lunedì 26 gennaio 2015

L'elezione del Presidente della Repubblica


Con alcuni amici, ho costituito un gruppo denominato Muovere Le Idee. Il nostro intento è di spiegare la politica attraverso video brevi e leggeri da diffondere sul web. Ecco la versione originale, scritta da me, del copione del decimo video.

La notizia era filtrata da alcune settimane, ma è solo nel suo discorso del 31 dicembre che Giorgio Napolitano ha annunciato le dimissioni da presidente della Repubblica, formalizzate lo scorso 14 gennaio. Dopo essere stato sul trono del Quirinale per 9 anni, il primo ad esserci rimasto per un secondo mandato, Napolitano ha deciso di lasciare, a causa della sua avanzata età. Tra pochi giorni inizieranno le votazioni in parlamento per scegliere il suo successore. Prima di conoscere gli identikit dei candidati più papabili, vediamo quali sono i compiti del presidente della repubblica e come viene eletto.

L’articolo 87 della Costituzione recita: «Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale». Il suo ruolo è un po’ come quello dell’arbitro: deve restare al di sopra delle parti e garantire gli equilibri del gioco democratico. Rappresenta tutto il popolo italiano ed è il custode della carta costituzionale.
È una figura perlopiù simbolica, infatti non è titolare di nessuno dei poteri dello stato (esecutivo, legislativo e giudiziario) ma partecipa in una certa misura a tutti e tre. Per esempio, emana i decreti del governo, indice le elezioni delle camere e presiede l’organo di autogoverno della magistratura. Inoltre, è il capo delle forze armate.
Il compito più importante del presidente della Repubblica è quello di gestire le delicate fasi della formazione e della crisi del governo. Infatti, dopo il rinnovo del parlamento, spetta a lui consultare tutte le forze politiche ed individuare la persona adatta a ricoprire la carica di presidente del consiglio, scegliendo una figura che possa poi ricevere la fiducia da parte delle camere.
Quando, invece, un governo deve dimettersi poiché esse gli negano la fiducia, spetta sempre al capo dello stato valutare se ci sono le condizioni per formare un nuovo esecutivo. In caso contrario, ha il potere di sciogliere le camere.

Il presidente della Repubblica viene eletto dal parlamento in seduta comune, quindi da deputati e senatori congiuntamente. Al voto partecipano anche dei rappresentanti regionali, tre per ogni regione, eccetto la Val d’Aosta a cui ne spetta soltanto uno.
È il presidente della Camera dei Deputati a convocare la riunione, mentre il presidente del Senato ha il compito di fare le veci del capo dello stato in caso di impedimento o di dimissioni, come in questo caso.
In base all’articolo 84 della Costituzione, «può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici». Lo spoglio avviene a scrutinio segreto.
Per eleggere il capo dello stato, occorre raggiungere la maggioranza dei due terzi dei voti, nelle prime tre votazioni. Se il parlamento non raggiunge un accordo, dalla quarta votazione in poi, la soglia per l’elezione scende alla maggioranza assoluta, cioè la metà più uno dei componenti dell’assemblea.
Una volta eletto, il presidente presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione e rimane in carica per sette anni.

Vediamo ora chi sono i candidati più accreditati per la successione a Napolitano.

Il nome che ricorre di più è quello di Romano Prodi, nonostante il bruciante tradimento dei franchi tiratori del 2013. L’ex presidente del consiglio ha tre carte a suo favore: una caratura internazionale, una preparazione economica e un’esperienza europea (alla presidenza della Commissione). La sua candidatura, dalla quale però lui sembra aver preso le distanze, è già stata avanzata da Sel e da alcuni esponenti della minoranza del Pd come Civati e Bersani. È Renzi però a non vederlo di buon occhio. Mentre a Berlusconi, che non lo ha mai sopportato, potrebbe andar bene, dato che una figura forte come quella di Prodi riuscirebbe a controbilanciare il potere del premier.

