È possibile crescere all'infinito? Dal punto di vista biologico, tutti noi sappiamo che la risposta è 'no': conclusa l'adolescenza, l'altezza che abbiamo raggiunto rimarrà la stessa per tutta la nostra vita. Sotto il profilo economico, se ci riflettiamo un momento, la risposta è altrettanto scontata: no. Com'è possibile pensare che la produzione possa crescere per sempre? Eppure tutti i media ci propinano la crescita come la panacea di tutti i mali dell'economia, dalla disoccupazione al debito pubblico.
Una diversa visione delle cose ci è stata offerta durante l'incontro sul tema "Come affrontare la crisi?", organizzato dalla Cooperativa Famiglie Lavoratori presso l'Auditorium della Cassa Rurale di Treviglio il 26 gennaio 2012 dove sono intervenuti Maurizio Pallante, che si occupa da anni di ambiente ed energia ed è leader del Movimento per la Decrescita Felice, e Andrea Di Stefano, esperto di finanza e direttore della rivista "Valori", mensile di economia sociale e sostenibilità edito da Banca Etica.
Nella prima parte della serata si è parlato delle cause della crisi che ha sconvolto il mondo nel 2008. La principale è stata trovata nel debito, sia quello degli stati sia quello dei privati cittadini. Secondo i due relatori la crisi è stata fin dal principio di tipo produttivo, con un eccesso di offerta di beni rispetto alla domanda. E se, fino ad allora, si era riusciti a mantenere il mercato in precario equilibrio con un alto debito che, facendo costare di più le merci, aveva permesso di sostenere l'equazione "offerta uguale domanda", all'improvviso il sistema è crollato su se stesso perché la maggior parte dei debiti non veniva più restituita (partendo dai mutui subprime negli Stati Uniti).
Nei paesi occidentali la crisi ha determinato un alto tasso di disoccupazione, per contenere il quale, a detta degli economisti ortodossi, «è necessario tornare a crescere». Ma Pallante ha fatto notare che in Italia, dal 1960 al 1999, a fronte di un Pil aumentato del 360%, gli occupati sono cresciuti solo di 400 mila unità.
A proposito del Pil, durante la conferenza, è stata ravvisata la necessità di sostituire questo misuratore di tipo quantitativo con uno di tipo qualitativo. Al Pil, infatti, sfuggono fenomeni come l'autoproduzione (il classico orto di casa, per esempio) o il lavoro delle casalinghe e porta al paradosso che se quest'anno ci fossero più ammalati e così si comprassero più medicinali, il Pil crescerebbe, dimostrando di non essere un'unità di misura affidabile del benessere di un popolo.
Detto ciò, i due esperti hanno suggerito le loro soluzioni all'attuale sistema economico fallimentare. Pallante ha illustrato le fondamenta su cui si basa il suo Movimento per la Decrescita Felice: lo sviluppo di tecnologie per abbattere gli sprechi (per capire l'entità del problema basti pensare che il 3% del Pil italiano è costituito da cibo che viene buttato via), la sensibilizzazione delle istituzioni verso queste tematiche e il cambiamento degli stili di vita. A tal riguardo, la discussione si è spostata quasi su un piano filosofico: decrescere nei consumi e nella dipendenza dai mercati internazionali, rimettere al centro il territorio e puntare sull'autoproduzione ci permetterebbe di avere più tempo a disposizione per le relazioni umane e per la nostra sfera sociale. Insomma, consumare meno per vivere meglio.
Secondo Di Stefano, invece, la soluzione sta nel mettere un freno alla "finanza Frankenstein", che oggi vale trenta volte di più del Pil del mondo. Altre misure riguardano l'introduzione della Tobin Tax (la tassa sulle rendite finanziarie), lo spostamento della pressione fiscale dal lavoro ai consumi, la creazione del reddito minimo garantito, un maggiore impegno nel risparmio energetico e la redistribuzione del reddito all'interno dei paesi sviluppati (negli ultimi 20-25 anni le entrate dell'1% più ricco della popolazione sono aumentate del 275%, quelle del restante 99% solo del 18).
