venerdì 26 luglio 2013

Caso Shalabayeva: responsabilità di chi?

Venerdì è stata votata la mozione di sfiducia individuale presentata da M5S e Sel nei confronti del ministro dell’interno e vicepremier Angelino Alfano per le sue responsabilità nel caso Shalabayeva, in quanto massima autorità politica del Viminale. È superfluo ricordare l’esito della votazione: il Pd ha dovuto chinare il capo (la responsabilità prima di tutto, non sia mai che il paese si trovi senza questo salvifico governo) e il Pdl ha vinto un’altra volta.

Della vicenda di Alma e Alua, rispettivamente moglie e figlia di Mukhtar Ablyazov, principale oppositore del regime dittatoriale kazako, sappiamo ancora poco, ma le informazioni in nostro possesso ci bastano per esprimere un’opinione sull’accaduto. La donna e la bambina sono state prelevate dalla loro abitazione con un raid a cui hanno partecipato 40 agenti, la donna è stata tenuta 48 ore in uno dei centri per clandestini (vere e proprie carceri) per poi essere di fatto deportata nel suo paese, con una procedura al limite della legalità che fa impallidire la teoria sulle lungaggini della burocrazia italiana. Tutto ciò coordinato a regola d’arte da diplomatici kazaki che avevano praticamente preso possesso della stanza dei bottoni al ministero dell’interno. Ora, se anche qualche azzeccagarbugli riuscisse a dimostrare che, in base a qualche cavillo legale, le procedure seguite siano inoppugnabili (il che non sembra proprio), è chiaro che consegnare le famigliari di un dissidente politico al dittatore che lo perseguita, in modo che possa usarle come ostaggi, non è esattamente un atto di cui andare fieri.

In un paese normale, questi fatti porterebbero immediatamente la carica politica coinvolta (nella fattispecie il ministro dell’interno) a dimettersi senza nemmeno la necessità di interpellare il parlamento. Ma il nostro non è un paese normale. Così le opposizioni hanno dovuto presentare una mozione di sfiducia individuale nei confronti di Angelino Alfano. Era loro preciso dovere farlo e l’hanno fatto. Ciò che sorprende sono le reazioni stupefatte di diversi esponenti politici (soprattutto nella parte dem della maggioranza) alle barricate alzate dal Pdl intorno al suo segretario. Davvero potevano credere che si sarebbe dimesso spontaneamente per una “semplice” violazione dei diritti umani? Vogliamo ricordare che lo stesso Alfano proviene da una precedente esperienza governativa durante la quale naufraghi che avevano attraversato il Mediterraneo a bordo di carrette del mare venivano sistematicamente respinti indietro (senza verificare se potessero avanzare diritto d’asilo, un principio costituzionale) nelle braccia di un tiranno (Gheddafi, come quello kazako, sodale di Berlusconi) che li abbandonava nel deserto a morire di fame (fatti accertati da numerose inchieste giornalistiche).

È chiaro che le dimissioni di Alfano sono fortemente auspicabili ma, allo stesso tempo, sappiamo essere vane le speranze che arrivino per via dell’anomala natura del centrodestra nel nostro paese. Ciononostante non è la cacciata di Alfano quella che mi sembra più urgente al momento. Del resto quello che si può considerare il prestanome del Pdl ha i mesi contati: non appena Berlusconi verrà condannato per le sue vicende giudiziarie o si tornerà a elezioni con la candidatura supercompetitiva di Renzi, il Pdl sparirà e Alfano tornerà ad occupare la posizione sociale che gli compete. Ciò che mi preoccupa di più sono tutti quei funzionari e semplici agenti che hanno alacremente obbedito agli ordini dall’alto senza batter ciglio, anzi gioiendone per le promozioni che ne sarebbero conseguite (come hanno riportato alcune cronache giornalistiche). Qualcuno ai ranghi più alti è già saltato (ma solo per salvare il ministro), mentre tutto il resto dell’apparato non è stato nemmeno sfiorato. Si può dire che quelli sono uomini dello stato che stavano soltanto eseguendo le direttive assegnate, che stavano solo facendo il loro lavoro. Ma anche le guardie dei campi di concentramento facevano solo il loro lavoro. Ognuno è responsabile per le proprie azioni. Potevano anche non avere tutte le informazioni su quello che stava accadendo ma, umanamente, come si può permettere che una donna indifesa e la sua bambina di sei anni vengano trascinate via dalla loro casa (con annesse percosse ai loro famigliari parrebbe) e spedite dall’altra parte del mondo? Non sarebbe forse il caso di valutare anche le loro responsabilità? Non serve avere un cuor di leone per denunciare all’opinione pubblica, tramite la stampa, misfatti del genere. Basta avere una coscienza.

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