Proprio Berlusconi tempo fa, in un’intervista, ha avanzato l’ipotesi di Giuliano Amato. Anche lui ex presidente del consiglio, oggi giudice costituzionale nominato da Napolitano, è già stato più volte candidato al Colle, senza esito. Il fatto però che il suo nome sia stato pronunciato in anticipo da una parte in gioco così importante, rischia di bruciarlo.

Un’altra figura già vagliata nelle scorse elezioni presidenziali è quella di Emma Bonino. Ex ministro, leader dei Radicali in tandem con Pannella, strenua difensora dei diritti umani e soprattutto donna, la sua elezione è quasi impossibile dato che ha ammesso da poco di essere malata di cancro.

Rientrano nel totonomi anche due personaggi preminenti dell’economia: l’attuale ministro del tesoro Pier Carlo Padoàn e il presidente della Bce Mario Draghi. Mentre quest’ultimo ha già fatto sapere di non essere interessato, il primo resta fra i più quotati, anche se poi lascerebbe vacante la sua posizione nell’esecutivo. Sempre per l’ambito economico, c’è da segnalare la figura di Franco Bassanini, più volte parlamentare e attuale presidente della Cassa Depositi e Prestiti.

Fra i candidati di formazione giuridica troviamo invece due giudici costituzionali: Sergio Mattarella e il giudice emerito Sabino Cassese. Entrambe figure di grande prestigio, Mattarella è stato più volte ministro con la Dc e con il centrosinistra, mentre Cassese è una figura più accademica. Al momento sembra che le quotazioni del primo siano più alte.

Un’altro candidato proveniente dal mondo della legge è l’ex magistrato e oggi presidente del Senato Piero Grasso. Il suo passato nella lotta contro la mafia, anche da procuratore nazionale, gli conferisce un notevole pedigree. Inoltre, sullo scranno più alto di Palazzo Madama ha saputo essere abbastanza equilibrato, tanto da essere stato inizialmente votato anche da una parte del Movimento 5 Stelle.

Un altro magistrato, ora in aspettativa, perché impegnato a dirigere l’Autorità Nazionale Anticorruzione, è Raffaele Cantone. Voluto da Renzi in persona in quella posizione, ha anche lui un curriculum antimafia di tutto rispetto.

È un avvocato invece Paola Severino, nelle vesti del quale ha difeso in giudizio pezzi grossi della politica e dell’imprenditoria italiana. È stata inoltre ministro della giustizia del governo Monti, il quale l’aveva già proposta come capo dello stato nel 2013.

Ci sono poi alcuni nomi della vecchia guardia del Pd, che non dispiacciono alla nuova. A partire dall’attuale ministro della difesa Roberta Pinotti e da Anna Finocchiaro, che hanno il pregio di essere donne. Abbiamo poi Walter Veltroni e l’attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio Graziano Delrio.

Per quanto riguarda il Movimento di Grillo, i suoi candidati di bandiera saranno molto probabilmente Stefano Rodotà, giurista ed ex Pds già sostenuto nella scorsa tornata, e Ferdinando Imposimato, ex presidente aggiunto della Cassazione che si è occupato di mafia e terrorismo.

Forza Italia e la Lega, sebbene non siano concordi al loro interno su nomi precisi, hanno auspicato che il nuovo capo dello stato non provenga da sinistra.
Il Pd, invece, da parte sua, ha fatto sapere che annuncerà il proprio candidato 24 ore prima dell’inizio delle votazioni.

Insomma, l’elezione del nuovo presidente della Repubblica non sarà una passeggiata, anche a causa delle fronde interne sia al Partito Democratico che a Forza Italia. Le votazioni inizieranno il 29 gennaio, dal quel giorno in poi ogni momento sarà buono per conoscere il volto del nuovo capo dello stato.

lunedì 5 gennaio 2015

L'immigrazione


Con alcuni amici, ho costituito un gruppo denominato Muovere Le Idee. Il nostro intento è di spiegare la politica attraverso video brevi e leggeri da diffondere sul web. Ecco la versione originale, scritta da me, del copione del nono video.

