Domenica e lunedì, circa 7 milioni di italiani sono stati chiamati al voto per eleggere i consigli e le giunte di 565 comuni e della Val d'Aosta. La città più importante a montare le cabine elettorali è stata la capitale Roma e su di essa si concentrano i commenti post-elezioni, ma altri importanti capoluoghi, come Brescia, Vicenza, Treviso, Siena, Pisa, Avellino, hanno votato. Globalmente, i risultati sono stati favorevoli al centrosinistra sul centrodestra e hanno visto un'accentuata flessione del M5S se paragonato ai numeri delle elezioni nazionali.
Naturalmente, i commenti politici non si sono fatti attendere. Dagli ambienti vicini a Palazzo Chigi, c'è già chi vede nel voto un'espressione di apprezzamento dei confronti del governo. Per smontare questa tesi, però, basta guardare il dato sull'affluenza: solo il 62,4% degli aventi diritto si è recato ai seggi, a fronte del 77,2% del 2008. La cifra scende a 54,3% a Roma (-20 rispetto alla tornata precedente). L'astensione quindi esprime un profondo scollamento tra cittadini e politica e questo governo certamente contribuisce a questo processo. Infatti solo sommando i risultati di centrodestra e centrosinistra (le due componenti principali del governo di larghe intese) e paragonandoli al numero degli aventi diritto al voto si capisce che l'asserzione di cui sopra non regge.
Dall'altra parte, invece, si afferma che il centrosinistra continui a vincere solo dove propone candidati esterni al partito o, comunque, degli outsider. In effetti le principali città amministrate dalla coalizione di centrosinistra corrispondono a questo profilo: l'indipendente Doria a Genova, Pisapia e Zedda di Sel rispettivamente a Milano e Cagliari, De Magistris della fu Idv a Napoli e il (fu?) rottamatore Renzi a Firenze. Senza dimenticare la regione Sicilia in mano a Crocetta, certamente non un uomo di partito. Il successo di alcuni di questi candidati e ora di Marino a Roma (con il suo slogan «non è politica, è Roma») dà torto a chi afferma che gli italiani non sanno votare alle primarie perchè scelgono candidati troppo poco moderati che non sanno guardare a destra, ma non spiega il voto di domenica e lunedì, visto che il Pd e la sua coalizione hanno prevalso anche dove hanno presentato uomini molto vicini alla sua classe dirigente. A premiare il centrosinistra è stata l'affluenza o, meglio, la scarsa affluenza. Il Pd ha infatti un elettorato fortemente convinto e fedele al partito, concentrato perlopiù nella zona rossa dell'Italia centrale. Questo sfavorisce sia il Pdl, i cui elettori vanno alle urne solo per premiare la figura carismatica del leader Berlusconi, oggi in discesa costante per la sua ossessione verso la magistratura; sia il M5S, votato per la stragrande maggioranza, come ho già detto qui, da chi vuole esprimere un voto di protesta. L'esito di queste elezioni locali non è comunque generalizzabile alle elezioni politiche visto che i sondaggi, seppur considerati i loro numerosi fallimenti recenti, presentano valori del tutto differenti da quelli emersi anche nelle città più grandi (dove il voto è più politicizzato).
Ora, si potrebbe pensare che Pd e Pdl non vedano l'ora di andare a nuove elezioni per capitalizzare l'uno il successo alle amministrative e l'altro la posizione di vantaggio nei sondaggi. In realtà, non è così. A scombinare questa equazione c'è l'incognità Renzi, che spaventa tanto a destra quanto a sinistra. A destra perché Berlusconi sa perfettamente che Renzi, proprio come lui, è un personaggio carismatico che fa colpo sull'elettorato e che, con la sua faccia giovane e nuova, lo straccerebbe in un eventuale confronto elettorale. A sinistra perché il Pd sa molto bene che in eventuali nuove primarie prevarrebbe Renzi e finirebbe per rendere il partito a sua immagine e somiglianza, togliendo la terra sotto i piedi sia all'intellighenzia, che sarebbe rottamata, sia alla parte di sinistra, che a quel punto si troverebbe senza casa politica e, chissà, forse ne potrebbe cercare una nuova. Quindi aspettiamoci una vita lunga per questo governo.
