Nella politica italiana è il momento dei riposizionamenti: la scissione del Pd con la nascita del Mdp, Sinistra Italiana che vede già dei fuoriusciti prima ancora di celebrare il congresso fondativo, la maretta nel centrodestra (se si può ancora chiamare così) sulle primarie e il leader.
Il tempismo è strano però. Di solito ci si riposiziona quando si sa con quale legge elettorale si va a votare: c’è una legge che premia i grandi partiti ->; ci si fonde; c’è una legge che favorisce le coalizioni ->; si cerca una coalizione; c’è una legge sostanzialmente proporzionale ->; nascono una miriade di partiti, ognuno dei quali cerca di definire il meglio possibile una propria identità. Quest’ultimo è lo scenario a cui assistiamo.
Cosa significa questo? Che nessuno crede che la legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta verrà cambiata? In effetti, l’arrivo in aula alla Camera della discussione è di nuovo slittato a fine marzo. Oppure significa che, anche se dovesse essere cambiata la legge, si terrà comunque un proporzionale?
La risposta a queste domande è importante, perché le simulazioni ci dicono che, con la legge attuale, non ci sarà nessun governo dopo le prossime elezioni. L’unica maggioranza possibile dovrà mettere sotto lo stesso tetto Pd e 5 Stelle e sappiamo quanto questo è altamente improbabile.
Se non vogliamo essere condannati all’ingovernabilità, ci sono due possibili soluzioni: o cambiano i partiti (e il loro rifiuto di dialogare) o cambia radicalmente la legge elettorale.
(metà gennaio)
(fine febbraio)
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