Da alcuni anni, se chiedete alle persone quali sono i principali problemi del Paese, molte vi menzionano l’immigrazione. Pensano infatti che gli immigrati ci rubino il lavoro, delinquano e prendano più sussidi sociali degli italiani. Molti di questi luoghi comuni sono però infondati e, in generale, su questo tema c’è molta confusione. Vediamo allora di fare un po’ di chiarezza.

Secondo l’Istat, ad oggi in Italia risiedono 4,9 milioni di stranieri, a cui vanno aggiunti circa 500 mila irregolari. Insieme corrispondono al 9% della popolazione italiana. Altri paesi europei hanno valori più alti: tra questi la Spagna, il Regno Unito e la Germania.
Ciò che però ha alimentato una percezione ancora maggiore della diffusione di questo fenomeno è la fortissima crescita che ha avuto di recente nel nostro paese. Negli ultimi 15 anni, il numero di cittadini stranieri presenti in Italia è più che quadruplicato e, anche durante la crisi economica, ha continuato ad aumentare a livelli vertiginosi.
Le nazionalità più presenti sono i rumeni per il 21%, gli albanesi per l’11% e i marocchini per il 10%.
I lavori svolti dagli stranieri sono molto umili: le donne si occupano principalmente di servizi domestici e alla persona, mentre gli uomini sono inseriti nel settore edile e nella ristorazione. Va segnalato poi il fenomeno del caporalato nelle campagne, dove molti clandestini vengono sfruttati nella raccolta stagionale della frutta con salari da fame.
Di tutti gli immigrati presenti nel nostro paese, solo 670 mila sono riusciti ad ottenere la cittadinanza. Ciò si deve ai requisiti necessari per ottenerla, che risultano molto ferrei: vengono chiesti 10 anni di residenza ininterrotta, il possesso del permesso di soggiorno e delle garanzie economiche.

Sebbene la maggior parte degli immigrati presenti sul nostro territorio sia giunta via terra, spesso con un visto turistico, negli ultimi anni sono aumentati gli arrivi per mare. Questo è dovuto principalmente ai recenti sconvolgimenti politici in Nord Africa, che hanno fatto allentare i controlli sulle partenze.
Quando i barconi della speranza arrivano sulle coste italiane, le persone a bordo vengono portate nei centri di primo soccorso, dove ricevono le prime cure mediche. Poi, vengono smistate in altri centri: in quelli di accoglienza, per i richiedenti asilo, e in quelli di identificazione ed espulsione, per chi deve essere espatriato. Le cronache hanno mostrato come le condizioni di questi centri siano spesso fatiscenti. Da questi luoghi, in cui gli immigrati sono rinchiusi come in carcere, molti riescono a fuggire, per raggiungere gli altri paesi europei dove richiedono l’asilo politico. Infatti, se lo chiedessero in Italia, poi sarebbero costretti,  a causa delle leggi europee, a rimanere nel nostro paese e non potrebbero ricongiungersi con i propri parenti negli altri stati. Per quanto riguarda i rimpatri, tra il 1998 e il 2012, delle 170 mila persone che dovevano essere riportate nei loro paesi d’origine, solo la metà è stata effettivamente espulsa.

Al fine di bloccare i flussi, alcuni anni fa il nostro paese ha stipulato un accordo con la Libia di Gheddafi, che prevedeva la fornitura di imbarcazioni equipaggiate per bloccare quelle degli scafisti. Gli immigrati che riuscivano comunque a partire e a giungere sulle nostre coste venivano poi riportati in Libia. In seguito, però, l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per questa pratica in quanto, oltre a non consentire ai migranti di chiedere asilo, li consegnava ad un regime dittatoriale che li rinchiudeva e li seviziava, quando non li lasciava morire di stenti nel deserto (come riportato da alcune inchieste giornalistiche).
Successivamente, il nostro paese ha cambiato totalmente rotta e ha avviato il programma “Mare Nostrum”. Questa iniziativa prevede il dispiegamento di mezzi aerei e marittimi nel Mar Mediterraneo per soccorrere le imbarcazioni di immigrati che si trovano in difficoltà e scongiurare la carneficina che è avvenuta in questi anni: si stima che, tra il 2000 e il 2013, siano morte più di 23 mila persone cercando di raggiungere l’Europa via terra o via mare.
Con l’entrata in vigore del programma europeo Triton lo scorso primo novembre, il governo italiano ha affermato di voler concludere Mare Nostrum, anche se la Commissione europea ha avvertito che Triton non sarà in grado di sostituire completamente il programma italiano.

