determinano l’ordine di elezione).</div>
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Un'ulteriore novità è rappresentata dalle schede antifrode: ogni scheda avrà un codice identificativo che verrà segnato al momento della consegna della scheda e sarà verificato all'uscita dalla cabina, in modo tale da evitare lo scambio con una scheda già votata. Naturalmente il codice verrà rimosso prima di inserire la scheda nell'urna.</div>
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<b>Pro e contro</b></div>
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Vediamo ora le ragioni dei favorevoli e dei contrari a questa nuova legge elettorale.</div>
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Le forze politiche che hanno contribuito ad approvarla sono il Partito Democratico, Forza Italia, la Lega e le liste centriste come Alternativa Popolare. A loro avviso, la riforma del sistema elettorale era necessaria perché Camera e Senato avevano leggi elettorali diverse, entrambe modificate da sentenze della Corte Costituzionale. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha insistito più volte perché il parlamento si desse dei sistemi elettorali uniformi per le due camere. Inoltre, sebbene non ci sia nessuna legge elettorale che assicuri un vincitore in ogni caso, specie con un elettorato diviso fra tre poli quasi alla pari, il Rosatellum riduce il rischio che si debba ricorrere a governi di larghe intese dopo le elezioni, grazie all’introduzione delle coalizioni. Infine, essendo un sistema misto, il Rosatellum cerca di coniugare il meglio di entrambi i tipi di sistema elettorale: la parte proporzionale fa sì che ogni partito sia rappresentato in parlamento secondo le preferenze dei cittadini, mentre la parte maggioritaria permette di creare un collegamento più diretto tra gli eletti in un territorio e i loro elettori.</div>
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Coloro che hanno votato contro questa legge elettorale sono stati il Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali e Fratelli d’Italia. La prima critica che viene mossa al Rosatellum è quella di essere stato approvato in parlamento ricorrendo a numerosi voti di fiducia, che è un modo di forzare il dibattito parlamentare dato che si lega il voto in questione alla sopravvivenza del governo. Un altro difetto della nuova legge elettorale è il divieto di voto disgiunto, ossia la possibilità di votare un candidato nel collegio uninominale e un partito non collegato ad esso nella parte proporzionale. In questo modo, a detta dei detrattori della legge, si riduce lo spazio di manovra dei cittadini nel scegliere i loro rappresentanti. Lo stesso accade grazie alla possibilità di candidarsi in più circoscrizioni con la quale gli eletti, potendo scegliere dove accettare l’elezione, saranno in grado di decidere chi dovrà prendere il loro posto. Ma la critica più forte, portata avanti specialmente dai grillini, è data dal fatto che il Rosatellum, favorendo le coalizioni, penalizza chi in una coalizione non ci può entrare per statuto, cioè il Movimento 5 Stelle stesso. È il caso quindi di approfondire la questione: chi ci guadagna e chi ci perde con questa nuova legge elettorale?</div>
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<b>Chi ci guadagna e chi ci perde</b></div>
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Parlando di legge elettorali è importante capire una cosa: in un sistema partitico variegato come quello italiano, non c'è nessun sistema che può accontentare tutti. È come una coperta troppo stretta che, comunque la si tiri, lascia fuori qualcuno. Dalla tabella qui sotto, realizzata dall'Istituto Cattaneo e riportata da Repubblica, è possibile vedere come, per ciascuna caratteristica di un sistema elettorale, c'è chi ci guadagna e chi ci perde. La caratteristica principale del Rosatellum è la previsione di coalizioni. Ciò permette a due partiti come Forza Italia e Lega che sono dati nei sondaggi intorno al 15% ciascuno, di mettersi insieme in una coalizione di centrodestra per sostenere gli stessi candidati nei collegi uninominali e avere molte più chance di vittoria a confronto di una forza che non intende coalizzarsi con nessuno come il Movimento 5 Stelle. C'è poi il Partito Democratico: benché sia stato un forte sostenitore del Rosatellum, è probabile che finirà per esserne sfavorito, dato che è riuscito a coalizzarsi solo con partiti molto piccoli, insieme ai quali farà fatica a tenere testa al centrodestra. A proposito dei partiti più piccoli, questa legge elettorale favorirà, ancora una volta, quelli che avranno la possibilità di entrare in una coalizione dato che, anche laddove non riuscissero a raggiungere la soglia di sbarramento del 3 per cento, possono comunque ottenere dei seggi accordandosi con i partiti più grandi per proporre loro candidati nei collegi uninominali. Secondo lo stesso ragionamento, i partiti più piccoli che non intendono partecipare a nessuna coalizione (come Liberi e Uguali) dal Rosatellum avranno soltanto da perderci.<br />
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<b>Come andrà a finire?</b></div>
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Se vi state chiedendo con quale governo ci ritroveremo dopo il 4 marzo, non siete i soli. Quasi sicuramente la sera delle elezioni non si saprà chi ha vinto. E non parliamo dei risultati dello spoglio, ma del fatto che molto probabilmente nessuna coalizione o partito singolo otterrà la maggioranza dei seggi in parlamento necessaria per formare un governo. Saranno quindi necessarie alleanze spurie, come una di larghe intese tra Forza Italia e Partito Democratico o una, meno probabile, del Movimento 5 Stelle con Liberi e Uguali oppure con la Lega. Infatti, dopo essersi sempre detti contrari ad alleanze, sembra che ora i pentastellati abbiano fatto una timida apertura a questa eventualità: Di Maio ha affermato che, se il Movimento non dovesse raggiungere la maggioranza dei seggi, sarà pronto a chiedere ad altre forze politiche di sostenere un governo a 5 stelle, ma esse non potranno chiedere posti di governo e dovranno accettare i 20 punti del programma grillino, a cui tuttavia potranno aggiungere delle loro proposte. Sondaggi alla mano però, lo scenario più probabile dopo il voto del 4 marzo è che nessuna di queste maggioranze sia possibile. Si dovrà quindi tornare a nuove elezioni, preferibilmente dopo aver cambiato la legge elettorale. Un'altra possibilità, remota ma non impossibile, è che effettivamente una delle coalizioni o un partito singolo possa vincere autonomamente. La vittoria è più alla portata di mano per il centrodestra, che si trova in vantaggio secondo gli ultimi sondaggi. In base ad alcuni calcoli, questa legge elettorale permetterebbe di vincere anche con solo il 40-45% dei consensi, a seconda della distribuzione del voto sul territorio italiano.</div>
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<b>Conclusione</b></div>
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Questo era tutto quello che c'è da sapere sull'attuale legge elettorale e sulle prospettive che apre. Se sia destinata a sopravvivere o meno non lo sappiamo, ma sicuramente queste saranno le regole del gioco per le elezioni del 4 marzo e potranno influenzare non poco il risultato del voto.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-91239237425824380542017-10-09T19:14:00.000+02:002017-10-09T19:14:55.074+02:00Guida al Referendum per l'Autonomia in Lombardia e Veneto<div align="center">
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<a href="http://www.muovereleidee.it/2017/10/09/guida-al-referendum-lautonomia-lombardia-veneto/" target="_blank">Originariamente scritto per Muovere Le Idee</a></div>
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Non abbiamo ancora finito di parlare del referendum in Catalogna che dobbiamo già cominciare ad occuparci di quello in Lombardia e Veneto del prossimo 22 ottobre. A scanso di equivoci, bisogna dire che i due casi sono molto diversi: quello in Catalogna è stato un referendum illegale (almeno in base alla legge spagnola) che mirava all’indipendenza per la regione di Barcellona, mentre i referendum consultivi di Lombardia e Veneto sono perfettamente legali e aspirano a garantire alle due regioni del Nord Italia più autonomia dallo stato centrale, in termini di aree di competenza ma soprattutto in termini di gestione delle risorse fiscali.</div>
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I quesiti che saranno sottoposti agli elettori delle due regioni sono molto diversi tra loro ma la sostanza è la stessa. In caso di vittoria del sì, le giunte regionali invocheranno l’attivazione dell’articolo 116 della Costituzione italiana. Questo articolo è stato modificato con la riforma del 2001, che ha inserito la possibilità per le regioni che lo desiderano di aprire una trattativa con lo stato centrale per ottenere più poteri, in modo da avvicinarsi (senza comunque eguagliare) le regioni a statuto speciale.</div>
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L’articolo 116 rimanda ad un elenco di materie (dal commercio alla salute, dal trasporto pubblico all’ambiente, dall’istruzione alle banche) che al momento sono quasi tutte di competenza condivisa fra lo stato e le regioni e che possono essere in teoria trasferite in toto a queste ultime. Ma la pratica può essere diversa dalla teoria perché lo stato centrale non è affatto tenuto a soddisfare le richieste delle regioni e non è per nulla detto che il negoziato vada in porto. Tanto più che questo tentativo è già stato fatto nel 2007 dalla Lombardia ma non portò da nessuna parte, benché dall’anno successivo ci fosse un governo di centrodestra sia a Roma che a Milano. Per questo motivo, ora le due regioni del Nord tentano la strada del referendum, in modo da inviare un forte messaggio politico agli interlocutori romani.</div>
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<b>Le ragioni del referendum</b></div>
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Veniamo quindi alle motivazioni dietro alla scelta di indire il referendum e alle critiche a riguardo. Il referendum è stato fortemente voluto dai governatori leghisti Maroni e Zaia, anche per marcare la distanza con il nuovo corso nazional-sovranista della Lega di Salvini. Il loro intento è quello di tenere le tasse pagate dai cittadini lombardi e veneti il più possibile all’interno delle regioni. In particolare, la campagna referendaria del sì gira attorno ad un dato, il cosiddetto residuo fiscale. Il residuo fiscale è la differenza tra le tasse degli abitanti di una regione che vanno allo stato e quello che torna indietro in termini di spesa. Lo si può interpretare come una somma che viene trasferita dalle regioni più ricche a quelle più povere. Secondo un rapporto della Cgia di Mestre del 2015 (che si riferisce a dati del 2012 ma che si suppone non siano cambiati più di tanto), il residuo fiscale della Lombardia ammonta a 53,9 miliardi di euro (circa 5.500 euro ad abitante), mentre quello del Veneto corrisponde a 18,2 miliardi (3.700 e rotti euro a persona). Queste cifre corrispondono a circa il 15% del Pil lombardo e al 12% di quello veneto. Il presidente della Lombardia Maroni ha affermato che con questo referendum non mira tanto al trasferimento di competenze, quanto al mantenimento di almeno la metà del residuo fiscale all’interno dei confini regionali. A chi ribadisce l’importanza della solidarietà nazionale, i sostenitori del sì rispondo che un Nord più forte porterebbe benefici a tutta l’Italia. Il governatore lombardo ha detto al Foglio che “far ‘correre’ il Nord, non può che giovare anche al resto del Paese. Se la ‘locomotiva’ continua a viaggiare a scartamento ridotto, gli altri ‘vagoni’ di certo non se ne avvantaggiano. E poi bisogna smettere di presentare l’autonomia come un ‘danno’ o un ‘pericolo’ per il Sud. E’ ormai chiaro a tutti che il sistema centralista dell’assistenzialismo produce solo danni”. </div>
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<b>Le ragioni dei contrari</b></div>
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Non sono mancate però voci critiche verso il referendum. I maggiormente contrari riaffermano l’importanza della solidarietà nazionale, sia dal punto di vista etico sia da quello economico. Infatti, se l’economia meridionale fosse privata dei fondi che ottiene oggi, i consumatori del Sud avrebbero meno soldi per acquistare i prodotti provenienti dal Nord, creando problemi anche per le imprese settentrionali. In altre parole, il Nord è così prospero anche perché è parte dell’Italia. Negli anni molti investimenti pubblici sono arrivati nelle regioni settentrionali perché si sapeva che avrebbero beneficiato l’intero paese. </div>
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Altri critici affermano che si tratta di un referendum inutile e costoso: le cifre precise non si conoscono ma si parla di qualche decina di milioni di euro per ciascuna regione. In Lombardia per esempio, 3 milioni di euro sono stati spesi soltanto per la campagna promozionale. L’inutilità invece dipenderebbe dal fatto che non è necessario un referendum per avviare la procedura prevista dall’articolo 116 della Costituzione. Infatti, lo scorso agosto la giunta dell’Emilia-Romagna ha fatto partire lo stesso iter senza passare da un referendum, ma concordandolo con istituzioni e associazioni locali, sindacati e imprese.</div>
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Infine, alcuni critici fanno notare come le regioni negli ultimi anni non abbiano dato un’ottima prova di sé nel gestire i fondi pubblici, a partire dagli scandali dei rimborsi ai gruppi politici che hanno coinvolto quasi tutti i consigli regionali del paese, per arrivare alle opere pubbliche come la Brebemi e la Pedemontana in Lombardia che hanno i conti tutt’altro che in ordine.</div>
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<b>Le posizioni dei partiti</b></div>
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Vediamo ora come si schierano le varie forze politiche riguardo al referendum.</div>
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Il centrodestra è per il sì, specie la Lega Nord che ha fortemente voluto questo voto. L’unico partito del centrodestra con una posizione non chiara è Fratelli d’Italia, la cui leader Giorgia Meloni ha invitato all’astensione nonostante il suo partito abbiamo votato a favore della consultazione in consiglio regionale.</div>
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Anche il Movimento 5 Stelle è a favore del sì. In Lombardia i pentastellati sono anche gli autori del quesito su cui si esprimeranno gli elettori.</div>
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Nel centrosinistra le posizioni sono più variegate. Alla sinistra del Pd, solo Rifondazione comunista è per il no, mentre Articolo 1 (Mdp) è per l’astensione. Ma è nel Pd che le cose si fanno più complicate: mentre il Partito Democratico del Veneto voterà sì, quello lombardo darà libertà di voto, dato che è diviso al suo interno: mentre i suoi principali dirigenti propendono per l’astensione, i sindaci Pd dei capoluoghi lombardi (tranne il primo cittadino di Pavia) voteranno sì, a partire da Beppe Sala e Giorgio Gori.</div>
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<b>Il voto elettronico in Lombardia</b></div>
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C’è un ultimo aspetto che ci rimane da trattare: il fatto che per la prima volta in Italia si voterà con il voto elettronico. Ciò accadrà solo in Lombardia, mentre in Veneto si è optato per il metodo tradizionale con scheda e matita. Innanzitutto, c’è da chiarire che voto elettronico non significa che ognuno possa votare a casa propria dal pc o dallo smartphone, ma bisognerà comunque recarsi alle urne dove, invece della tradizionale scheda cartacea, sarà possibile esprimere la propria preferenza su una specie di tablet.</div>
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La regione ne ha acquistati 24 mila per le 9200 sezioni elettorali lombarde per una spesa totale (che comprende anche il software e i tecnici che supporteranno il personale dei seggi) di 23 milioni di euro. Dal momento che molti hanno protestato per l’ingente costo di questo sistema di voto, il presidente lombardo Maroni ha dichiarato che, una volta concluso il referendum, i tablet saranno lasciati in comodato gratuito alle scuole per le attività didattiche. Tuttavia molti rimangono scettici a riguardo, dato che i tablet che saranno usati per il voto hanno caratteristiche molto diverse da quelle dei normali tablet a cui siamo abituati.</div>
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Alcune proteste si sono sollevate anche sulla società che ha vinto l’appalto, la Smartmatic, di proprietà venezuelana. Oltre ad essere sospettata di avere legami non chiari con il governo del paese sudamericano, i suoi sistemi sono stati usati perlopiù in paesi in via di sviluppo. Alcune democrazie avanzate li hanno utilizzati soltanto per elezioni di carattere locale, come nella regione belga delle Fiandre nel 2012. In seguito alla consultazione, il governo fiammingo si è rifiutato di pagare una parte del compenso dovuto alla società, per i quasi 2000 incidenti che si sono verificati durante le operazioni di voto, come alcuni casi in cui gli elettori hanno potuto votare due volte premendo velocemente lo schermo. C’è da aspettarsi però che questi problemi siano stati risolti.</div>