Aggiornamento del 20/06/2013. A conferma dell'ultima parte dell'articolo sulla paura per il sindaco di Firenze, l'Huffington Post riporta questa dichiarazione che avrebbe pronunciato Daniela Santanché, riferendosi alle sentenze della magistratura sfavorevoli al Cavaliere: «È una situazione buona a far fuori Belrusconi. I tribunali lo massacrano, noi non possiamo fare niente, e quando siamo morti arriva Renzi».
Naturalmente, i commenti politici non si sono fatti attendere. Dagli ambienti vicini a Palazzo Chigi, c'è già chi vede nel voto un'espressione di apprezzamento dei confronti del governo. Per smontare questa tesi, però, basta guardare il dato sull'affluenza: solo il 62,4% degli aventi diritto si è recato ai seggi, a fronte del 77,2% del 2008. La cifra scende a 54,3% a Roma (-20 rispetto alla tornata precedente). L'astensione quindi esprime un profondo scollamento tra cittadini e politica e questo governo certamente contribuisce a questo processo. Infatti solo sommando i risultati di centrodestra e centrosinistra (le due componenti principali del governo di larghe intese) e paragonandoli al numero degli aventi diritto al voto si capisce che l'asserzione di cui sopra non regge.
Dall'altra parte, invece, si afferma che il centrosinistra continui a vincere solo dove propone candidati esterni al partito o, comunque, degli outsider. In effetti le principali città amministrate dalla coalizione di centrosinistra corrispondono a questo profilo: l'indipendente Doria a Genova, Pisapia e Zedda di Sel rispettivamente a Milano e Cagliari, De Magistris della fu Idv a Napoli e il (fu?) rottamatore Renzi a Firenze. Senza dimenticare la regione Sicilia in mano a Crocetta, certamente non un uomo di partito. Il successo di alcuni di questi candidati e ora di Marino a Roma (con il suo slogan «non è politica, è Roma») dà torto a chi afferma che gli italiani non sanno votare alle primarie perchè scelgono candidati troppo poco moderati che non sanno guardare a destra, ma non spiega il voto di domenica e lunedì, visto che il Pd e la sua coalizione hanno prevalso anche dove hanno presentato uomini molto vicini alla sua classe dirigente. A premiare il centrosinistra è stata l'affluenza o, meglio, la scarsa affluenza. Il Pd ha infatti un elettorato fortemente convinto e fedele al partito, concentrato perlopiù nella zona rossa dell'Italia centrale. Questo sfavorisce sia il Pdl, i cui elettori vanno alle urne solo per premiare la figura carismatica del leader Berlusconi, oggi in discesa costante per la sua ossessione verso la magistratura; sia il M5S, votato per la stragrande maggioranza, come ho già detto qui, da chi vuole esprimere un voto di protesta. L'esito di queste elezioni locali non è comunque generalizzabile alle elezioni politiche visto che i sondaggi, seppur considerati i loro numerosi fallimenti recenti, presentano valori del tutto differenti da quelli emersi anche nelle città più grandi (dove il voto è più politicizzato).
Ora, si potrebbe pensare che Pd e Pdl non vedano l'ora di andare a nuove elezioni per capitalizzare l'uno il successo alle amministrative e l'altro la posizione di vantaggio nei sondaggi. In realtà, non è così. A scombinare questa equazione c'è l'incognità Renzi, che spaventa tanto a destra quanto a sinistra. A destra perché Berlusconi sa perfettamente che Renzi, proprio come lui, è un personaggio carismatico che fa colpo sull'elettorato e che, con la sua faccia giovane e nuova, lo straccerebbe in un eventuale confronto elettorale. A sinistra perché il Pd sa molto bene che in eventuali nuove primarie prevarrebbe Renzi e finirebbe per rendere il partito a sua immagine e somiglianza, togliendo la terra sotto i piedi sia all'intellighenzia, che sarebbe rottamata, sia alla parte di sinistra, che a quel punto si troverebbe senza casa politica e, chissà, forse ne potrebbe cercare una nuova. Quindi aspettiamoci una vita lunga per questo governo.
Aggiornamento del 20/06/2013. A conferma dell'ultima parte dell'articolo sulla paura per il sindaco di Firenze, l'Huffington Post riporta questa dichiarazione che avrebbe pronunciato Daniela Santanché, riferendosi alle sentenze della magistratura sfavorevoli al Cavaliere: «È una situazione buona a far fuori Belrusconi. I tribunali lo massacrano, noi non possiamo fare niente, e quando siamo morti arriva Renzi».