Ora passaremo in rassegna alcune affermazioni che si sentono spesso fare sugli immigrati per verificarne la veridicità.

“Ci portano via il lavoro”
Dal punto di vista economico, questa affermazione non ha senso. Perché, se è vero che gli immigrati occupano posti di lavoro, allo stesso tempo ne creano altrettanti. Infatti essi, non solo lavorano, ma consumano anche (cibi, vestiti, prodotti in genere), quindi fanno aumentare la domanda e pertanto la necessità di assumere nuovi lavoratori. Se ciò non bastasse, il fatto che la presenza degli immigrati non si traduce in minori opportunità per gli italiani è confermato dai dati della Banca d’Italia.

“Prendono 40 euro al giorno e stanno in hotel”
I soldi spesi quotidianamente dallo stato italiano per gli immigrati nei centri d’accoglienza sono in realtà 35, come media nazionale. Ma di questi solo 2 euro e mezzo vengono consegnati ai migranti per le loro necessità personali. Il resto serve per pagare le strutture che li ospitano, in attesa che vengano vagliate le loro domande d’asilo. È accaduto che, in mancanza di altri posti, gli immigrati venissero messi in alberghi, ma questi sono stati soltanto casi isolati. Come abbiamo detto, il più delle volte i centri che li accolgono sono molto miseri.

“Commettono reati”
Questa affermazione ha un fondo di verità dal momento che, tra la popolazione carceraria, un terzo è di cittadinanza straniera, anche se è reclusa principalmente per reati legati allo sfruttamento della prostituzione e alla droga.  Va poi detto che, nonostante la crescita straordinaria dell’immigrazione negli ultimi tempi, il numero di reati è rimasto sostanzialmente uguale a com’era vent’anni fa. Ricordiamo infine che la stragrande maggioranza degli immigrati è estranea ai fenomeni criminali, come lo è la stragrande maggioranza degli italiani.

“Gli danno tutte le case popolari”
Nei criteri per l’assegnazione delle case popolari, naturalmente non compare la nazionalità. Ciò che conta sono il reddito, il numero di componenti della famiglia se superiore a 5, l’età ed eventuali disabilità. Inoltre, i dati confermano che le graduatorie proporzionalmente premiano gli italiani.

“Prendono la maggior parte dei sussidi statali”
Questa asserzione è l’esatto contrario della realtà: infatti, i dati mostrano come le tasse pagate dagli immigrati sono più di quanto essi ricevono indietro in servizi e sussidi. Questo avviene perché, fra gli immigrati, è più alta la percentuale di chi lavora e l’età media è più bassa. Inoltre, dal momento che essi sono più giovani, i loro contributi pensionistici permettono di pagare le pensioni agli italiani.

“Portano le epidemie, come l’ebola”
Per quanto riguarda l’ebola, è praticamente impossibile che i migranti che giungono via mare ne siano affetti, dato che il tempo di incubazione è molto inferiore a quello che essi impiegano per arrivare in Italia dai paesi del centro dell’Africa. Potrebbero però essere portatori di altre malattie epidemiche, che comunque verrebbero riscontrate nelle visite mediche praticate appena dopo lo sbarco.

Insomma, la questione dell’immigrazione non è affatto semplice. Se da una parte molte forze politiche ci speculano sopra per ottenere consensi a man bassa, senza peraltro proporre soluzioni concrete e attuabili; dall’altra non è possibile nascondere i problemi che gli elevati flussi migratori degli ultimi tempi sollevano.