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<b>Informazioni pratiche</b></div>
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Infine, ecco alcune informazioni pratiche sul referendum.</div>
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I seggi saranno aperti domenica 22 ottobre, dalle 7 alle 23. In contemporanea, nella provincia di Belluno, si voterà anche per una maggiore autonomia provinciale.</div>
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Per votare, è necessario portare con sé un documento di riconoscimento valido. Non serve invece la tessera elettorale, se non per sapere la sezione in cui recarsi.</div>
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Possono votare tutti i cittadini italiani residenti nelle due regioni. Non è previsto né il voto all’estero o fuori sede, né un rimborso per chi vuole tornare a votare.</div>
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Formalmente, entrambi i referendum sono consultivi. In Lombardia non è previsto nessun quorum (cioè un numero minimo di votanti), mentre in Veneto se non si raggiungerà una partecipazione di almeno il 50% degli aventi diritto, il consiglio regionale non sarà tenuto a prendere in considerazione la votazione.</div>
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Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-68177099195178283292017-06-05T21:49:00.000+02:002017-06-05T21:49:34.294+02:00Guida alle elezioni comunali 2017<div style="text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSdWoKIUMvt_DlOJFrtPnf46IomtnIbGeF425WsA6z_JsQgxI1lV4jh2HDeg-Mm2koE22aY1cqKoO-VFGuDL-iX97ZDLT54uoQRJ47MOLsSVnnGIBzM3VF76vwhOc8NyG33cGVvQV-Z8k/s1600/elezioni-amministrative-2017.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="167" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSdWoKIUMvt_DlOJFrtPnf46IomtnIbGeF425WsA6z_JsQgxI1lV4jh2HDeg-Mm2koE22aY1cqKoO-VFGuDL-iX97ZDLT54uoQRJ47MOLsSVnnGIBzM3VF76vwhOc8NyG33cGVvQV-Z8k/s320/elezioni-amministrative-2017.jpg" width="320" /></a></div>
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<a href="http://www.muovereleidee.it/2017/06/05/guida-alle-elezioni-comunali-2017/" target="_blank">Originariamente pubblicato su Muovere Le Idee</a></div>
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Domenica 11 giugno, dalle 7 alle 23, saranno aperti i seggi elettorali per le elezioni comunali. Si vota in 1005 comuni (tra cui 25 capoluoghi di provincia), con più di 9 milioni di cittadini chiamati ad esprimersi. Gli abitanti di Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige sono già andati alle urne lo scorso 7 maggio. In ogni comune possono votare tutti i residenti maggiorenni che siano cittadini italiani o cittadini di un altro stato dell’Unione Europea (questi ultimi solo se ne hanno fatto domanda a tempo debito). L’eventuale turno di ballottaggio per i centri sopra i 15 mila abitanti si terrà domenica 25 giugno, sempre dalle 7 alle 23.</div>
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Tra le città in cui si vota ricordiamo Verona, Padova, Piacenza, Monza, Genova, Parma, L’Aquila, Taranto e Palermo. Il comune più piccolo chiamato alle urne è Blello, nella bergamasca, con i suoi 76 abitanti. Quello più grande è Palermo con 657 mila residenti. In sette comuni le elezioni sono state rinviate perché non si è presentata nessuna lista.</div>
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<b>COME SI VOTA</b></div>
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Attenzione! Queste regole valgono per le regioni a statuto ordinario. Ci potrebbero essere alcune differenze in quelle a statuto speciale.</div>
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<i>Comuni oltre i 15.000 abitanti (10.000 in Sicilia)</i></div>
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Si vota su un’unica scheda, dove saranno elencati tutti i candidati sindaco e, a fianco di ciascuno, le liste che lo supportano. È possibile votare in tre modi:</div>
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<li>tracciando un segno solo sul nome del candidato sindaco: in questo modo, si vota soltanto lui e nessuna delle liste collegate;</li>
<li>tracciando un segno solo sul simbolo di una lista: in questo modo, si vota sia la lista che il candidato sindaco a cui è collegata;</li>
<li>tracciando un segno sia su una lista che su un candidato sindaco non collegato ad essa (è il cosiddetto “voto disgiunto“).</li>
</ul>
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Se si traccia un segno su una lista è possibile esprimere una o due preferenze scrivendo il cognome del candidato consigliere di cui si vuole agevolare l’elezione. Se però le preferenze che si vogliono assegnare sono due, devono essere di sesso diverso.</div>
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Viene eletto sindaco il candidato che raggiunge il 50% più uno dei voti validi. Se questa soglia non viene raggiunta, si terrà un secondo turno di ballottaggio, a cui accederanno i due candidati che hanno ottenuto più voti nel primo turno e da cui uscirà il vincitore. Tra i due turni, le liste il cui candidato sindaco è stato estromesso dalla corsa possono decidere di apparentarsi ad uno dei due candidati che si sfideranno al ballottaggio.</div>
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I seggi in consiglio comunale vengono assegnati in modo proporzionale (con il medoto d’Hondt). Alle liste collegate al candidato sindaco vincente viene assegnato almeno il 60% dei seggi (con un turno solo, c’è la condizione che esse devono aver raggiunto almeno il 40% dei voti validi).</div>
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<i>Comuni sotto i 15.000 abitanti</i></div>
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Si vota su un’unica scheda, dove saranno elencati tutti i candidati sindaco e, a fianco di ciascuno, la lista che lo supporta. Si vota tracciando un segno sul candidato sindaco che si favorisce. In questo modo, verrà votata anche la lista che lo accompagna. È possibile esprimere una preferenza, scrivendo il candidato consigliere di cui si vuole agevolare l’elezione. Nei comuni sopra i 5.000 abitanti, le preferenze possono essere due, purché di sesso diverso.</div>
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Viene eletto il candidato sindaco che ha ottenuto il maggior numero di voti (è previsto il ballottaggio solo in caso di parità fra le liste più votate). Alla lista vincitrice spettano i due terzi dei seggi in consiglio comunale, mentre i posti restanti vengono distribuiti in modo proporzionale fra le altre formazioni.</div>
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Se in un comune si dovesse presentare una lista soltanto, le elezioni saranno valide solo nel caso che si rechino ai seggi il 50% più uno degli aventi diritto al voto (e che almeno la maggioranza di essi esprima un voto valido). In caso contrario, il comune verrà commissariato e si tornerà alle urne nel successivo turno elettorale.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-14232792306187875962017-05-29T21:52:00.000+02:002017-06-05T21:52:42.770+02:00Deflazione: perché è un problema se scendono i prezzi<div align="center">
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<a href="http://www.muovereleidee.it/2017/05/29/cose-la-deflazione/" target="_blank">Originariamente pubblicato su Muovere Le Idee</a></div>
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Secondo le stime preliminari dell’Istat, il 2016 è stato il primo anno dal 1959 in cui l’Italia si è trovata in deflazione. Per la precisione, dello 0,1% rispetto all’anno precedente. Ma cosa significa deflazione?</div>
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<b>Cosa significa</b></div>
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La deflazione è la diminuzione del livello generale dei prezzi di beni e servizi. Con la deflazione, il valore della moneta aumenta: con un euro si possono comprare più cose di quanto si poteva fare prima.</div>
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Capita più spesso però di sentire parlare dell’opposto, cioè dell’inflazione, che consiste invece nell’aumento dei prezzi e quindi nella perdita di valore della moneta. A scuola abbiamo studiato l’iperinflazione che si verificò in Germania nel periodo tra le due guerre mondiali, quando dalla sera alla mattina i prezzi raddoppiavano o triplicavano. Qualcosa di simile sta accadendo oggi in Venezuela, dove i soldi invece di essere contati cominciano ad essere pesati.</div>
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Lo scenario di una iperinflazione è sicuramente negativo, perché significa che la moneta non viene più considerata un mezzo sicuro per comprare e vendere le cose. Tuttavia, anche la deflazione può creare dei problemi.</div>
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<b>Le conseguenze</b></div>
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Intuitivamente, se i prezzi calano, potremmo pensare che sia un bene per l’economia come lo è sicuramente per i nostri portafogli. Ma non è così.</div>
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Oggi i prezzi scendono perché la gente fa meno acquisti a causa della crisi o perché vuole risparmiare, essendo preoccupata per il proprio futuro. Siccome c’è meno domanda sul mercato, le imprese abbassano i prezzi per spingere i consumatori ad acquistare i loro beni e servizi. I consumatori però, aspettandosi che i prezzi possano scendere ancora, potrebbero decidere di procrastinare le spese, almeno quelle più importanti. Questo non fa altro che ridurre ulteriormente la domanda e di conseguenza i prezzi, rischiando di innestare una spirale negativa di recessione e deflazione.</div>
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Inoltre le imprese, dal momento che vendono meno e i loro ricavi sono inferiori, tenderanno a ridurre i costi di produzione. Ciò significa che acquisteranno meno materie prime, faranno meno investimenti per migliorare e allargare la produzione, ma soprattutto assumeranno meno e ridurranno gli stipendi.</div>
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Ma non è finita qui. Sul versante finanziario, se la moneta acquista valore con la deflazione, i debitori saranno penalizzati, dato che il debito rimane lo stesso mentre il reddito a disposizione per ripagarlo si restringe. Per esempio, le famiglie con un mutuo si ritroveranno a farvi fronte con stipendi più bassi. La stessa cosa vale per il debitore più grande di tutti, lo stato, che dovrà pagare gli interessi sul nostro enorme debito pubblico con minori entrate fiscali.</div>
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Insomma, ci troviamo di fronte ad un cane che si morde la coda: più i prezzi si riducono più l’economia va male, più l’economia va male più i prezzi si riducono.</div>
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<b>Le soluzioni</b></div>
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Lo stato può aiutare l’economia a riprendersi con tre strumenti: con la politica monetaria, con quella fiscale e con la spesa pubblica.</div>
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La politica monetaria è gestita dalle banche centrali, che godono di una certa autonomia rispetto ai governi e hanno il compito di controllare la quantità di moneta in circolazione. In caso di deflazione, ci si aspetta che la banca centrale immetta liquidità nel mercato finanziario. Una maggiore liquidità implica una perdita di valore della moneta e quindi più inflazione.</div>
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Negli ultimi anni la Bce (Banca Centrale Europea), seguendo l’esempio di altre banche centrali del mondo, ha iniettato liquidità nel mercato, anche se questo ha dato solo una spinta limitata alla crescita economica e all’inflazione.</div>
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L’altro soggetto che può fare qualcosa contro la deflazione è il governo, con la doppia leva della politica fiscale, cioè abbassando la tassazione per favorire i consumi da parte delle famiglie, e dell’intervento diretto nell’economia, investendo denaro in settori chiave per dare lavoro a chi lo ha perso. Tuttavia, lo stato italiano è troppo indebitato per potersi permettere di spendere e spandere, quindi può fare poco.</div>
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<b>C’è da preoccuparsi?</b></div>
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Abbiamo parlato delle gravi conseguenze che la deflazione può scatenare e di come le armi dello stato per combatterla siano spuntate. Dobbiamo quindi strapparci i capelli? Forse non ancora. È vero che la nostra economia è ferma ormai da qualche anno però, come abbiamo detto, la deflazione registrata nel 2016 è molto bassa: 0,1%. Peraltro, ciò è dovuto principalmente al prezzo del petrolio, il cui calo ha abbassato tutta la media.</div>
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Per il prossimo futuro, è previsto un ritorno dell’inflazione, seppur di pochi decimali. Gli economisti considerano ottimale un’inflazione vicina ma inferiore al 2%. Se questo obiettivo non sarà presto raggiunto e l’economia continuerà a sperimentare una bassa crescita e una bassa inflazione per molto tempo, quello sarà il momento di iniziare a preoccuparsi seriamente.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-82903568459687748722017-04-21T19:11:00.000+02:002017-04-21T19:11:40.600+02:00Primarie Pd<div align="center">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/8swebq-34nk" width="400"></iframe></div>
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<a href="http://www.muovereleidee.it/" target="_blank">La parte scritta da me dell'ultimo video di Muovere Le Idee</a><br />
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Il prossimo 30 aprile gli elettori del Partito Democratico sono chiamati a scegliere il segretario – cioè il leader – del partito. Sono tre i candidati che in questi giorni stanno battendo il territorio nazionale per portare avanti le loro visioni del partito e del paese. In questo video conosceremo meglio le loro storie e le loro idee, ma prima facciamo un passo indietro.</div>
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<b>I candidati</b></div>
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Le primarie del prossimo 30 aprile fanno parte di un processo più lungo e complesso già iniziato nelle scorse settimane, cioè il congresso, che è quel momento della vita di un partito in cui si sceglie la sua linea politica e da chi deve essere guidato. Le regole congressuali prevedono che gli iscritti al partito abbiano potuto votare già tra la fine di marzo e l’inizio di aprile e questi sono i risultati: dei 450 mila iscritti, hanno votato in 266 mila, segnando un 59% di affluenza. Matteo Renzi ha ottenuto il risultato più alto, raccogliendo due terzi delle preferenze (66,7%), seguito da Andrea Orlando, scelto da un votante su quattro (25,3%), e da Michele Emiliano con l’8%. Ma conosciamo meglio i tre candidati.</div>
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Matteo Renzi è sicuramente il più noto dei tre. Nato a Firenze nel 1975, muove i primi passi in politica nella Margherita, diventa prima presidente di provincia e poi sindaco del capoluogo toscano, viene eletto segretario nazionale del Pd con le primarie del dicembre 2013 e viene infine nominato presidente del consiglio all'inizio del 2014.</div>
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Andrea Orlando è nato nel 1969 a La Spezia. Come Renzi, inizia la sua carriera politica fin da giovane, con cariche sia nel partito, nel suo caso il Pci e poi Pds, sia in consiglio comunale. Parlamentare dal 2006, è ministro dell'ambiente nel Governo Letta e ministro della giustizia con Renzi e nell'attuale Governo Gentiloni.</div>
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Michele Emiliano è nato a Bari nel 1959. Dopo alcuni anni da avvocato entra in magistratura e da pubblico ministero si occupa di lotta alla mafia in Sicilia e in Puglia, vivendo per anni sotto scorta. Nel 2004, mettendosi in aspettativa dalla magistratura, diventa sindaco di Bari. Fa due mandati, finiti i quali viene eletto presidente della Regione Puglia, carica che ricopre tutt'ora.</div>
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<b>I programmi</b></div>
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Candidandosi alla guida del Pd, ogni aspirante segretario ha presentato una mozione congressuale, che illustra le sue proposte per il partito e per il paese. Naturalmente le diverse mozioni non sono così distanti fra loro, dato che stiamo parlando di persone dalla stessa appartenenza politica, ma alcune differenze si possono trovare.</div>
