giovedì 16 marzo 2017

Quale futuro per l'Unione Europea?



Nelle prossime settimane si parlerà molto di Europa. Il 25 marzo si celebrerà infatti il 60° anniversario del Trattato di Roma che istituì quella che sarebbe diventata l’Unione Europea. Quel giorno i leader dei 27 stati membri (Regno Unito escluso, naturalmente) si riuniranno a Roma per rilanciare il progetto europeo. E fin qui tutti d’accordo. È quando si arriva al come che sorgono i problemi.

Le strade che l’Europa potrà prendere nei prossimi anni sono state semplificate dal Libro Bianco pubblicato dalla Commissione Europea in 5 possibili scenari.


Scenario 1 - “Avanti così”.
Nessun modifica delle regole europee: le istituzioni sovranazionali continueranno ad occuparsi delle competenze a loro riservate e per risolvere tutti i nuovi problemi che vediamo ora e che sorgeranno in futuro ci si affiderà alla buona volontà degli stati di trovare un accordo fra di loro, se riusciranno a farlo. Questa opzione, secondo VoteWatch, è vista di buon occhio dai paesi nordici, come la Svezia e la Danimarca.

Scenario 2 - “Solo il mercato unico”.
L’UE riduce progressivamente il suo campo d’azione al suo core business, ovvero il libero movimento di beni, servizi, capitali e lavoratori al suo interno. Quindi meno di quanto fa oggi. Questo scenario, l’unico escluso espressamente dal presidente della Commissione Juncker, potrebbe essere quello più vicino ai partiti euroscettici e dal Regno Unito in uscita, se non fosse per il libero movimento delle persone, la cui eliminazione sta molto a cuore a questi soggetti.


Scenario 3 - “Chi vuole di più fa di più”.
È l’Europa a più velocità di cui tanto si parla: gruppi di paesi all’interno dell’UE che sono d’accordo su una maggiore integrazione in un determinato campo possono andare avanti senza aspettare che anche tutti gli altri siano d’accordo. Questo permetterebbe per esempio ai paesi dell’Euro di istituire un ministro dell’economia unico e armonizzare i loro sistemi fiscali oppure a chi ci sta di creare una maggiore collaborazione militare. Questo scenario è quello che è stato rilanciato nell’incontro di Versailles dai leader di Germania, Francia, Italia e Spagna, ma viene avversato dai paesi dell’Est (specie dal cosiddetto Gruppo di Visegrád, composto da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) che temono di essere lasciati indietro. Comunque, qualcuno fa notare che un’Europa a più velocità esiste già.


Scenario 4 - “Fare meno in modo più efficiente”.
Come nel secondo scenario, il raggio d’azione dell’UE si restringe, ma nei campi in cui continua ad avere un ruolo, i poteri dell’Unione vengono rafforzati in modo da rispondere meglio ad alcuni problemi. Questa opzione è portata avanti dal Gruppo di Visegrád che da una parte non vuole un’Europa sociale e non vuole che Bruxelles si impicci nelle sue faccende domestiche (in questi mesi c’è frizione con Polonia e Ungheria, i cui governi stanno approvando riforme che in Europa vengono giudicate illiberali), dall’altra vorrebbe una maggiore collaborazione in campo militare.

Scenario 5 - “Fare molto di più insieme”.
È l’opzione preferita dagli Europeisti più ferventi e quella che più difficilmente sarà percorsa in questi anni di euroscetticismo dilagante. Essa prevede di perseguire il principio sancito dai trattati della “ever closer union”, l’unione sempre più stretta tra i paesi europei, e di spingere sul pedale della maggiore integrazione, mettendo in comune nuovi settori. Per ribadirlo, alcune organizzazioni europeiste hanno organizzato una marcia per l’Europa a Roma proprio il 25 marzo, in concomitanza con il vertice dei capi di stato e di governo.

domenica 12 marzo 2017

Il pericolo ingovernabilità

Nella politica italiana è il momento dei riposizionamenti: la scissione del Pd con la nascita del Mdp, Sinistra Italiana che vede già dei fuoriusciti prima ancora di celebrare il congresso fondativo, la maretta nel centrodestra (se si può ancora chiamare così) sulle primarie e il leader. 

Il tempismo è strano però. Di solito ci si riposiziona quando si sa con quale legge elettorale si va a votare: c’è una legge che premia i grandi partiti ->; ci si fonde; c’è una legge che favorisce le coalizioni ->; si cerca una coalizione; c’è una legge sostanzialmente proporzionale ->; nascono una miriade di partiti, ognuno dei quali cerca di definire il meglio possibile una propria identità. Quest’ultimo è lo scenario a cui assistiamo.

Cosa significa questo? Che nessuno crede che la legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta verrà cambiata? In effetti, l’arrivo in aula alla Camera della discussione è di nuovo slittato a fine marzo. Oppure significa che, anche se dovesse essere cambiata la legge, si terrà comunque un proporzionale?

La risposta a queste domande è importante, perché le simulazioni ci dicono che, con la legge attuale, non ci sarà nessun governo dopo le prossime elezioni. L’unica maggioranza possibile dovrà mettere sotto lo stesso tetto Pd e 5 Stelle e sappiamo quanto questo è altamente improbabile.

Se non vogliamo essere condannati all’ingovernabilità, ci sono due possibili soluzioni: o cambiano i partiti (e il loro rifiuto di dialogare) o cambia radicalmente la legge elettorale.

(metà gennaio)

(fine febbraio)