martedì 10 gennaio 2012

Quale cibo nel nostro futuro?

A scuola l'insegnante ci ha chiesto di svolgere un tema sull'alimentazione, la traccia è quella degli ultimi esami di stato (vedi tracce, pg.4).

Nel passato, tra le persone di cultura cristiana ma non solo, si era soliti ringraziare dio e rendergli onore prima di iniziare a mangiare. Oggi questa sacralità del cibo si è persa. Il cibo è diventata una merce, quotata sui mercati internazionali alla stregua del petrolio e del gas, soggetta alla speculazione come gli immobili e i titoli di stato.
L'identificazione dei prodotti alimentari come un mero strumento con cui fare denaro è pienamente esemplificata dall'attività delle multinazionali, le quali trovano sempre più consenso tra i consumatori a scapito dei mercati rionali e dei prodotti dalla filiera corta.
Nei paesi sviluppati la cementificazione selvaggia ruba sempre più terre all'agricoltura (in Italia, ogni giorno, se ne perdono per un'estensione pari a 7 volte piazza del duomo a Milano). Così, le multinazionali fanno degli accordi con i governi africani per acquistare o affittare grossi appezzamenti di terreno che vengono sottratti all'agricoltura di sussistenza delle popolazioni locali; viene così aggravato il problema della fame nel mondo. Queste monocolture estensive assestano un duro colpo alla biodiversità e sono spesso praticate con OGM e fertilizzanti chimici che, oltre a dare serie preoccupazioni per la salute, riducono la qualità e le proprietà del prodotto.
Ma la questione del cibo è legata a doppio filo a quella dell'acqua, che non a caso è anche chiamata "oro blu". Quando le multinazionali acquistano dei terreni, acquisiscono anche il diritto di usare le falde sotterranee. L'acqua poi è un motivo di conflitto tra i vari stati, soprattutto in Africa, dove capita spesso che lo stato dove nasce il fiume costruisca dighe per sfruttare l'acqua il più possibile ma, così facendo, priva di queste risorse lo stato più a valle.
Un'altra prova della mercificazione dei prodotti agricoli la troviamo nella forte speculazione internazionale che ha fatto impennare il prezzo del grano; aumento dovuto anche alla scelta di destinare alcune colture ai biocarburanti, sottraendo terreni alla produzione di cibo che servirà sempre di più su un pianeta che raggiungerà i nove miliardi di abitanti nel 2050.
Tutto ciò si riflette inevitabilmente sulla concezione del cibo del singolo consumatore. Gli italiani stanno abbandonando la buona cucina, sostituendola con prodotti grassi e dolci che, insieme ad uno stile di vita sedentario, portano a malattie cardiache e di altro tipo.
L'Italia è uno dei paesi al mondo con la più alta speranza di vita proprio per la sua tradizione culinaria, alla cui base c'è la Dieta Mediterranea, una dieta povera che contempla alimenti salubri e in giusto equilibrio fra loro.
Mentre in passato la consumazione del cibo era un momento imprescindibile della giornata, in cui era importante anche il fattore umano della socializzazione, oggi il pranzo e la cena sono fissati in base agli altri impegni e spesso sono consumati in fretta.
Questa non è una situazione sostenibile ma va cambiata attraverso un mutamento dei nostri costumi e una maggiore sensibilizzazione delle persone, magari sin da quando sono giovani con un programma di educazione alimentare nelle scuole.
Questo è estremamente importante perché noi siamo quel che mangiamo e la nostra salute è determinata in primo luogo dagli alimenti che assumiamo.