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L'unico che abbiamo già visto all'opera sia come segretario del Pd sia come premier è Matteo Renzi, quindi un po' sappiamo già cosa aspettarci da lui. C'è da dire però che, dopo la sconfitta del referendum, ha leggermente modificato il suo messaggio tentando di mostrarsi consapevole del disagio sociale che, secondo molti osservatori, ha determinato quel risultato. In particolare, ha cercato di venire incontro agli elettori del Movimento 5 Stelle proponendo, in risposta al reddito di cittadinanza dei grillini, quello che ha chiamato un lavoro di cittadinanza, cioè un miglioramento delle cosiddette politiche attive del lavoro, ovvero di quelle misure in grado di aiutare chi perde il lavoro a trovarne un altro, magari dopo un periodo di formazione o riqualificazione. Renzi propone poi una riduzione del cuneo fiscale e delle imposte sul reddito, in continuità con quanto fatto durante i mille giorni al governo.</div>
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Sull'Europa, l'ex premier si spende per una maggiore dimensione politica dell'Unione, rafforzando l'integrazione specie nel campo della difesa, scegliendo con le primarie il candidato del Partito Socialista Europeo e chiedendo l'elezione diretta da parte dei cittadini del presidente della Commissione. Sul lato delle politiche, Renzi chiede che gli investimenti in sicurezza, ricerca e cultura vengano esclusi dal calcolo del deficit e auspica una gestione comune dei migranti.</div>
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Sulla legge elettorale, l’ex premier chiede che rispetti i principi del Mattarellum e dell’Italicum: dalle elezioni deve uscire un vincitore, senza che sia necessario cercare alleanze in parlamento dopo le elezioni.</div>
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Per quanto riguarda il Pd, secondo Renzi dovrebbe essere un partito che va ad elezioni da solo e non all’interno di coalizioni, dove il segretario è anche candidato premier e dove ci deve essere una partecipazione dal basso ma la leadership deve avere una certa autonomia.</div>
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Renzi infine si propone come l’unico che può avanzare una proposta riformistica in contrapposizione con il populismo dilagante.</div>
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La mozione di Orlando è quella in cui compare più volte la parola “sinistra” e non a caso: dei tre candidati, è sicuramente il più vicino alla cultura politica del Pd pre-Renzi e degli scissionisti di Mdp. Contro il populismo e in difesa della democrazia, l’attuale ministro della giustizia invoca una maggiore attenzione ai bisogni delle persone e una lotta alle disuguaglianze sociali. In questa direzione va anche la principale proposta sull’Europa: la creazione di un pilastro sociale, basato su un’assicurazione europea contro la disoccupazione. Orlando propone poi di scorporare gli investimenti strategici dal calcolo del deficit.</div>
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Sulle tasse chiede di trasferire l’imposizione fiscale dal lavoro al reddito, abbassando sì le imposte ma perseguendo i grandi evasori e creando una tassa per le società di Internet che spesso pagano molto poco. Come Renzi, è contrario ad un reddito minimo garantito ma è favorevole a rafforzare il reddito di inclusione sociale e l’assistenza dello stato nella ricerca del lavoro. Al fine di rilanciare l’economia, Orlando propone di puntare sugli investimenti pubblici e su un ruolo strategico dello stato, in modo da arrivare ad una piena occupazione di qualità.</div>
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Sulla legge elettorale, dice che è inutile continuare a spingere per il Mattarellum perché gli altri non lo voteranno mai, propone invece un proporzionale con un premio di governabilità al partito che arriva primo, oltre a ridare la possibilità ai cittadini di scegliersi i propri parlamentari all’interno dei collegi uninominali.</div>
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Orlando ha un’idea del partito molto diversa da quella di Renzi: secondo lui, il ruolo del Pd è quello di mediare tra le istanze della società e trasformarle in proposte politiche, si scaglia contro l’uomo solo al comando e al partito trasformato in mero comitato elettorale, è contrario alla sovrapposizione tra la carica di segretario e quella di premier. Per lui, il Pd deve essere il perno di una più ampia coalizione di centro-sinistra.</div>
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Fra i tre candidati, Emiliano è quello più critico nei confronti di Renzi e quello che strizza di più l’occhio ai 5 stelle, non ricambiato tuttavia: per esempio, quando è stato eletto governatore della regione Puglia, ha cercato di nominare tre assessori della propria giunta scegliendoli fra i grillini, ma ha ricevuto un secco rifiuto.</div>
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In campo economico, la sua proposta si traduce in una riduzione delle imposte sul reddito delle fasce più basse, ma si dice contrario alla logica dei bonus portata avanti da Renzi. Dell’operato dell’ex premier, critica anche la riforma della scuola e l’adozione del Jobs Act, chiedendo una reintroduzione dell’articolo 18. Come Orlando, propone una webtax ma, a differenza sua, avanza anche l’idea di un reddito minimo garantito. Per quanto riguarda l’Europa, anche lui critica le politiche d’austerità e invoca una maggiore attenzione alla crescita.</div>
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Nel suo programma non può mancare un particolare accento sugli investimenti per il meridione. Inoltre Emiliano punta molto sulla tutela dell’ambiente e lo si è visto anche negli ultimi mesi con la sua opposizione alle trivelle in mare e all’oleodotto Tap.</div>
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Per quanto riguarda il partito, anche Emiliano si dice contrario alla logica dell’uomo solo al comando, rilancia una maggiore partecipazione dei territori e avanza la proposta di una piattaforma online per la consultazione degli iscritti. Se vincesse, promette di non candidarsi premier ma intende rimanere presidente della sua regione. Inoltre, ha dichiarato di essere contrario ad alleanze post voto con Forza Italia, mentre mostra un’apertura verso il Movimento 5 Stelle.</div>
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<b>Il voto</b></div>
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Le primarie si terranno domenica 30 aprile, dalle 8 alle 20. È possibile trovare l’indirizzo del proprio seggio sul sito del Pd. Può votare chiunque, anche i non iscritti al partito, ma è necessario sottoscrivere una dichiarazione in cui si afferma di essere elettori del Pd e di riconoscersi nella sua proposta politica. Per esprimere il proprio voto è necessario versare due euro e presentarsi al seggio muniti di un documento di riconoscimento e della tessera elettorale.</div>
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La domenica successiva alle primarie sarà convocata l’Assemblea nazionale del partito che proclamerà vincitore il primo arrivato, a patto che abbia raggiunto almeno il 50% più uno dei voti. Se nessuno dei candidati avrà raggiunto quella soglia, spetterà all’Assemblea scegliere il segretario fra i due che avranno raccolto più preferenze.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-5864432282773897292017-04-11T12:12:00.000+02:002017-04-11T12:12:07.480+02:00Le ragioni di chi vuole più Europa<div align="center">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/Nxww3LVB7sg" width="400"></iframe></div>
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Il mio reportage per <a href="http://www.muovereleidee.it/" target="_blank">Muovere Le Idee</a> dalla Marcia per l'Europa del 25 marzo a Roma.</div>
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Sono andato a chiedere agli europeisti perché, in un momento in cui tutti se la prendono con l'Europa, loro vogliono farne un'unione ancora più forte.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-83258111148644562252017-03-16T16:11:00.000+01:002017-03-16T16:13:09.004+01:00Quale futuro per l'Unione Europea?<div align="center">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/lw39NF9EA1U" width="400"></iframe></div>
<a href="http://www.muovereleidee.it/2017/03/16/quale-futuro-lunione-europea/" target="_blank"><br /></a>
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<a href="http://www.muovereleidee.it/2017/03/16/quale-futuro-lunione-europea/" target="_blank">Originariamente scritto per Muovere Le Idee</a></div>
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Nelle prossime settimane si parlerà molto di Europa. Il 25 marzo si celebrerà infatti il 60° anniversario del Trattato di Roma che istituì quella che sarebbe diventata l’Unione Europea. Quel giorno i leader dei 27 stati membri (Regno Unito escluso, naturalmente) si riuniranno a Roma per rilanciare il progetto europeo. E fin qui tutti d’accordo. È quando si arriva al come che sorgono i problemi.
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Le strade che l’Europa potrà prendere nei prossimi anni sono state semplificate dal <a href="http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-385_it.htm" target="_blank">Libro Bianco</a> pubblicato dalla Commissione Europea in 5 possibili scenari.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwNuF2nXpHqSVgwOMDShrAtS2mnNBDQnR_CoNbA_YnVijQVgrbeHB_04umfeKxl0ZkZMXt19N4T_i8jKTsVS1xCi9HwMKnDxEB_D4dyDkBIzobGzx_y41pZ8eCzpYvMNIung-k9_3Ofkw/s1600/loghi+scenari+%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="140" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwNuF2nXpHqSVgwOMDShrAtS2mnNBDQnR_CoNbA_YnVijQVgrbeHB_04umfeKxl0ZkZMXt19N4T_i8jKTsVS1xCi9HwMKnDxEB_D4dyDkBIzobGzx_y41pZ8eCzpYvMNIung-k9_3Ofkw/s200/loghi+scenari+%25281%2529.jpg" width="200" /></a></div>
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Scenario 1 - “Avanti così”.</div>
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Nessun modifica delle regole europee: le istituzioni sovranazionali continueranno ad occuparsi delle competenze a loro riservate e per risolvere tutti i nuovi problemi che vediamo ora e che sorgeranno in futuro ci si affiderà alla buona volontà degli stati di trovare un accordo fra di loro, se riusciranno a farlo. Questa opzione, secondo <a href="http://www.votewatch.eu/blog/future-of-the-eu-which-scenarios-are-the-most-likely-to-unfold/" target="_blank">VoteWatch</a>, è vista di buon occhio dai paesi nordici, come la Svezia e la Danimarca.</div>
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Scenario 2 - “Solo il mercato unico”.</div>
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L’UE riduce progressivamente il suo campo d’azione al suo core business, ovvero il libero movimento di beni, servizi, capitali e lavoratori al suo interno. Quindi meno di quanto fa oggi. Questo scenario, l’unico escluso espressamente dal presidente della Commissione Juncker, potrebbe essere quello più vicino ai partiti euroscettici e dal Regno Unito in uscita, se non fosse per il libero movimento delle persone, la cui eliminazione sta molto a cuore a questi soggetti.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEii_Q2cHgsjisEwJyNBceMn0zFtv_8U_hh-M9I-UWiGxnNCmIYLz2OmujnGrPv_B2m-FDtbP4fXLJwdsUbDR8AZS1wopEg8c5FYLadjEIpkst8rzXoGCPuWLlt9qXAYKF-E98kRP0RpaC8/s1600/loghi+scenari+%25283%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" height="140" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEii_Q2cHgsjisEwJyNBceMn0zFtv_8U_hh-M9I-UWiGxnNCmIYLz2OmujnGrPv_B2m-FDtbP4fXLJwdsUbDR8AZS1wopEg8c5FYLadjEIpkst8rzXoGCPuWLlt9qXAYKF-E98kRP0RpaC8/s200/loghi+scenari+%25283%2529.jpg" width="200" /></a></div>
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Scenario 3 - “Chi vuole di più fa di più”.</div>
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È l’Europa a più velocità di cui tanto si parla: gruppi di paesi all’interno dell’UE che sono d’accordo su una maggiore integrazione in un determinato campo possono andare avanti senza aspettare che anche tutti gli altri siano d’accordo. Questo permetterebbe per esempio ai paesi dell’Euro di istituire un ministro dell’economia unico e armonizzare i loro sistemi fiscali oppure a chi ci sta di creare una maggiore collaborazione militare. Questo scenario è quello che è stato rilanciato nell’incontro di Versailles dai leader di Germania, Francia, Italia e Spagna, ma viene avversato dai paesi dell’Est (specie dal cosiddetto Gruppo di Visegrád, composto da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) che temono di essere lasciati indietro. Comunque, qualcuno fa notare che un’Europa a più velocità esiste già.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3_ErYcIV3_BfY9VPtybymMuM52r2aPFGmmQrF3kSzmhyX132h7nWXvy_Vk3hmIIWhv16-z4K9LeqbiP3n8_fTuhSHuJN_md3aYTlQeztQWo1YL5jSK_DlGTXdCpZOwmR1IjngGy7o97E/s1600/loghi+scenari+%25284%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" height="140" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3_ErYcIV3_BfY9VPtybymMuM52r2aPFGmmQrF3kSzmhyX132h7nWXvy_Vk3hmIIWhv16-z4K9LeqbiP3n8_fTuhSHuJN_md3aYTlQeztQWo1YL5jSK_DlGTXdCpZOwmR1IjngGy7o97E/s200/loghi+scenari+%25284%2529.jpg" width="200" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Scenario 4 - “Fare meno in modo più efficiente”.</div>
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Come nel secondo scenario, il raggio d’azione dell’UE si restringe, ma nei campi in cui continua ad avere un ruolo, i poteri dell’Unione vengono rafforzati in modo da rispondere meglio ad alcuni problemi. Questa opzione è portata avanti dal Gruppo di Visegrád che da una parte non vuole un’Europa sociale e non vuole che Bruxelles si impicci nelle sue faccende domestiche (in questi mesi c’è frizione con Polonia e Ungheria, i cui governi stanno approvando riforme che in Europa vengono giudicate illiberali), dall’altra vorrebbe una maggiore collaborazione in campo militare.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLogSbqC8KiZWkERzUT5CM5133vRXqqEVhOq6-gJROhqLczwPMQ33MGwWFZAQsiTs2rl8VAvfVfuVLO2X_Hb6tZMpKQv6fd7EWDPYvk5Gr-YchM1mssmK1g65CUUpjxLWBi4sg-InlwDY/s1600/loghi+scenari+%25285%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" height="140" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLogSbqC8KiZWkERzUT5CM5133vRXqqEVhOq6-gJROhqLczwPMQ33MGwWFZAQsiTs2rl8VAvfVfuVLO2X_Hb6tZMpKQv6fd7EWDPYvk5Gr-YchM1mssmK1g65CUUpjxLWBi4sg-InlwDY/s200/loghi+scenari+%25285%2529.jpg" width="200" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Scenario 5 - “Fare molto di più insieme”.</div>
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È l’opzione preferita dagli Europeisti più ferventi e quella che più difficilmente sarà percorsa in questi anni di euroscetticismo dilagante. Essa prevede di perseguire il principio sancito dai trattati della “ever closer union”, l’unione sempre più stretta tra i paesi europei, e di spingere sul pedale della maggiore integrazione, mettendo in comune nuovi settori. Per ribadirlo, alcune organizzazioni europeiste hanno organizzato una <a href="http://www.marchforeurope2017.eu/it/" target="_blank">marcia per l’Europa</a> a Roma proprio il 25 marzo, in concomitanza con il vertice dei capi di stato e di governo.</div>
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Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-80097293706148199732017-03-12T00:50:00.000+01:002017-03-12T00:53:07.418+01:00Il pericolo ingovernabilità<div style="text-align: justify;">
Nella politica italiana è il momento dei riposizionamenti: la scissione del Pd con la nascita del Mdp, Sinistra Italiana che vede già dei fuoriusciti prima ancora di celebrare il congresso fondativo, la maretta nel centrodestra (se si può ancora chiamare così) sulle primarie e il leader. </div>
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Il tempismo è strano però. Di solito ci si riposiziona quando si sa con quale legge elettorale si va a votare: c’è una legge che premia i grandi partiti ->; ci si fonde; c’è una legge che favorisce le coalizioni ->; si cerca una coalizione; c’è una legge sostanzialmente proporzionale ->; nascono una miriade di partiti, ognuno dei quali cerca di definire il meglio possibile una propria identità. Quest’ultimo è lo scenario a cui assistiamo.</div>
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Cosa significa questo? Che nessuno crede che la legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta verrà cambiata? In effetti, l’arrivo in aula alla Camera della discussione è di nuovo slittato a fine marzo. Oppure significa che, anche se dovesse essere cambiata la legge, si terrà comunque un proporzionale?</div>
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La risposta a queste domande è importante, perché le simulazioni ci dicono che, con la legge attuale, non ci sarà nessun governo dopo le prossime elezioni. L’unica maggioranza possibile dovrà mettere sotto lo stesso tetto Pd e 5 Stelle e sappiamo quanto questo è altamente improbabile.</div>
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Se non vogliamo essere condannati all’ingovernabilità, ci sono due possibili soluzioni: o cambiano i partiti (e il loro rifiuto di dialogare) o cambia radicalmente la legge elettorale.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiR2ouS94tTdgcNwaTMOng1xI5ZMkOAlbRWIIFRC2JgTtOdO3x6K2a90FPcc-ZVZCIcdR78HRcV_lk0wBFN-XlgQWfV-s2OeSn0G7FDMek_1rD05xryTIT-2WlXAuiD_dow9KgXMGIpY5s/s1600/426102348_233195_17421758825736791003.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiR2ouS94tTdgcNwaTMOng1xI5ZMkOAlbRWIIFRC2JgTtOdO3x6K2a90FPcc-ZVZCIcdR78HRcV_lk0wBFN-XlgQWfV-s2OeSn0G7FDMek_1rD05xryTIT-2WlXAuiD_dow9KgXMGIpY5s/s320/426102348_233195_17421758825736791003.jpg" width="246" /></a></div>