Ai due relatori è stato poi chiesto cosa può fare, dal canto suo, il singolo individuo. Deve aspettare direttive dall'alto o può mettere in pratica delle azioni concrete già da subito? Di Stefano ha risposto che l'iniziativa migliore che una persona può intraprendere è quella di esercitare pressioni sulle amministrazioni locali affinché comincino ad adottare politiche virtuose nei campi della gestione dei rifiuti, dello sfruttamento della risorsa idrica, della mobilità e della ristrutturazione degli edifici pubblici per renderli più efficienti sotto il profilo energetico. Pallante ha aggiunto anche che è necessario prestare un'attenzione particolare alla propria abitazione, installando piccoli impianti di fonti rinnovabili e potenziando l'isolamento termico (punto debole degli edifici italiani, se paragonati a quelli tedeschi).
Molti di coloro che hanno preso parte a questo appuntamento, hanno realizzato di vivere in un mondo sull'orlo del baratro, drogato da decenni di energia a prezzo di saldo (ora in esaurimento) che, oltre ad averci abituato al consumismo più sfrenato, ha inquinato l'ambiente fino a farci giungere quasi al punto di non ritorno. Allo stesso tempo gli astanti hanno scoperto che una soluzione esiste e risiede nel mettere di nuovo al centro di tutto la persona umana e i suoi veri bisogni, ridimensionando i numeri di questa economia fine a se stessa. Perché, per dirla con le parole di Pallante, «la vita non dipende dallo spread, ma dalla fotosintesi clorifilliana».
Aggiornamento del 16/03/2012
Il professor Maurizio Pallante ha avuto modo di leggere questo articolo e l'ha così commentato:
«L'articolo dello studente dimostra un'intelligenza, una maturità, una volontà di capire e una capacità di comunicare l'essenziale con chiarezza, che non esito a definire straordinarie. Finché, nonostante tutti i giganteschi sforzi fatti per evitare che le persone pensino con la propria testa, continueranno a esserci ragazzi con queste caratteristiche, non tutto è perduto. Quell'articolo testimonia che l'irriducibilità degli esseri persiste testardamente a tutti i tentativi di annullamento e omologazione.»
Una diversa visione delle cose ci è stata offerta durante l'incontro sul tema "Come affrontare la crisi?", organizzato dalla Cooperativa Famiglie Lavoratori presso l'Auditorium della Cassa Rurale di Treviglio il 26 gennaio 2012 dove sono intervenuti Maurizio Pallante, che si occupa da anni di ambiente ed energia ed è leader del Movimento per la Decrescita Felice, e Andrea Di Stefano, esperto di finanza e direttore della rivista "Valori", mensile di economia sociale e sostenibilità edito da Banca Etica.
Nella prima parte della serata si è parlato delle cause della crisi che ha sconvolto il mondo nel 2008. La principale è stata trovata nel debito, sia quello degli stati sia quello dei privati cittadini. Secondo i due relatori la crisi è stata fin dal principio di tipo produttivo, con un eccesso di offerta di beni rispetto alla domanda. E se, fino ad allora, si era riusciti a mantenere il mercato in precario equilibrio con un alto debito che, facendo costare di più le merci, aveva permesso di sostenere l'equazione "offerta uguale domanda", all'improvviso il sistema è crollato su se stesso perché la maggior parte dei debiti non veniva più restituita (partendo dai mutui subprime negli Stati Uniti).
Nei paesi occidentali la crisi ha determinato un alto tasso di disoccupazione, per contenere il quale, a detta degli economisti ortodossi, «è necessario tornare a crescere». Ma Pallante ha fatto notare che in Italia, dal 1960 al 1999, a fronte di un Pil aumentato del 360%, gli occupati sono cresciuti solo di 400 mila unità.
