giovedì 9 settembre 2010

Il fischio della discordia

Negli ultimi giorni due eventi che hanno avuto come protagonisti due membri del PDL hanno riportato agli onori della cronaca la contestazione per mezzo del fischio. Offrendo così a politici, opinionisti, editorialisti e chi più ne ha più ne metta un nuovo spunto di riflessione per riempire con altre fesserie le pagine politiche di questa estate un po' sottotono (basti pensare alle lunghe discettazioni di agosto su cucine e appartamenti monegaschi).
Sul campo da combattimento si sono quindi schierati i pennivendoli berlusconiani da una parte e le solite voci fuori dal coro dall'altra. I casi belli sono stati naturalmente le due contestazioni a suon di fischi della "piazza" contro Marcello Dell'Utri e Renato Schifani, a cui è stato ricordato il loro passato in odor di mafia.
I due infatti sono stati invitati a due diversi meeting, quello culturale di Parolario e la festa del PD a Torino, rispettivamente. In entrambe le occasioni, non appena i due pidiellini hanno preso la parola, un folto gruppetto di attivisti (ora militanti di Qui Lecco Libera, ora grillini, ora attivisti del Popolo Viola, ora del Movimento delle Agende Rosse) hanno iniziato a stendere striscioni, fischiare e scandire frasi ineggianti i loro presunti legami con Cosa Nostra, impedendo di fatto ai due berluscones di tenere i loro interventi.
Ora, che le accuse di squadristi e fascisti lanciate in modo bipartisan siano ingiuriose e diffamanti è ineccepibile, resta comunque il fatto che le modalità di queste proteste non mi trovano affatto d'accordo. È  senz'altro comprovato che i due signori in questione non deficino affatto di pulpiti dai quali esprimere la loro opinione, ciononostante impedirgli di esteriorizzare i loro pensieri è decisamente antidemocratico. Se i contestatori non volevano starli a sentire, potevano tranquillamente andarsene o, meglio, fare una manifestazione parallela dove raccontare quello che dall'altra parte tacevano. I fischi sono sacrosanti ma solo quando sono spontanei, non organizzati a priori e con lo scopo di far tacere l'avversario. Altrimenti si scende al livello di quei tifosi berlusconiani che a loro tempo attaccarono Prodi al Motorshow di Bologna (solo che in quel caso nessuno lì condannò, tantomeno il presidente del senato).