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(metà gennaio)</div>
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(fine febbraio)</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-50308876697365694342017-02-22T11:29:00.001+01:002017-03-12T00:51:19.484+01:00I motivi del populismo<div align="center">
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<a href="http://www.muovereleidee.it/2017/02/22/motivi-del-populismo/" target="_blank">Originariamente scritto per Muovere Le Idee</a></div>
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Da alcuni anni ormai la politica sta cambiando. In molti paesi occidentali guadagnano sempre più consensi idee, partiti e candidati molto diversi da quelli che abbiamo conosciuto finora. Nel 2016 abbiamo visto i primi segni tangibili di questa trasformazione: il voto sulla Brexit e l'elezione di Donald Trump. Due esiti che apparivano fantascienza fino a pochi mesi prima.</div>
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Schiere di osservatori, politici e giornalisti hanno tentato di trovare una spiegazione all'emergere di queste forze, spesso definite populiste. In molti hanno puntato il dito contro le bufale e le notizie false diffuse sul web da parte di siti più o meno vicini a questi movimenti. Si è arrivati a parlare di politica della post-verità, in cui i fatti oggettivi passano in secondo piano rispetto alle emozioni e alle convinzioni personali. Le bufale hanno avuto certamente un ruolo, ma l'ascesa del populismo sembra essere spiegata meglio con il crescente risentimento per le élite e per una classe dirigente incapace di affrontare la crisi e il lento ma costante declino delle economie occidentali. Problemi come la globalizzazione e l'immigrazione sono molto sentiti specialmente dalla classe media, che sta vedendo i propri salari restringersi e il lavoro diventare sempre più precario. È proprio la spiegazione economica al populismo che vogliamo approfondire in questo video.</div>
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Iniziamo il nostro ragionamento partendo da un libro: Postcapitalismo, scritto dal giornalista inglese del Guardian Paul Mason. In questa sede però, la tesi di fondo sostenuta da Mason non ci interessa. Ciò che ci importa è la sua analisi sull'evoluzione dell'economia negli ultimi secoli.</div>
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È dato per assodato dagli studiosi che l'economia si muova per cicli della durata di pochi anni: periodi di espansione e di crescita seguiti da periodi di depressione e crisi. È una teoria più minoritaria invece quella per cui questi cicli brevi si inseriscano in cicli più lunghi, della durata di 50-70 anni. Questi ultimi si sviluppano in forma di onde, le cosiddette Onde di Kondrat'ev, dal nome dell'economista russo Nicolaj Kondrat'ev che le ha ipotizzate per primo. Mason mescola la teoria delle onde lunghe con alcuni elementi della tradizione marxista, spiegando che un'onda inizia dopo un periodo turbolento con guerre e rivoluzioni, in cui i capitali si sono accumulati nel settore finanziario e sono state inventate nuove tecnologie che però hanno avuto difficoltà ad affermarsi fino a quel momento. Con l'inizio della fasce ascendente dell'onda, i capitali si riversano nell'economia reale e nascono nuovi modelli di impresa basati proprio su quelle innovazioni incubate nel periodo precedente. Inizia così una fase di prosperità e crescita, in cui risulta accettabile redistribuire la ricchezza verso le fasce più povere della popolazione. Arriva però un momento in cui tutto ciò si interrompe: all'improvviso ci si accorge che le aspettative per un futuro florido come il presente possono essere sbagliate, ci si rende conto che la crescita attesa in molti settori non si verificherà e che i capitali investiti troppo alla leggera non saranno più ripagati. Ci si avvia quindi verso un periodo di incertezza sui mercati, sulle monete e sugli assetti globali. I salari vengono colpiti e lo stato sociale ridimensionato. I capitali ritornano ad affluire verso il mondo della finanza. Le crisi si fanno sempre più frequenti e profonde, spianando la strada a conflitti e guerre. E alla fine un'altra onda prende il sopravvento.</div>
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Dalla prima rivoluzione industriale, gli economisti individuano quattro o cinque cicli, a seconda dell’interpretazione a cui si fa riferimento. Ogni onda però è diversa dalla precedente: ogni ciclo porta con sé un sistema socio-economico del tutto nuovo. Scrive Mason che “il momento della mutazione è fondamentalmente economico. È l’esaurimento di un’intera struttura – modelli di impresa, insiemi di competenze, mercati, valute, tecnologie – e la sua rapida sostituzione con una struttura nuova”.</div>
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Forse è il caso di fare un esempio. Il ciclo in cui ci troviamo ora è iniziato subito dopo la seconda guerra mondiale. Già prima del 1945 erano state compiute invenzioni e scoperte molto importanti, ma il conflitto mondiale causato anche dagli squilibri economici e finanziari precedenti aveva impedito che esprimessero il loro potenziale. Nel dopoguerra si creò da zero un nuovo sistema economico, basato su nuove tecnologie come l’automazione delle fabbriche, nuove fonti energetiche come il petrolio e su un nuovo paradigma economico, costituito dal fortunato connubio di libero mercato e protezione sociale da parte dallo stato. Ciò ha garantito una lunga fase di prosperità. Lo stadio ascendente dell’onda si è concluso nel 1973. La crisi petrolifera ha avviato la fase discendente, in cui i salari hanno smesso di crescere e gli investimenti sono passati dai settori produttivi al mondo della finanza.</div>
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Ora, resta da capire un ultimo punto: cosa provoca la fine di un ciclo e l'inizio di un altro? Cosa riscatta l’economia da un lungo periodo di declino e la mette sulla strada di una rinnovata prosperità? Paul Mason cerca la risposta a queste domande nell’azione delle classi sociali. Come abbiamo detto, nella parte calante di un ciclo assistiamo ad un restringimento dei salari e del welfare, quindi la classe media è quella su cui ricade di più il peso della recessione economica. L’apertura di un nuovo ciclo avviene quando questo peso diventa insostenibile, i lavoratori si rivoltano e il sistema è costretto ad una trasformazione radicale. Dice Mason: “lo stato è costretto ad agire: formalizzando nuovi sistemi, incentivando le nuove tecnologie, fornendo capitali e tutele a chi innova”.</div>
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Perché abbiamo parlato di tutto questo per spiegare l’ascesa del populismo? Perché quello a cui stiamo assistendo è molto simile a quanto previsto dal modello di Mason. A partire dagli anni 80, i salari nei paesi occidentali sono cresciuti molto poco e la ricchezza si è spostata sempre di più verso le rendite e i profitti della fetta più ricca della popolazione. A partire dalla crisi economica del 2008, la classe media ha visto il proprio tenore di vita sprofondare. Molti hanno perso il lavoro e chi l’ha mantenuto ha dovuto accettare condizioni lavorative decisamente più precarie. Le nuove generazioni hanno davanti un futuro che rischia di essere peggiore di quello della generazione precedente.</div>
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Per questo molti oggi se la prendono con la globalizzazione e l’immigrazione, che diventano dunque i bersagli preferiti di Trump, dei sostenitori della Brexit e di tutte quelle forze anti-establishment che spuntano come funghi in Europa. Laddove la politica tradizionale sembra aver finito le cartucce senza riuscire a portare un vero cambiamento, gli elettori decidono di dare una chance a chi rappresenta la novità e la rottura col mondo precedente.</div>
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Questi nuovi soggetti, tuttavia, non sembrano avere a portata di mano le soluzioni necessarie. Le loro proposte, quando esistono, sono confuse e parziali. Il loro immaginario guarda al passato, si rivolgono ad elettori nostalgici di un mondo che era facile comprendere mentre sono spaventati dalle sfide del presente. Come nei momenti finali di un ciclo, oggi assistiamo a innovazioni straordinarie nei campi di Internet, dell’intelligenza artificiale, della stampa 3D e delle energie rinnovabili. Ma il mondo di oggi non sembra ancora pronto per accoglierle. Inoltre servirà altro tempo prima di poter toccare con mano il loro immenso potenziale. Quindi forse il populismo è solo una fase di passaggio, superata la quale conosceremo l’inizio di un nuovo ciclo e di un nuovo periodo di benessere con prospettive che ancora non possiamo immaginare.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-13317900700380129972017-02-07T23:57:00.000+01:002017-02-07T23:57:56.995+01:00Il discorso di David Harbour sulla recitazione e l'empatia<div align="center">
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Arrivo un po' in ritardo, ma voglio proprio postare la trascrizione e la traduzione (mia) del bellissimo discorso di David Harbour alla cerimonia di premiazione dei SAG Awards, un premio degli attori per gli attori. Harbour interpreta nella serie Stranger Things di Netflix il ruolo del poliziotto tutto d'un pezzo che si batte contro i mostri di un universo parallelo e contro chi cerca di mettere tutto sotto silenzio. Ok, detto così sembra un prodotto trash ma vi assicuro che è una serie che merita di essere vista. Durante la premiazione, Harbour si mette dal nulla a pronunciare questo discorso molto appassionato sull'arte della recitazione e su come possa aiutare a sentirci tutti più vicini. Infine, si scaglia e ci invita a sollevarci contro i bulli e chi cerca di colpire i deboli e gli emarginati. È chiaro il riferimento al recente insediamento di Donald Trump e ai suoi primi atti da presidente, ma credo che siano parole che possa andare al di là della contingenza del momento.</div>
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Trascrizione:</div>
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«I would just like to say, in light of all that’s going on in the world today, it’s difficult to celebrate the already celebrated Stranger Things, but this award from you who take your craft seriously and earnestly believe, like me, that great acting can change the world is a call to arms from our fellow craftsmen and women to go deeper. And through our art to battle against fear, self-centeredness and exclusivity of our predominantly narcissistic culture and through our craft to cultivate a more empathetic and understanding society by revealing intimate truths that serve as a forceful reminder to folks that when they feel broken and afraid and tired they are not alone. We are united in that we are all human beings and we are all together on this horrible, painful, joyous, exciting and mysterious ride that is being alive.</div>
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Now, as we act in the continuing narrative of Stranger Things, we 1983 midwesterners will repel bullies. We will shelter freaks and outcasts, those who have no home. We will get past the lies. We will hunt monsters and when we are at a loss amidst the hypocrisy and the casual violence of certain individuals and institutions, we will, as per Chief Jim Hopper, punch some people in the face when they seek to destroy the weak and the disenfranchised and the marginalized. And we will do it all with soul, with heart, and with joy. We thank you for this responsibility. Thank you.»</div>
</blockquote>
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Traduzione:</div>
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«Vorrei soltanto dire che, alla luce di tutto quello che sta succedendo nel mondo, è difficile celebrare il già celebrato Stranger Things, ma questo premio da chi prende il proprio mestiere seriamente e crede sinceramente, come me, che la grande recitazione può cambiare il mondo è una chiamata alle armi dai nostri colleghi a fare ancora di più. E attraverso la nostra arte batterci contro la paura, l'egocentrismo e l'esclusivismo della nostra cultura prevalentemente narcisistica e attraverso il nostro mestiere coltivare una società più empatica e comprensiva rivelando verità intime che servano da potente promemoria per coloro che si sentono abbattuti, impauriti e stanchi che non sono soli. Siamo uniti nell'essere tutti umani e siamo tutti insieme su questa orribile, dolorosa, gioiosa, emozionante e misteriosa corsa che è essere vivi.</div>
<div style="text-align: justify;">
Oggi, come facciamo nel racconto in corso di Stranger Things, noi gente del midwest del 1983 respingeremo i bulli. Proteggeremo i diversi e i reietti, chi non ha una casa. Supereremo le menzogne. Daremo la caccia ai mostri e quando ci sembrerà di perdere contro l'ipocrisia e la violenza gratuita di certi individui e organizzazioni, tireremo, come il poliziotto Jim Hopper, un pugno in volto a quelle persone che cercano di distruggere i deboli, gli esclusi e gli emarginati. E lo faremo tutti con l'anima, il cuore e gioia. Vi ringraziamo per questo onore. Grazie.»</div>
</blockquote>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-64693623311525737652016-12-19T17:53:00.000+01:002016-12-19T17:53:07.122+01:00Cos'è la sinistra, secondo Barca<div class="tr_bq" style="text-align: justify;">
Dare un significato alle cose di cui si parla è sempre il primo passo da fare per avere un po' di chiarezza e discutere in modo proficuo. Per questo sono sempre stato interessato a dare un significato alle <a href="http://www.fabiofontana.it/2016/05/cosa-sono-destra-e-sinistra-in-politica.html">etichette di destra e sinistra</a> usate in politica. Oggi mi sono imbattuto in questa definizione di sinistra data da Fabrizio Barca in un <a href="http://www.huffingtonpost.it/fabrizio-barca/la-mia-proposta-alle-sinistre-del-pd-da-dove-ripartire-per-ritornare-uniti_b_13691634.html" target="_blank">articolo pubblicato dall'Huffington Post</a>. La riporto perché non passi in sordina e come contributo al dibattito, senza pensare che possa essere la definizione definitiva, dato che dubito possa esistere una definizione definitiva.</div>
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<blockquote style="text-align: justify;">
A chi mi riferisco con "sinistra"? A tutti coloro che ritengono l'articolo 3 il punto più alto della nostra Costituzione, laddove stabilisce che è "compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". In queste parole, eterodosse e moderne, punto di incontro delle culture liberal-azionista, social-comunista e cristiano-sociale che ancora innervano il paese, c'è un'indicazione secca sulla missione principale non solo dello Stato ma della Repubblica intera - del privato, del sociale, del pubblico. E' la missione dell'inclusione o dell'avanzamento sociale. Compiere ogni sforzo possibile per mettere cittadini e lavoratori nella condizione di vivere la vita che è nello loro corde vivere. Proprio ciò che moltissimi sentono mancare.</blockquote>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
A questa fondamentale discriminante potrei aggiungere che essere di sinistra vuol dire anche essere convinti che il capitalismo produce innovazione, avanzamento sociale e persino tutela dell'ecosistema, solo se esso viene continuamente incalzato con la necessaria ruvidezza da cittadini e lavoratori organizzati: la risoluzione delle separazioni del capitalismo (fra lavoro e capitale, controllo e proprietà del capitale, persona e consumatore) a favore dell'avanzamento sociale richiede conflitto. Altri preferiranno una diversa declinazione. Qui basta il riferimento all'articolo 3. Basta per riconoscere che di sinistre ne esistono tante, organizzate (all'interno del PD e di altri corpi intermedi, tradizionali e nuovi), meno organizzate o del tutto informali (all'interno di forme nuove di militanza, di cittadinanza attiva, di antagonismo).</blockquote>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-64630393339747379962016-12-09T23:36:00.000+01:002016-12-09T23:36:24.894+01:00Post Referendum: cosa succede ora<div align="center">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/N7RdQo81XBk" width="400"></iframe></div>
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<a href="http://www.muovereleidee.it/" target="_blank">Originariamente scritto per Muovere Le Idee</a></div>
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Se non siete appena tornati da un’isola deserta, già lo sapete: il referendum di domenica 4 dicembre ha respinto a larga maggioranza la riforma della costituzione del governo Renzi. Il “no” ha vinto con quasi il 60% dei consensi contro il 40% del “sì”. Anche l’affluenza è stata più alta delle aspettative: il 65% degli italiani si è recato alle urne, il 68% se escludiamo il voto all’estero. Segno che questo referendum è stato molto sentito.</div>