A proposito del Pil, durante la conferenza, è stata ravvisata la necessità di sostituire questo misuratore di tipo quantitativo con uno di tipo qualitativo. Al Pil, infatti, sfuggono fenomeni come l'autoproduzione (il classico orto di casa, per esempio) o il lavoro delle casalinghe e porta al paradosso che se quest'anno ci fossero più ammalati e così si comprassero più medicinali, il Pil crescerebbe, dimostrando di non essere un'unità di misura affidabile del benessere di un popolo.
Detto ciò, i due esperti hanno suggerito le loro soluzioni all'attuale sistema economico fallimentare. Pallante ha illustrato le fondamenta su cui si basa il suo Movimento per la Decrescita Felice: lo sviluppo di tecnologie per abbattere gli sprechi (per capire l'entità del problema basti pensare che il 3% del Pil italiano è costituito da cibo che viene buttato via), la sensibilizzazione delle istituzioni verso queste tematiche e il cambiamento degli stili di vita. A tal riguardo, la discussione si è spostata quasi su un piano filosofico: decrescere nei consumi e nella dipendenza dai mercati internazionali, rimettere al centro il territorio e puntare sull'autoproduzione ci permetterebbe di avere più tempo a disposizione per le relazioni umane e per la nostra sfera sociale. Insomma, consumare meno per vivere meglio.
Secondo Di Stefano, invece, la soluzione sta nel mettere un freno alla "finanza Frankenstein", che oggi vale trenta volte di più del Pil del mondo. Altre misure riguardano l'introduzione della Tobin Tax (la tassa sulle rendite finanziarie), lo spostamento della pressione fiscale dal lavoro ai consumi, la creazione del reddito minimo garantito, un maggiore impegno nel risparmio energetico e la redistribuzione del reddito all'interno dei paesi sviluppati (negli ultimi 20-25 anni le entrate dell'1% più ricco della popolazione sono aumentate del 275%, quelle del restante 99% solo del 18).
Ai due relatori è stato poi chiesto cosa può fare, dal canto suo, il singolo individuo. Deve aspettare direttive dall'alto o può mettere in pratica delle azioni concrete già da subito? Di Stefano ha risposto che l'iniziativa migliore che una persona può intraprendere è quella di esercitare pressioni sulle amministrazioni locali affinché comincino ad adottare politiche virtuose nei campi della gestione dei rifiuti, dello sfruttamento della risorsa idrica, della mobilità e della ristrutturazione degli edifici pubblici per renderli più efficienti sotto il profilo energetico. Pallante ha aggiunto anche che è necessario prestare un'attenzione particolare alla propria abitazione, installando piccoli impianti di fonti rinnovabili e potenziando l'isolamento termico (punto debole degli edifici italiani, se paragonati a quelli tedeschi).
Molti di coloro che hanno preso parte a questo appuntamento, hanno realizzato di vivere in un mondo sull'orlo del baratro, drogato da decenni di energia a prezzo di saldo (ora in esaurimento) che, oltre ad averci abituato al consumismo più sfrenato, ha inquinato l'ambiente fino a farci giungere quasi al punto di non ritorno. Allo stesso tempo gli astanti hanno scoperto che una soluzione esiste e risiede nel mettere di nuovo al centro di tutto la persona umana e i suoi veri bisogni, ridimensionando i numeri di questa economia fine a se stessa. Perché, per dirla con le parole di Pallante, «la vita non dipende dallo spread, ma dalla fotosintesi clorifilliana».
Aggiornamento del 16/03/2012
Il professor Maurizio Pallante ha avuto modo di leggere questo articolo e l'ha così commentato:
«L'articolo dello studente dimostra un'intelligenza, una maturità, una volontà di capire e una capacità di comunicare l'essenziale con chiarezza, che non esito a definire straordinarie. Finché, nonostante tutti i giganteschi sforzi fatti per evitare che le persone pensino con la propria testa, continueranno a esserci ragazzi con queste caratteristiche, non tutto è perduto. Quell'articolo testimonia che l'irriducibilità degli esseri persiste testardamente a tutti i tentativi di annullamento e omologazione.»