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La conseguenza più immediata del voto sono state le dimissioni di Matteo Renzi, annunciate nella notte dello spoglio e formalizzate la sera di mercoledì 7 dicembre, dopo l’approvazione della legge di bilancio. Si è aperta dunque la crisi di governo. Le dimissioni del presidente del consiglio implicano infatti la fine dell’intero esecutivo. Le decisioni sul da farsi spettano ora al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.</div>
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Quindi, cosa può succedere adesso? Abbiamo davanti tre scenari: le elezioni anticipate, un altro governo guidato da Renzi o un nuovo governo guidato da altri.</div>
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La seconda ipotesi rimane molto improbabile: è da mesi che Renzi minaccia le dimissioni in caso di sconfitta al referendum. Quindi è difficile che accetti di restare a palazzo Chigi ed è difficile che accetti di tornarci senza essere passato prima da nuove elezioni.</div>
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La prima ipotesi è quella auspicata da molti ma, eccetto la Lega, tutti gli altri chiedono che si voti soltanto dopo aver modificato la legge elettorale. Ma per farlo, potrebbe essere necessario un nuovo governo e si arriva quindi alla terza ipotesi.</div>
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Per capire questo punto però, dobbiamo fare un passo indietro. La legge elettorale è il meccanismo con cui i voti vengono tramutati in seggi parlamentari. Oggi la Camera e il Senato si ritrovano, a seguito di varie vicissitudini, con due leggi molto diverse. E questo, in caso di nuove elezioni, potrebbe rappresentare un problema serio perché ci ritroveremmo con un parlamento in cui non si riesce a trovare una maggioranza in entrambe le camere che voti la fiducia al governo.</div>
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Vediamo cosa succederebbe se andassimo a votare in questo momento. Secondo i sondaggi, lo spettro politico è diviso in tre poli, tutti intorno al 30% dei consensi: il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e un polo di centrodestra suddiviso tra Forza Italia e Lega. Questo status quo, alla Camera verrebbe tradotto in seggi dall’Italicum, in base al quale il partito che arriva primo (in un unico turno o con un ballottaggio) conquista il 55% dei seggi. Il resto va a tutti i partiti di opposizione, a patto che abbiano superato la soglia del 3% dei voti.</div>
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Al Senato, è invece in vigore il cosiddetto Consultellum, ossia la legge con cui si è votato alle ultime elezioni politiche così come è stata modificata dalla corte costituzionale. In base a questo sistema elettorale, la percentuale di seggi che ogni partito ottiene è esattamente la percentuale di voti presi alle elezioni, a patto che abbia superato la soglia di sbarramento dell’8%. L’effetto combinato di queste due leggi elettorali e dell’attuale distribuzione del consenso fra i partiti sarebbe quello di dare alla forza politica che prende più voti la maggioranza alla camera, mentre dovrebbe cercarsi degli alleati di governo al senato. Il risultato è un rischio paralisi: se vincesse il Movimento 5 Stelle, sappiamo che non vuole fare alleanze con nessuno; ma anche se fosse il Partito Democratico ad uscire vincente dalle urne, dovrebbe allearsi con Forza Italia e con un altro partito, ma nessun altro sarebbe disposto ad entrare in una coalizione simile stando alle posizioni attuali. Lo stesso vale se dovesse vincere un’eventuale coalizione di centrodestra.</div>
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Questo ci fa capire perché Mattarella, come è emerso nelle ultime ore, non è disposto a sciogliere le camere con l’attuale sistema elettorale. Tanto più che la corte costituzionale si esprimerà il prossimo 24 gennaio sull’Italicum, la legge vigente alla Camera, e potrebbe apportarvi delle modifiche consistenti.</div>
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Dunque, cosa succederà adesso? Nelle prossime ore, il presidente Mattarella terrà una serie di consultazioni con i gruppi parlamentari per verificare la loro disponibilità a dare vita ad un nuovo governo. Come dicevamo, l’esito più probabile è la nascita di un nuovo esecutivo senza Renzi, ma sostenuto dalla sua stessa maggioranza, quindi dal Pd, dal Nuovo Centro Destra di Alfano e dai gruppi centristi come l’Udc di Casini, oltre che dall’incognita di Ala di Verdini. </div>
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Chi potrebbe guidare il nuovo governo? Sono 5 i nomi che passano di bocca in bocca in questi momenti: quello di Piero Grasso, l’attuale presidente del senato; quello di Pier Carlo Padoan, il ministro dell’economia uscente; quello di Dario Franceschini, ministro della cultura; quello di Paolo Gentiloni, ministro degli esteri e quello di Graziano Delrio, ministro delle infrastrutture.</div>
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Sui compiti e sulla durata del nuovo esecutivo, sarà tutto da vedere. Di sicuro, la sua priorità sarà quella di dare al paese una nuova legge elettorale che garantisca un minimo di stabilità dopo le prossime elezioni politiche. Sulla sua durata, va considerato che la prossima primavera vedrà due appuntamenti importanti che richiedono un governo nel pieno dei suoi poteri: a fine marzo ci saranno le celebrazioni del Trattato di Roma che ha istituito la Comunità Europea e a fine maggio si terrà il G7 a Taormina. Inoltre, i parlamentari alla prima legislatura potrebbero essere restii a consentire elezioni anticipate prima della metà di settembre, quando acquisiranno il diritto alla pensione. Quindi le prossime elezioni si terranno con buona probabilità nell’autunno 2017 o all’inizio del 2018.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-719518011689469732016-12-02T15:17:00.000+01:002016-12-02T15:17:10.716+01:00Solo un'altra cosa sul Referendum...<div style="text-align: justify;">
Vorrei aggiungere solo un’altra cosa al dibattito nel merito della riforma costituzione su cui voteremo domenica, in particolare sul bicameralismo perfetto. Ora, personalmente non ho preferenze a riguardo di un bicameralismo paritario piuttosto che differenziato, per me tutto dipende da come viene pensato e strutturato. Però, se proprio uno vuole risolvere il problema della navetta - o del ping pong, com’è chiamato ora - in un sistema come quello italiano attuale, sarebbe bastato guardare agli altri due piccoli esempi di bicamerismo perfetto nel mondo: gli Stati Uniti e l’Unione Europea. In entrambi i casi, le due camere (per quanto riguarda l’Ue, mi riferisco al Parlamento e al Consiglio, che possono tranquillamente venire considerati tali) devono approvare un testo nella medesima forma perché diventi legge. Per evitare di rimbalzarselo in continuazione, se il primo tentativo non va in porto, i rappresentanti delle due camere si siedono ad un tavolo e trovano una mediazione che possa andare bene a tutti. In Europa, si chiama “Comitato di Conciliazione”. A quanto pare, per risolvere i problemi del bicameralismo perfetto, non serviva creare una dozzina di nuovi procedimenti legislativi, con oscuri elenchi di competenze ed eccezioni. Ma si sa, noi italiani dobbiamo sempre complicarci la vita.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-67400827156298223742016-12-02T14:50:00.000+01:002016-12-02T14:50:02.742+01:00Cosa voto al Referendum<div style="text-align: justify;">
Domenica si vota il referendum sulla riforma della Costituzione. Con Muovere Le Idee abbiamo cercato di fornire tutti gli strumenti per informarsi, da un video di 15 minuti ad un dibattito di un’ora e mezza, insieme ad un sacco di link per approfondire. <a href="http://www.muovereleidee.it/speciale-referendum-costituzionale/" target="_blank">Si trova tutto qui.</a></div>
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Mancano due giorni, quindi è ora che anch'io vi dia la mia opinione non richiesta a riguardo, come sta già facendo tutta la vostra bacheca di Facebook.</div>
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Se state cercando argomenti forti e toni urlati, avete sbagliato indirizzo. Non parteciperò a questa battaglia di fango e slogan a cui stiamo assistendo da molti mesi ormai. A farmi scaldare non sarà certo una riforma né carne né pesce come questa.</div>
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Io la riforma l’ho letta. E, pur essendo ignorante su molte cose, la Costituzione e le istituzioni sono argomenti su cui sono abbastanza ferrato. Proprio per questo mi sento di dire la mia.</div>
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A mio avviso, l’obiettivo della riforma di semplificare e razionalizzare resterà una mera speranza. Se anche uno può condividere queste finalità, le soluzioni trovate sono assolutamente sbagliate. Nel migliore dei casi, resterà tutto complicato e inefficiente come è adesso, semplicemente con procedure diverse. Nel peggiore dei casi, avremo stato e regioni in perenne conflitto (di nuovo, come dopo la riforma del 2001) e un parlamento paralizzato, il che favorirà un governo forte capace di fare il bello e il cattivo tempo. Una riforma che, con il presunto obiettivo di semplificare e velocizzare, ridurrebbe gli spazi di confronto. Non a caso in quei pochi punti in cui sembra aprire ad una maggiore partecipazione dei cittadini alla politica, in realtà si rimanda tutto a leggi successive, che chissà se arriveranno mai.</div>
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Con la logica del cambiamento fine a se stesso e della velocità, non si va da nessuna parte. In un paese messo in ginocchio dalla criminalità organizzata, dalla corruzione, dall’evasione fiscale ce ne sono di cambiamenti da fare. Altro che la costituzione. I sostenitori di questa riforma credono che per far funzionare le istituzioni serva cambiarle, quando invece il problema è nella qualità della classe politica che le occupa. Qualità che è sempre più scarsa.</div>
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Per questi motivi, voterò NO.</div>
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(Non ho parlato del merito perché sarebbe un discorso troppo lungo, se però qualcuno vuole parlarne resto a disposizione).</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-45518167916301914602016-11-19T12:40:00.002+01:002016-11-19T12:40:48.787+01:00Il paradosso del Referendum<div style="text-align: justify;">
Come avviene spesso in Italia, visto il nostro modo di far le cose (all'italiana, nel senso peggiore del termine), questo referendum contiene un enorme paradosso, rispetto alle posizioni assunte dal Pd renziano e dal Movimento 5 Stelle. Infatti, l'uno vota no ma gli conviene vinca il sì e l'altro viceversa.</div>
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Renzi vota sì e ci mancherebbe, visto che il referendum l'ha voluto e promosso lui in persona. Tuttavia, se dovesse vincere il sì, potrà rimanere al governo l'anno e i pochi mesi da qui alla fine della legislatura, ma quando arriveranno le nuove elezioni, il suo tempo sarà finito. Se passa il referendum infatti, la legge elettorale dell'Italicum non verrà modificata (ci sono accordi su eventuali modifiche che però penso non porteranno a nulla*). Ciò significa che il partito che arriva primo alle prossime elezioni, conquista la maggioranza in parlamento. E quel partito sarà quello di Grillo, vista l'aria che tira in Italia e nel mondo. Per questo ai 5 stelle conviene vinca il sì.</div>
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A Renzi invece gioverebbe una vittoria del no perché, sebbene nell'immediato sarebbe costretto a dimettersi, in futuro potrebbe essere rimesso in gioco da uno scenario di instabilità politica. Infatti, se il referendum non passa, avremo due leggi elettorali diverse per le due camere. Sia nel caso in cui le cose rimangano così, sia nel caso in cui la corte costituzionale o il parlamento introducano delle modifiche, il nuovo sistema elettorale non sarà mai come l'Italicum, ergo il risultato delle prossime elezioni saranno due camere senza maggioranza, costrette di nuovo alle larghe intese come oggi. Una figura come Letta potrebbe riuscire a formare un governo ma sappiamo come è andata a finire. Chissà se in un caos del genere Renzi non potrà essere richiamato a salvare le sorti del paese.</div>
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*L'Italicum non sarà modificato per due motivi. 1) Trovare una maggioranza parlamentare per cambiare la legge elettorale è difficilissimo, lo abbiamo visto in questi anni. 2) Renzi si terrà stretto l'Italicum convinto che con esso possa vincere anche le elezioni (forte del risultato referendario) e ottenere una maggioranza parlamentare tutta sua.</div>
<br />Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-41850935735532867052016-10-14T12:57:00.001+02:002016-10-14T12:57:28.717+02:00Le elezioni americane<div align="center">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/SvMA9oHcMh0" width="400"></iframe></div>
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<a href="http://www.muovereleidee.it/2016/10/14/elezioni-usa-2016/" target="_blank">Guarda il video sul sito di Muovere Le Idee</a></div>
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C'è chi dice, con una provocazione, che alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti dovrebbero poter votare tutti i cittadini del mondo. Questo perché le decisioni che prende il presidente della maggiore superpotenza economica e politica non possono che influenzare il resto del globo. Vale ancora di più quest'anno, dato che i candidati hanno visioni del mondo radicalmente diverse.</div>
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<b>Il candidato repubblicano</b></div>
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Come sapete, la politica americana è monopolizzata da due grandi partiti, il partito repubblicano e quello democratico. Questi due partiti, nei mesi precedenti alle elezioni, organizzano delle primarie regolate per legge per scegliere i loro candidati alla Casa Bianca. In questa occasione, le primarie repubblicane sono state molto partecipate. Cera Jeb Bush, figlio e fratello di due ex presidenti; cera Marco Rubio, il candidato di origine latino-americana; cera Ted Cruz, un senatore su posizioni molto conservatrici e cera Donald Trump, che a sorpresa ha stravinto la corsa repubblicana. Ma chi è Donald Trump?</div>
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Donald Trump è un imprenditore immobiliare celebre per i suoi hotel, casinò e grattacieli sparsi per lAmerica, come la Trump Tower a Manhattan dove ha presentato la sua candidatura. È diventato conosciuto al grande pubblico anche per essere lorganizzatore di Miss Usa e Miss Universo e il protagonista del reality show The Apprentice, dove ricopre il ruolo del giudice esigente e severo di alcuni aspiranti imprenditori. Inoltre, ha fatto numerose apparizioni sia nel cinema che in televisione. Di Trump si devono menzionare anche alcune grane con la giustizia e diverse bancherotte, oltre ad alcune recenti indagini sui finanziamenti della fondazione benefica intitolata a suo nome, che sarebbero stati usati per scopi personali e per pagare un procuratore al fine di far chiudere unindagine a suo carico.</div>
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La candidatura di Donald Trump è stata inizialmente presa poco sul serio, sia per il personaggio, sia perché altre volte aveva detto di voler correre per la Casa Bianca per poi ritirarsi. Ma presto si è capito che non stava affatto scherzando. Fin da subito ha attirato le attenzioni dei media per le sue posizioni estremiste sullimmigrazione, le tasse e il terrorismo, in base alle quali viene spesso definito un populista. Ripetendo lo slogan make America great again (fare lAmerica di nuovo grande) ha promesso di costruire un muro lungo la frontiera sud e di farlo pagare al Messico, ha chiamato i messicani stupratori, ha detto di voler cacciare tutte le persone di religione islamica dal paese, si è preso gioco di un giornalista disabile, ha insultato la famiglia di un soldato morto in guerra e ha detto che Obama è il fondatore dellIsis. Ciononostante, i suoi consensi non hanno fatto che aumentare grazie alle sue promesse di combattere limmigrazione, usare le maniere forti contro il terrorismo e cambiare i trattati sul libero scambio, per ridare ai lavoratori americani le occupazioni perse con la globalizzazione.</div>
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Insomma, la sua è una figura controversa, che una buona parte della popolazione vede in modo sfavorevole e divide il suo stesso partito. Tuttavia, è riuscito a raccogliere molti sostenitori essendosi presentato come un candidato anti-establishment e portatore di cambiamento, lunico a dire le cose come stanno e a battersi contro il politicamente corretto. Le fasce demografiche fra cui Trump proprio non riesce a sfondare sono quelle dei neri e dei latino-americani e anche fra le donne e i giovani fatica ad affermarsi. Il suo bacino di voti è composto prevalentemente dai maschi bianchi della classe lavoratrice, che negli ultimi anni hanno perso il lavoro o si sono impoveriti a causa, secondo loro, della globalizzazione e dell'immigrazione.</div>
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<b>La candidata democratica</b></div>
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Dallaltra parte, le primarie democratiche sono state invece una corsa a due e molto meno scontata. A sfidare Hillary Clinton si è fatto avanti un anonimo senatore ultrasettantenne che si definisce addirittura socialista, praticamente un tabù negli Stati Uniti. Ma spiegando di definirsi così per le sue posizioni a favore di una democrazia di tipo scandinavo, con uno stato sociale avanzato, luniversità gratuita e la sanità per tutti, è riuscito a riscuotere lentusiasmo di molti elettori, specie di giovane età. Bernie Sanders questo il suo nome si è proposto come un candidato di rinnovamento, impegnato a combattere contro lo strapotere di Wall Street e contro le disuguaglianze economiche. Dopo aver ottenuto molti più voti di quanti gli osservatori avevano previsto, ha però poi dovuto ammettere la sconfitta per mano dellavversaria, Hillary Clinton, la prima donna candidata alla Casa Bianca dai due maggiori partiti americani.</div>
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Hillary Rodham Clinton nasce nel 1947 a Chicago in una famiglia di tendenze conservatrici. Compie studi in scienze politiche e in legge e si interessa di politica fin dagli anni delluniversità a Yale, dove incontra il futuro marito Bill. Alterna il lavoro da avvocato impegnato nel sociale con lattività politica portata avanti insieme al marito, che diventa prima governatore dello stato dellArkansas e poi presidente degli Stati Uniti nel 1993. Da First Lady, Hillary Clinton svolge un ruolo molto importante nel supportare lattività del consorte e, quando lui conclude il suo mandato, si candida e conquista il seggio da senatore per lo stato di New York. Nel 2008 si presenta alle primarie democratiche ma perde contro Barack Obama, di cui diventa poi segretario di stato, cioè lequivalente americano del nostro ministro degli esteri.</div>
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In questa veste, è coinvolta nei due principali scandali che oggi le vengono rinfacciati dai repubblicani. Il primo è lattacco allambasciata americana a Bengazi in Libia nel 2012, finito con due morti tra cui lambasciatore Usa, per cui viene accusata di non aver garantito le necessarie misure di sicurezza. Il secondo è lo scandalo, scoppiato più recentemente, delle e-mail. In questo caso, la Clinton è biasimata per aver usato un account di posta elettronica privato per il lavoro, comprese le comunicazioni top segret. Nonostante ciò fosse legale, quando gli è stato chiesto di consegnare le mail per poterle archiviare come da prassi, lei ha detto di avere anche la posta personale su quellaccount così, prima di consegnare il suo contenuto, ha eliminato circa la metà delle mail.</div>
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Benché questi non siano esattamente scandali che fanno perdere unelezione, specie se confrontati con quelli dellavversario, hanno intaccato limmagine che la Clinton tenta di dare di sé, come di una candidata competente e affidabile. Inoltre, le reticenze e in certi casi le bugie che hanno accompagnato questi episodi hanno rafforzato la convinzione di una parte dellopinione pubblica americana che la Clinton sia una persona calcolatrice, disposta a mentire e a cambiare le sue idee a seconda della convenienza. I decenni che ha passato sotto i riflettori hanno inoltre contribuito a logorare la sua immagine e a farla apparire agli occhi degli elettori come una rappresentante dellestablishment e dei poteri forti, anche a causa della rete di relazioni costruita con la Fondazione Clinton. Inoltre, come ha ammesso lei stessa, non è esattamente un animale politico, in pubblico appare fredda e distaccata e questo le impedisce di far breccia nei cuori di molti potenziali elettori.</div>
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<b>La corsa alla Casa Bianca</b></div>
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Se Donald Trump sembra un candidato troppo estremista per poter vincere, la sua debolezza è compensata da quella di Hillary Clinton. Secondo un recente sondaggio del Washington Post, entrambi i contendenti attirano un giudizio negativo da parte del 60% della popolazione. E questa è lunica cosa che hanno in comune. In un sistema politico dove di solito i candidati, essendo soltanto due, tendono a convergere al centro, questa volta si scontrano due personaggi molto diversi e due visioni del mondo radicalmente contrapposte. Da una parte abbiamo una figura affidabile e competente e una potenziale prima donna presidente, ma che viene percepita come l'espressione di una classe dirigente che non riesce a risolvere i problemi. Dall'altra, troviamo un uomo che dice di battersi contro un sistema truccato e promette di fare l'America di nuovo grande, ma che usa toni violenti, non rispetta le minoranze e apprezza leader autoritari come il russo Putin.</div>
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Per fare delle previsioni sull'esito di queste elezioni, bisogna ricordare che il voto per la presidenza degli Stati Uniti non è diretto, ma avviene su base statale. Ciascuno dei 50 stati americani elegge i propri grandi elettori, il cui numero è calcolato in proporzione alla loro popolazione. Saranno poi loro a votare per il presidente secondo l'indicazione di voto data dallo stato di appartenenza. Nella quasi totalità dei casi, il candidato che vince in uno stato si assicura così tutti i suoi grandi elettori. Il totale è 538 grandi elettori, ne servono quindi 270 per vincere.</div>
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Bisogna anche sapere che un grande numero di stati vota sempre per l'uno o per l'altro partito. Per esempio, la California e gli stati del nord-est sono tradizionalmente democratici, mentre gli stati del profondo sud come il Texas votano repubblicano. Ci sono poi i swing states, cioè gli stati in bilico, quelli che di fatto decidono chi vince e chi perde. Sono una decina e alcuni cambiano nel corso del tempo. Quelli da tenere d'occhio quest'anno, perché sono tradizionalmente in bilico e perché regalano al vincitore un consistente numero di grandi elettori, sono la Florida, l'Ohio e la Pennsylvania.</div>
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Ma l'8 novembre non sarà eletto soltanto il 45° presidente degli Stati Uniti. I cittadini americani saranno chiamati a scegliere anche i membri della camera e di una parte del senato. È importante ricordarlo perché in America il presidente può dover convivere con un congresso di un diverso colore politico. Tutt'oggi il democratico Obama deve collaborare con un congresso dove entrambe le camere sono a maggioranza repubblicana. Dopo l'8 novembre, secondo le previsioni, la camera rimarrà saldamente in mano ai repubblicani, mentre i democratici hanno qualche chance di conquistare il senato.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-4182690817547698032016-08-22T11:09:00.000+02:002017-01-06T15:35:16.383+01:00Il Referendum Costituzionale<div align="center">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/JdPQyOiOJ2A" width="400"></iframe></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.muovereleidee.it/2016/08/22/il-referendum-costituzionale/" style="font-family: inherit; line-height: 1.38; white-space: pre-wrap;" target="_blank">Guarda il video sul sito di Muovere Le Idee</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il prossimo autunno tutti i cittadini italiani maggiorenni saranno chiamati alle urne per dire la loro sulla riforma della Costituzione fatta dal governo Renzi. Il parlamento ha dato il suo via libera lo scorso aprile, ma non avendo raggiunto i due terzi dei voti come previsto in questi casi, l’ultima parola spetta ai cittadini.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La Costituzione è la legge fondamentale dello stato, ciò significa che non solo deve essere rispettata da tutti i cittadini, ma anche che tutte le altre leggi che vengono quotidianamente approvate dal parlamento non possono essere in contrasto con essa.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La riforma di Boschi e Renzi modifica solo la seconda parte della carta costituzionale, cioè quella che tratta l’organizzazione dello stato, mentre la prima parte, sui diritti e doveri dei cittadini, rimane praticamente intatta.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Attenzione perché in questo caso, a differenza di quanto previsto per i referendum abrogativi, non c’è quorum, quindi il risultato del voto sarà valido in ogni caso, che voti il 10 oppure il 90% degli aventi diritto.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Vediamo ora cosa prevede la riforma e quali sono le ragioni dei favorevoli e dei contrari.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b id="docs-internal-guid-e773dc04-b180-3a1a-79c7-57ddd52ee7ef" style="font-weight: normal;"><br /></b></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">CAPITOLO 1 - LA RIFORMA</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il senato.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> Il cambiamento più importante che viene apportato alla costituzione riguarda il Senato. Oggi in Italia vige il cosiddetto bicameralismo perfetto o paritario. Ciò significa che la Camera e il Senato hanno gli stessi poteri e le stesse funzioni. La riforma prevede invece che il Senato rappresenti le istituzioni locali e abbia una composizione e delle funzioni diverse da quelle di oggi. Innanzitutto, il nuovo senato sarà composto da 100 membri (rispetto ai 315 attuali): 74 consiglieri regionali, scelti in base alla loro elezioni, 21 sindaci selezionati sempre dalle regioni e 5 personalità nominate dal presidente della repubblica “per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. I rappresentanti delle regioni e i sindaci rimarranno in carica per la durata dei consigli regionali che li hanno eletti, mentre il mandato dei senatori scelti dal capo dello stato durerà 7 anni. Un’importante novità è che i senatori non riceveranno alcuna indennità, se non quella percepita come consiglieri regionali o come sindaci.</span></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Anche il ruolo del Senato nel processo legislativo cambia radicalmente. Oggi, tutte le proposte di legge devono essere discusse e votate da entrambe le camere e, se una apporta delle modifiche, il testo deve tornare all’altra camera per essere approvato nello stessa identica formulazione. Questo procedimento è conosciuto con il nome di “navetta”. La riforma prevede che la navetta rimanga soltanto per le leggi che modificano o attuano la Costituzione e per quelle legate ai rapporti con gli enti locali o l’Unione Europea. Per tutte le altre, il potere decisionale spetterà alla sola Camera dei deputati, mentre il Senato svolgerà un ruolo principalmente consultivo. In che modo? Per ogni nuova legge approvata dalla Camera, un terzo dei senatori potrà chiedere che sia esaminata anche dal senato, che avrà 30 giorni per farlo. E se decide di proporre delle modifiche, il testo torna alla Camera per il voto definitivo.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Ci sono in realtà dei casi particolari: ad esempio, per le materie di interesse regionale, la legge viene trasmessa automaticamente al senato e, se esso propone delle modifiche a maggioranza dei suoi componenti, la Camera le può respingere solo con lo stesso tipo di maggioranza. Ci sono poi la legge di bilancio, i cui termini per la discussione in senato si riducono a 15 giorni, e altre materie la cui competenza è esclusivamente della Camera.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il governo.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> Un’altra parte della riforma riguarda il governo. A partire dall’atto che ne sancisce l’insediamento, cioè la fiducia da parte del parlamento, che non sarà più data da entrambe le camere ma soltanto dalla Camera dei deputati. Inoltre, la riforma prevede alcuni limiti ai decreti legge, cioè quegli atti che l’esecutivo può emanare in casi di urgenza e hanno forza di legge, anche se devono essere poi confermati dal parlamento. D’altro canto però viene prevista una corsia preferenziale in parlamento per i disegni di legge che il governo giudica urgenti. La Camera avrà 5 giorni per dire se condivide l’urgenza e poi altri 70 giorni per deliberare.</span></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">I rapporti stato-regioni.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> La riforma del governo Renzi mette mano anche alla distribuzione dei poteri fra stato e regioni, il famoso Titolo V della Costituzione, che è già stato modificato con un’altra riforma e un altro referendum costituzionale nel 2001. In quella occasione, si conferì alle regioni il potere di legiferare in molti settori, stabilendo quali materie fossero di competenza statale, su quali vi fosse una competenza concorrente e lasciando tutte le altre materie alle regioni. La competenza concorrente, in base alla quale allo stato spetta stabilire i principi generali mentre poi la regione deve disciplinare in modo più specifico, ha sempre creato dei conflitti fra lo stato e le regioni su chi dovesse decidere cosa. Così la riforma prova a risolvere questo problema, abolendo la competenza concorrente e distribuendo le diverse materie fra l’uno e le altre. Inoltre, lo stato si riprende alcune competenze, come quelle sull’energia, sul commercio con l’estero e sulle grandi infrastrutture, mentre alle regioni rimangono principalmente la sanità, la pianificazione del proprio territorio e lo sviluppo economico locale. Viene inoltre introdotta una clausola per la quale lo stato può riservarsi di decidere su materie di competenza regionale se c’è in ballo l’interesse nazionale. Infine, viene stabilito un tetto agli emolumenti del presidente e dei consiglieri regionali pari allo stipendio del sindaco del capoluogo, oltre a venire vietati i rimborsi spese ai gruppi consiliari, il cui uso spregiudicato degli ultimi anni ha attirato le attenzioni della magistratura.</span></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Gli altri punti.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> Vediamo in breve altri punti della riforma.</span></span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">- Vengono apportati dei cambiamenti agli strumenti di democrazia diretta. Le leggi di iniziativa popolare, per essere presentate, avranno bisogno di 150 mila firme invece delle attuali 50 mila. I referendum abrogativi, se saranno promossi con 800 mila firme invece delle solite 500 mila, potranno godere di un quorum più basso di quello normale: non più il 50% degli aventi diritto, ma il 50% dei votanti alle ultime elezioni politiche. Inoltre si fa riferimento a referendum propositivi e consultivi, che però dovranno essere disciplinati con un’ulteriore legge costituzionale.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">- Viene in parte cambiato il modo in cui si elegge il presidente della Repubblica. Fino ad ora Camera e Senato si riunivano in seduta comune insieme a 58 delegati regionali. Con la riforma, le regioni non avrebbero più i loro delegati, in quanto sarebbero rappresentate dagli stessi senatori. Cambia anche la maggioranza richiesta per l’elezione. Fino ad oggi, erano richiesti i 2/3 dei componenti per i primi 3 scrutini e la metà più uno dei componenti per i successivi. Con la riforma rimangono i 2/3 dei componenti fino al terzo scrutinio, che poi diventano 3/5 dei componenti dal 4° al 6° e 3/5 dei votanti dal 7° in poi.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">- Viene previsto un giudizio preventivo della corte costituzionale sulla legge elettorale prima della sua promulgazione, se lo richiedono un quarto dei deputati o un terzo dei senatori.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">- Vengono aboliti il Cnel e le province. Il Cnel è un organo consultivo composto da rappresentanti delle parti sociali ed esperti che ha il potere, peraltro mai esercitato, di iniziativa legislativa. Questo organismo fu creato insieme alla costituzione, appena dopo la guerra, per riprendere un po’ il ruolo della Camera dei fasci e delle corporazioni. Tuttavia, non ha mai svolto un ruolo effettivo e quindi da molto tempo si voleva abolirlo. Per quanto riguarda le province, di fatto non si votano più da alcuni anni e ora le si abolisce del tutto.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">CAPITOLO 2 - PRO E CONTRO</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La campagna per il referendum di questo autunno è condotta dai comitati per il SÌ e quelli per il NO.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">A favore della riforma, si sono schierati naturalmente i partiti che l’hanno votata in parlamento: il Partito Democratico, Ncd e Ala di Verdini. La minoranza del Pd è però poco convinta, perché avrebbe preferito che i senatori fossero eletti direttamente dai cittadini. Ai partiti si sono aggiunti 184 accademici che hanno firmato un documento a sostegno della riforma.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Sul fronte del no, troviamo invece i partiti di opposizione: Movimento 5 Stelle, Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Sinistra Italiana. Un gruppo di 56 accademici, in questo caso tutti costituzionalisti tra cui diversi ex giudici della corte costituzionale, hanno sottoscritto una lettera per esprimere i motivi del loro dissenso.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Le ragioni di merito.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> Ma veniamo alle ragioni sostenute dalle due parti, iniziando dal merito della riforma. Tra i favorevoli, si sostiene che la carta costituzionale abbia bisogno di un aggiornamento, fermi restando i principi di base, che rimangono immutati. È da 30 anni che si creano commissioni parlamentari con questo intento, le quali si pongono come priorità proprio quelle di superare il bicameralismo paritario, con il meccanismo della navetta, e di aggiustare il Titolo V sui rapporti fra stato e regioni.</span></span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Dalla parte dei contrari, molti condividono la necessità di superare il bicameralismo paritario ma non in questo modo. Infatti, si sostiene che il progetto del governo rischi di complicare il procedimento legislativo invece di semplificarlo, proprio per le numerose modalità in cui può svolgersi, con tutte le eccezioni e i casi particolari che sono stati previsti. Inoltre, si teme che il nuovo senato non riuscirà a perseguire il suo principale obiettivo, cioè quello di rappresentare efficacemente le regioni, a causa di come è disegnato. Altri affermano che i senatori avranno ancora troppi poteri per essere rappresentanti non eletti direttamente dai cittadini.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il fronte del sì respinge queste argomentazioni, aggiungendo che la riforma permetterà di approvare le leggi più rapidamente e di risparmiare alcune centinaia di milioni di euro dall’eliminazione dell’indennità dei senatori (cioè la parte principale del loro stipendio), dall’abolizione del Cnel e delle province, dal tetto ai compensi dei consiglieri regionali e dalla soppressione dei finanziamenti ai gruppi consiliari.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">I contrari alla riforma ribattono che l’Italia ha già più leggi di molti altri paesi europei e che i risparmi saranno inferiori, nell’ordine di poche decine di milioni, un euro a cittadino o poco più, ed inoltre quando si parla di istituzioni che fanno funzionare la democrazia, non si dovrebbe ragionare in termini di costi monetari.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Le ragioni di metodo.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> Venendo al metodo con cui la riforma è stata approvata, i contrari affermano che il governo ha sbagliato a farsi promotore del cambiamento della Costituzione, dato che questo è un compito tradizionalmente riservato al parlamento. Inoltre, la riforma è stata approvata dalla sola maggioranza di governo, senza accordi con le opposizioni.</span></span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">I favorevoli rispondono che non è scritto da nessuna parte che il governo non possa occuparsi della Costituzione ed inoltre si è provato a coinvolgere le opposizioni ma queste hanno fatto delle barricate. In particolare, Forza Italia aveva votato la prima versione della riforma, salvo poi cambiare idea per motivi non legati al suo contenuto.</span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Dal fronte del no, una delle principali critiche riguarda la trasformazione del referendum in un plebiscito sulla figura di Matteo Renzi, dato che il premier ha pubblicamente annunciato che si dimetterà in caso di sconfitta.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Le ragioni politiche.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> Ci sono infine delle ragioni politiche che dividono i due fronti. Dalle file del no, si alzano alcune voci che evocano addirittura un rischio di autoritarismo. Certo, non tutti i contrari alla riforma condividono questo allarme, però viene comunque riconosciuto un danno all’equilibrio dei poteri, generato dall’effetto combinato di questa riforma e delle nuova legge elettorale. Infatti, il cosiddetto Italicum darà il controllo della Camera all’unico partito vincitore delle elezioni, anche se questo avrà ottenuto solo il 20-25% dei voti al primo turno. In più, con la riforma costituzionale, non ci sarà più nemmeno un senato in grado di garantire un giusto contrappeso. Il risultato, secondo il fronte del no, sarà un accentramento dei poteri nelle mani del governo.</span></span></div>
</div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">I sostenitori del sì ribadiscono che il referendum è sulla riforma costituzionale e non su quella elettorale e comunque, a loro avviso, parlare di rischio di autoritarismo è assurdo, poiché nelle democrazie moderne esistono tutta una serie di contrappesi, come il presidente della repubblica e la corte costituzionale.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">CONCLUSIONE</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: inherit; font-style: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Come abbiamo detto, la Costituzione è la legge fondamentale di uno stato. Contiene i diritti e i doveri dei cittadini e stabilisce quali istituzioni servono per far funzionare la democrazia. Per questo, il referendum è così importante. E per questo, è così importante andare a votare.</span></div>
</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-21977723130182079332016-06-24T14:59:00.001+02:002016-06-24T15:06:19.969+02:00Forse è meglio così. E ora? - Riflessione sulla Brexit<div style="text-align: justify;">
Forse è stato meglio così. Il Regno Unito non è mai stato interessato a far parte di un'unione politica ma solo di un mercato unico. Ora lo si ammetta nel mercato comune europeo come non membro Ue (alla stregua di Islanda, Liechtenstein e Norvegia) e si chiuda la questione in tempi rapidi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per quanto riguarda l'Unione Europea, adesso può integrarsi maggiormente perseguendo l'obiettivo previsto dai trattati della "ever closer union" (un'unione sempre più stretta), in modo da funzionare davvero come dovrebbe (e soprattutto far funzionare l'unione monetaria che, così com'è, sta facendo parecchi danni). Da europeista, mi auguro di cuore che questo accada, ma se mi guardo attorno non posso che essere pessimista.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Infatti, l'avversione verso l'Ue non è una prerogativa dei britannici. Molti altri paesi europei, Italia compresa, sono divisi circa a metà tra chi vuole rimanere e chi vuole lasciare l'Ue. I motivi per cui molti cittadini inglesi hanno votato per il leave sono gli stessi che animano gli euroscettici degli altri paesi. Il principale di questi riguarda gli effetti della globalizzazione. Parlo dell'immigrazione, il cui aumento repentino ha spaventato larghe fette della popolazione, che si sono ritrovate improvvisamente in una società multiculturale che non sono riuscite a comprendere. Ma parlo anche della globalizzazione economica. I trattati di libero scambio, così come l'immigrazione, sono una cosa positiva per l'economia nel suo complesso, tutti gli studi concordano a riguardo. Il problema è che entrambi questi fenomeni danneggiano alcuni strati sociali, i più deboli, i più poveri, i meno istruiti. I cosiddetti "sconfitti della globalizzazione". Sono persone che perdono il lavoro perché se ne va in Cina o in India e che vedono i loro figli o nipoti senza prospettive. Per questo se la prendono con la classe dirigente, con l'élite, che non è riuscita a proteggerle. E in questa categoria ci finisce pure l'Unione Europea, vista come la quintessenza della tecnocrazia, lontana dal popolo, che impone restrizioni economiche e regolamenti assurdi. Se l'Ue vuole salvarsi, è arrivato il momento per i paesi europei di unirsi veramente e combattere insieme le diseguaglianze e le incertezze create dal mondo globalizzato di oggi.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-81879671510525381962016-06-04T14:42:00.001+02:002016-06-04T14:55:19.598+02:00Guida alle elezioni amministrative 2016<div align="center">
<img border="0" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQfU5teZ9JSDt0ikDy8N6Ww9T4IzjuclRwrewEMcaBXZsyOM4qJbNV5Ygn4yGk9AxVpI3C748WuoI9d2khFbfGVC6kkQoDg37L61CRUFh0G5MIu5IG42mtT_89pYfbmqEWlFM58vkkNtY/s400/amministrative+2016.jpg" width="400" /></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"><a href="http://www.muovereleidee.it/2016/05/31/guida-alle-elezioni-amministrative-2016/" target="_blank">Originariamente pubblicato su Muovere Le Idee.</a></span><br />
<strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"><br /></strong>
<strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">Domenica 5 giugno</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">,</span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">dalle 7 alle 23 </strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">(dalle 8 alle 22 in Friuli), saranno aperti i seggi elettorali in circa 1350 comuni per il rinnovo dei consigli comunali e l’elezione dei nuovi sindaci. Gli eventuali ballottaggi si terranno due settimane dopo,</span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">domenica 19 giugno</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">. Saranno chiamati alle urne 13 milioni di italiani. Si voterà anche nella capitale, </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">Roma</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">, e in molti capoluoghi importanti come </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">Milano</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">, </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">Napoli</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">, </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">Torino</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">,</span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">Cagliari</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">,</span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">Trieste</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">e a</span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">Bolzano</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> (</span><a href="http://www.comune.bolzano.it/context.jsp?ID_LINK=4736&area=19" style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px; margin: 0px; padding: 0px;" target="_blank"><span style="color: #3d85c6;">dove in realtà si è già votato</span></a><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">, essendo in una regione a statuto speciale). Il Sole 24 Ore ha calcolato che complessivamente i candidati saranno</span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">77 mila</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">, con il record di</span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">41 liste</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">a Napoli e un budget complessivo che gli eletti dovranno gestire di </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">55 miliardi</strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">di euro. In ogni comune possono votare tutti i</span><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"> </span><strong style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">residenti </strong><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;">che siano cittadini italiani o cittadini di un altro stato dell’Unione Europea (questi ultimi solo se </span><a href="http://www.interno.gov.it/it/temi/elezioni-e-referendum/cittadini-comunitari-urne" style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px; margin: 0px; padding: 0px;" target="_blank"><span style="color: #3d85c6;">ne hanno fatto domanda</span></a><span style="background-color: white; font-family: inherit; line-height: 24px;"><span style="color: #3d85c6;"><u> a tempo debito</u></span>).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; line-height: 43.2px; margin: 10px 0px 0px; padding: 0px; text-align: left; text-transform: uppercase;">
<span style="font-family: inherit;"><b>COME SI VOTA</b></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Attenzione! Queste regole valgono per le regioni a statuto ordinario. Ci potrebbero essere alcune differenze in quelle a statuto speciale.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="text-decoration: underline;"><strong><span style="font-family: inherit;">Comuni oltre i 15.000 abitanti (10.000 in Sicilia)</span></strong></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Si vota su un’unica scheda, dove saranno elencati tutti i candidati sindaco e, a fianco di ciascuno, le liste che lo supportano. È possibile votare in <strong>tre modi</strong>:</span></div>
<span style="background-color: white; font-family: inherit; font-size: 16px; line-height: 24px;"></span><br />
<ul><span style="background-color: white; font-family: inherit; font-size: 16px; line-height: 24px;">
<li><span style="font-family: inherit;">tracciando un segno solo sul nome del candidato sindaco: in questo modo, si vota soltanto lui e nessuna delle liste collegate;</span></li>
<li><span style="font-family: inherit;">tracciando un segno solo sul simbolo di una lista: in questo modo, si vota sia la lista che il candidato sindaco a cui è collegata;</span></li>
<li><span style="font-family: inherit;">tracciando un segno sia su una lista che su un candidato sindaco non collegato ad essa (è il cosiddetto “</span><strong style="font-family: inherit;">voto disgiunto</strong><span style="font-family: inherit;">“).</span></li>
</span></ul>
<span style="background-color: white; font-family: inherit; font-size: 16px; line-height: 24px;">
</span><br />
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Se si traccia un segno su una lista è possibile esprimere una o due <strong>preferenze</strong> scrivendo il cognome del candidato consigliere di cui si vuole agevolare l’elezione. Se però le preferenze che si vogliono assegnare sono due, devono essere di sesso diverso.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Viene eletto sindaco il candidato che raggiunge il 50% più uno dei voti validi. Se questa soglia non viene raggiunta, si terrà un secondo turno di <strong>ballottaggio</strong>, a cui accederanno i due candidati che hanno ottenuto più voti nel primo turno e da cui uscirà il vincitore. Tra i due turni, le liste il cui candidato sindaco è stato estromesso dalla corsa possono decidere di <strong>apparentarsi</strong> ad uno dei due candidati che si sfideranno al ballottaggio.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">I seggi in consiglio comunale vengono assegnati in modo <strong>proporzionale</strong> (<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_D%27Hondt" style="margin: 0px; padding: 0px;" target="_blank"><span style="color: #3d85c6;">con il medoto d’Hondt</span></a>). Alle liste collegate al candidato sindaco vincente viene assegnato almeno il <strong>60% dei seggi </strong>(con un turno solo, c’è la condizione che esse devono aver raggiunto almeno il 40% dei voti validi).</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="text-decoration: underline;"><strong><span style="font-family: inherit;">Comuni sotto i 15.000 abitanti</span></strong></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Si vota su un’unica scheda, dove saranno elencati tutti i candidati sindaco e, a fianco di ciascuno, la lista che lo supporta. Si vota tracciando un segno sul candidato sindaco che si favorisce. In questo modo, verrà votata anche la lista che lo accompagna. È possibile esprimere una <strong>preferenza</strong>, scrivendo il candidato consigliere di cui si vuole agevolare l’elezione. Nei comuni sopra i 5.000 abitanti, le preferenze possono essere due, purché di sesso diverso.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Viene eletto il candidato sindaco che ha ottenuto il <strong>maggior numero </strong>di voti (è previsto il ballottaggio solo in caso di parità fra le liste più votate). Alla lista vincitrice spettano i due terzi dei seggi in consiglio comunale, mentre i posti restanti vengono distribuiti in modo proporzionale fra le altre formazioni.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Se in un comune si dovesse presentare <strong>una lista soltanto</strong>, le elezioni saranno valide solo nel caso che si rechino ai seggi il 50% più uno degli aventi diritto al voto (e che almeno la maggioranza di essi esprima un voto valido). In caso contrario, il comune verrà commissariato e si tornerà alle urne nel successivo turno elettorale.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">In generale, queste elezioni comunali segnano una certa <strong>discontinuità </strong>rispetto al passato. Le tradizionali coalizioni di centrodestra e centrosinistra, favorite fino ad oggi anche dal sistema elettorale previsto per i comuni, sembrano ora in via di smantellamento. A sinistra per esempio, in molte città di medie e grandi dimensioni, il Partito Democratico e i partiti più a sinistra correranno separati. Questo è ancora più vero per il centrodestra che, sebbene a Milano si sia presentato unito, in altri posti è spaccato a metà, con Forza Italia da una parte e Lega Nord e Fratelli d’Italia dall’altra (come succede a Roma).</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Solitamente le elezioni amministrative hanno conseguenze politiche anche a livello di <strong>governo nazionale</strong>. Da sempre vengono considerate un test sull’esecutivo. Tuttavia, questa volta, il premier Renzi sembra aver riposto maggiore attenzione sul referendum sulla riforma costituzionale del prossimo autunno, attirando le critiche dell’opposizione secondo cui sta mettendo le mani avanti prevedendo una possibile sconfitta.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<b style="line-height: 24px;">LE ELEZIONI NELLE CITTÀ PI</b><span style="background-color: transparent; line-height: 24px;"><b>Ù</b></span><b style="line-height: 24px;"> IMPORTANTI</b></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="text-decoration: underline;"><strong><span style="font-family: inherit;">Le elezioni a Roma</span></strong></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">La capitale sta uscendo da un periodo difficile, tra gli scandali di Mafia Capitale e il commissariamento dovuto alle dimissioni di Ignazio Marino. In questo quadro, è cominciata una campagna elettorale tutto tranne che noiosa. I sondaggi danno in vantaggio la candidata del Movimento 5 Stelle <strong>Virginia Raggi</strong>, avvocatessa scelta con le comunarie online, che dovrebbe quasi sicuramente arrivare al ballottaggio. Dietro di lei il candidato del Partito Democratico <strong>Roberto Giachetti</strong>, vicepresidente della Camera ed ex radicale, che ha stravinto le primarie a marzo. Sinistra Italiana ed altri partiti della sinistra radicale corrono invece da soli, sostenendo il deputato fuoriuscito da alcuni mesi dal Pd, <strong>Stefano Fassina</strong>. Nel centrodestra invece il processo che ha portato alle elezioni non è stato così liscio. Dopo che fra Forza Italia, Lega Nord (che a Roma si chiama Noi con Salvini) e Fratelli d’Italia i tentativi di trovare una candidatura comune sono falliti, il partito di Berlusconi ha dapprima scelto di sostenere l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, per poi convergere sul candidato centrista <strong>Alfio Marchini</strong>, sostenuto anche dal Nuovo Centro Destra. Lega Nord e Fratelli d’Italia correranno insieme, portando avanti la candidatura di <strong>Giorgia Meloni</strong>. I sondaggi pubblicati prima del blackout imposto dalla legge vedono Giachetti, Marchini e Meloni giocarsi il secondo posto al primo turno.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="text-decoration: underline;"><strong><span style="font-family: inherit;">Le elezioni a Milano</span></strong></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Nella capitale economica del paese, la situazione è più chiara e, in controtendenza rispetto a Roma e ad altre città, centrodestra e centrosinistra corrono uniti. A destra, Forza Italia, Ncd, Lega e Fratelli d’Italia sostengono <strong>Stefano Parisi</strong>, ex manager pubblico ed ex amministratore delegato di Fastweb, che nei sondaggi è appaiato al candidato di Pd e Sinistra Italiana, <strong>Giuseppe Sala</strong>, ex commissario Expo che ha vinto le primarie dello scorso febbraio. Alla sua sinistra, trova la lista Milano in Comune, composta tra gli altri da Rifondazione e Possibile, che porta avanti la candidatura di <strong>Basilio Rizzo</strong>. Il Movimento 5 Stelle, che aveva organizzato delle primarie per decidere il proprio candidato, ha inizialmente scelto Patrizia Bedori, alla cui rinuncia è subentrato <strong>Gianluca Corrado</strong>. Inizialmente aveva avanzato la propria candidatura anche l’ex amministratore delegato di Banca Intesa Corrado Passera, che però si è ritirato ed è finito per appoggiare Parisi.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="text-decoration: underline;"><strong><span style="font-family: inherit;">Nelle altre città</span></strong></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">A <strong>Napoli</strong> i sondaggi danno in largo vantaggio il sindaco uscente Luigi De Magistris, ex magistrato e parlamentare europeo sostenuto da liste civiche, Sinistra Italiana e Possibile. Lo sfidano da destra il candidato di Forza Italia Gianni Lettieri e quello di Lega e Fratelli d’Italia Marcello Taglialatela e da sinistra la candidata del Pd Valeria Valente. Il Movimento 5 Stelle presenta invece Matteo Brambilla.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">In vantaggio a <strong>Torino</strong> è invece il sindaco uscente del Pd Piero Fassino, la cui principale rivale sarà Chiara Appendino del M5S.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-family: inherit;">Anche a <strong>Bologna</strong> si prevede la vittoria del sindaco uscente Pd Virginio Merola, sfidato dalla candidata della Lega (ma appoggiata da tutto il centrodestra) Lucia Bergonzoni.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="text-decoration: underline;"><strong><span style="font-family: inherit;">Link di approfondimento</span></strong></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<a href="http://www.giornalettismo.com/archives/1949388/elezioni-2016-amministrative-e-comunali-news/" style="margin: 0px; padding: 0px;" target="_blank"><span style="color: #3d85c6; font-family: inherit;">Approfondimento sulla situazione delle città più importanti.</span></a></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<a href="https://www.reddit.com/r/italy/comments/4k1y7z/vademecum_amministrative_2016/" style="margin: 0px; padding: 0px;" target="_blank"><span style="color: #3d85c6; font-family: inherit;">Programmi e articoli sui principali candidati delle città più grandi.</span></a></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<a href="http://elezioni.interno.it/contenuti/report/Elenco_enti_part_elez_primavera_2016_agg_23_05_2016.pdf" style="margin: 0px; padding: 0px;" target="_blank"><span style="color: #3d85c6; font-family: inherit;">Elenco dei comuni al voto con relativa popolazione.</span></a></div>
<div style="background-color: white; line-height: 24px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<a href="http://elezioni.interno.it/contenuti/report/elenco_sindaci_e_liste_al_26-05-2016.pdf" style="margin: 0px; padding: 0px;" target="_blank"><span style="color: #3d85c6; font-family: inherit;">Elenco dei candidati sindaco e delle liste per ciascun comune.</span></a></div>
</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5287769799403024378.post-57968113126429337242016-05-13T11:28:00.001+02:002016-05-21T18:43:20.420+02:00Cosa sono destra e sinistra in politica<div align="center">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/mpvMfgSXuDw" width="400"></iframe></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<i>Con alcuni amici, ho costituito un gruppo denominato </i>Muovere Le Idee<i>. Il nostro intento è di spiegare la politica attraverso video brevi e leggeri da diffondere sul web. Ecco la versione originale, scritta da me, del copione del nuovo video.</i></div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
I concetti di destra e sinistra rappresentano uno dei tormentoni della politica. Questi termini sono molto in voga fra chi la politica la pratica e la segue da vicino. Renzi afferma di essere di sinistra ma molti lo accusano di essere di destra. Salvini viene collocato da molti all’estrema destra. Secondo Grillo, invece, destra e sinistra non hanno più senso di esistere. Una cosa è certa: queste categorie sono cadute un po’ in disuso ultimamente e il leader dei 5 stelle non è l’unico a considerarle inutili. Per capire se questa tesi è corretta, vediamo insieme come destra e sinistra sono nate e quali significati hanno assunto nel tempo.</div>
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<b><br /></b></div>
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<b>LA STORIA</b></div>
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L’uso dei concetti di destra e sinistra in politica è cominciato un po’ per caso. Siamo nel 1789, si è appena conclusa la Rivoluzione Francese e vengono inaugurati gli Stati Generali: l’assemblea di nobiltà, clero e Terzo Stato chiamata a condividere il potere col re. Nel momento di entrare nella sala della riunione, con i posti a sedere distribuiti a semicerchio, i presenti si divisero secondo le loro idee politiche: i conservatori e i difensori dell’antico regime si sedettero a destra rispetto al presidente, i rivoluzionari e i radicali a sinistra mentre al centro rimase chi non aveva una posizione precisa.</div>
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<br /></div>
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Da allora, la democrazia ha preso sempre più piede e il suffragio, cioè la parte di popolazione a cui è consentito votare, è stato progressivamente esteso. Nel frattempo, sono nati i partiti, ciascuno dei quali cerca di rappresentare una parte dell’elettorato. Nell’opinione pubblica, infatti, hanno cominciato ad emergere le prime fratture sociali, una caratteristica fondamentale di una società pluralistica. I politologi Lipset e Rokkan hanno individuato diverse divisioni sociopolitiche, che si sono succedute nel tempo per importanza: quella fra il centro e la periferia, fra stato e chiesa, fra città e campagna, fra lavoratori e datori di lavoro. I termini destra e sinistra sono serviti come contenitori concettuali di tutte queste fratture ma hanno avuto particolarmente fortuna con l’ultima: quella fra lavoratori e datori di lavoro. Infatti, da una parte c’erano i partiti di destra, schierati in difesa degli interessi degli imprenditori, e dall’altra i partiti di sinistra, volti a tutelare dipendenti e operai. Tuttavia, questa frattura sociale ha cominciato a perdere importanza già da qualche decennio, a causa dei mutamenti che hanno interessato sia la politica che l’economia.</div>
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<br /></div>
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<b>LA TEORIA</b></div>
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<br /></div>
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Ma se destra e sinistra hanno assunto diversi significati nel tempo, allora come possiamo distinguerle? Norberto Bobbio, un grande filosofo italiano, ha proposto un modo per farlo. A suo avviso, ciò che in fondo differenzia destra e sinistra è il loro atteggiamento verso le disuguaglianze. Chi è di sinistra ritiene che per una buona convivenza sia più importante ciò che accomuna gli individui, mentre chi è di destra sottolinea l’importanza delle differenze. Inoltre, mentre per la sinistra le disuguaglianze sono perlopiù sociali ed eliminabili, per la destra esse sono create dalla natura e quindi non possono essere evitate. Queste posizioni non sono mai assolute: nessuno ritiene che dovremmo essere uguali in tutto o che non si debba correggere nessuna disuguaglianza, ma questa diversità di vedute si traduce nel supporto di politiche che spingono più da una parte o dall’altra.</div>
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<br /></div>
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Altri studiosi sostengono che destra e sinistra non bastino a rappresentare tutte le idee politiche e che servano altri due termini: libertà e autorità. Mentre alcuni pensano che la destra sia libertaria e la sinistra autoritaria, molti ritengono invece che si tratti di due dimensioni che si intrecciano tra loro: destra e sinistra da una parte e libertà e autorità dall’altra. Lo stesso Bobbio crede che il libertarismo rappresenti la parte moderata sia della destra che della sinistra, mentre l’autoritarimo sia il principio guida delle rispettive fazioni estremiste.</div>
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<b>I VALORI</b></div>
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<br /></div>
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Storicamente, destra e sinistra sono state distinte in base ad una serie di valori, riferiti a vari aspetti della vita e della società, che vanno però interpretati come tendenze generali e non in senso assoluto:</div>
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</div>
<ul>
<li>rispetto alla religione, la destra è caratterizzata da un forte sentimento religioso, mentre la sinistra è laica (cioè promuove la separazione tra gli affari della fede e quelli dello stato);</li>
<li>rispetto all’economia, la destra è più incline a lasciare che sia il mercato a decidere la distribuzione delle risorse economiche, mentre la sinistra è favorevole ad un ruolo più rilevante dello stato;</li>
<li>sotto il profilo sociale, la destra è tendenzialmente dalla parte degli imprenditori e dei liberi professionisti, mentre la sinistra sta con i lavoratori dipendenti e gli operai;</li>
<li>nei rapporti fra le persone, la destra è più per la gerarchia, lo status e il merito, la sinistra per i rapporti di parità, per la giustizia e l’uguaglianza;</li>
<li>nell’atteggiamento verso la vita e nei valori personali, la destra si riconosce nella tradizione e nella conservazione, mentre la sinistra nel progresso e nel cambiamento.</li>
</ul>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>NELLA PRATICA</b></div>
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<br /></div>
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Ma veniamo al tipo di forze politiche che sono cadute sotto queste etichette nel corso della storia. Nell’Ottocento, i temi su cui si scontrano destra e sinistra sono quelli del suffragio e dell’economia. Da una parte la destra, appoggiata dai ceti più abbienti, cerca di mantenere il voto riservato a chi detiene un certo patrimonio e spinge per la liberalizzazione dei commerci con l’estero. Dall’altra parte, la sinistra tenta di estendere il suffragio, dando maggiore potere alla popolazione più povera, e preme per un maggiore protezionismo dalla concorrenza straniera.</div>
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Nella prima parte del Novecento, emergono gli estremismi di destra e sinistra, che condividono un approccio autoritario al potere. Con la rivoluzione d’ottobre del 1917, il partito comunista instaura in Russia un regime che abolisce la proprietà privata e nazionalizza tutte le attività economiche, al fine di dare il potere alla classe lavoratrice, prima sfruttata dai detentori del capitale. Pochi anni più tardi, in paesi come Italia e Germania, salgono al potere regimi fascisti e nazionalsocialisti, che mirano a riaffermare i valori della tradizione e della patria, oltre a diffondere il culto della forza e dell’autorità.</div>
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Dopo la fine della seconda guerra mondiale, con la nascita delle democrazie moderne nell’Europa Occidentale, destra e sinistra rinascono principalmente intorno alla divisione sociale tra imprenditori e operai. A destra si formano i partiti popolari e cristiani, a sinistra quelli socialisti, socialdemocratici e comunisti. In Italia, però, abbiamo una situazione un po’ particolare, con un grande partito di centro, la Democrazia Cristiana, che governa per molti anni da sola con alleati di scarso peso. Alla sua destra c’è il Movimento Sociale, un partito di estrema destra che si richiama all’esperienza fascista. Mentre, alla sua sinistra, troviamo il partito socialista e quello comunista, con quest’ultimo che fa riferimento all’omologo sovietico.</div>
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Il panorama politico italiano si trasforma radicalmente all’inizio degli anni Novanta, con la nascita della cosiddetta Seconda Repubblica. Da quel momento, due grandi coalizioni di centrodestra e centrosinistra si alterneranno al governo per i successivi vent’anni.</div>
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Per citare qualche partito odierno, partendo da sinistra troviamo Sinistra Italiana e il Partito Democratico, a destra abbiamo invece il Nuovo Centro Destra, Forza Italia, la Lega Nord e Fratelli d'Italia. C'è poi il Movimento 5 Stelle che però rifiuta di collocarsi su quest'asse.</div>
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<br /></div>
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<b>CONCLUSIONE</b></div>
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Sebbene destra e sinistra non siano sempre state le stesse nel corso del tempo, i loro rispettivi valori fondamentali sono rimasti immutati. È vero: non è facile capire cosa siano esattamente l’una e l’altra, tuttavia sembrano aver sempre svolto un ruolo fondamentale nell’orientare l’opinione pubblica nello spazio politico. Almeno fino ad oggi. Negli ultimi anni, infatti, sono apparsi nuovi partiti, definiti da molti “populisti” per il loro stile nel far politica, che rifiutano le vecchie etichette di destra e sinistra. Tuttavia, in molti casi, le loro posizioni permettono ancora di classificarli in queste due categorie.</div>
Fabio Fontanahttp://www.blogger.com/profile/04794828710041807374noreply@blogger.com1