È primavera inoltrata: gli alberi fioriscono, le giornate si allungano e le urne per nuove elezioni si apriranno presto. Quest’anno è il turno delle europee: domenica 26 maggio saremo chiamati a decidere la nuova composizione dell’Europarlamento. In questo video vedremo a cosa serve il Parlamento Europeo, i partiti tra cui potremo scegliere e quali sono i temi caldi su cui si giocheranno queste elezioni.
Le istituzioni UE
La prima cosa da capire su queste elezioni è che tipo di decisioni si prendono a Bruxelles e come il nostro voto influirà su di esse. Innanzitutto, va ricordato che le decisioni fondamentali su molti aspetti della nostra vita vengono ancora prese a livello nazionale: dal mercato del lavoro alla giustizia, dalle pensioni alla sanità, dalla sicurezza all’istruzione, fino in gran parte all’immigrazione. Le istituzioni europee hanno invece carta bianca solo sui temi del commercio interno ed esterno all’Ue, sull’agricoltura e la pesca. Mentre in altri ambiti Unione Europea e stati nazionali condividono il potere, con la prima che stabilisce le regole generali e i secondi che dettagliano meglio la normativa. In campo economico per esempio, le regole stabilite dall’Europa, spesso con l’unanimità degli stati membri, impongono certi limiti ai bilanci nazionali, ma le scelte su come ripartire la spesa sono completamente nelle mani dei singoli governi.
Ora la domanda è: come si prendono le decisioni in Europa? Ci pensa il Parlamento Europeo, direte voi, lo eleggiamo apposta. Sì, ma non del tutto. L’iniziativa legislativa parte dalla Commissione: il suo presidente è il lussemburghese Jean-Claude Juncker ed è un po’ il governo dell’Ue ma anche un organo indipendente dagli stati, che rappresenta gli interessi di tutti i cittadini europei. La Commissione invia la proposta di legge sia al Parlamento Europeo, che andremo ad eleggere tra pochi giorni, sia al Consiglio dell’Unione, dove siedono i ministri di tutti gli stati membri. A monte del Consiglio dell’Unione, c’è il Consiglio Europeo, un tavolo con 28 sedie dove siedono i capi di governo dei 28 stati membri: Conte, Merkel, Macron e tutti gli altri. A guidarlo è stato chiamato il polacco Donald Tusk, che insieme a Juncker, rappresenta le istituzioni europee a livello internazionale. Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione votano sulle proposte della Commissione, che diventano legge soltanto se entrambi gli organi si esprimono favorevolmente.
Insomma, l’iter decisionale dell’Ue è piuttosto complesso. Ma non a caso: si vuole infatti assicurare che sulle scelte che vengono fatte ci sia il massimo di condivisione possibile fra tutte le parti in gioco. L’Europarlamento, proprio perché è eletto da tutti i cittadini europei, contribuisce a dare a queste decisioni una legittimità democratica, anche se esse vengono prese di comune accordo con i singoli stati, rappresentati nel Consiglio.
I partiti
Benché si riunisca quasi sempre a Bruxelles (in Belgio), il Parlamento Europeo ha la propria sede ufficiale a Strasburgo (in Francia), dove si svolgono le sessioni plenarie almeno una volta al mese. Qui si presenteranno il 2 luglio i parlamentari che verranno eletti dal 23 al 26 maggio da tutti i cittadini europei maggiorenni. Nel momento in cui andranno a sedersi sugli scranni di Strasburgo, i neoeletti non si collocheranno accanto ai parlamentari della loro stessa nazione, ma a quelli più affini politicamente. Infatti, sebbene noi sulla scheda in cabina elettorale troveremo i partiti che siamo soliti votare alle elezioni nazionali, una volta eletti questi dovranno poi affiliarsi ad una famiglia politica europea per poter creare un gruppo politico all’interno del Parlamento Europeo. Questi partiti europei propongono anche un candidato alla presidenza della Commissione europea. Vediamo quindi quali sono questi gruppi.
• Il partito con più seggi, almeno fino a quest’anno, è il PPE (Partito Popolare Europeo) che raggruppa le forze politiche di centrodestra, cristiano-democratiche e popolari. Ad esso aderisce Forza Italia. Il suo candidato alla presidenza della Commissione è il tedesco Manfred Weber.
• Il diretto concorrente del Ppe è il Pse (Partito Socialista Europeo), che comprende i partiti di centrosinistra, democratici, socialdemocratici e progressisti. Ne fa parte il Pd italiano. Candida alla presidenza della Commissione l’attuale primo vicepresidente, l’olandese Frans Timmermans.
• Al centro troviamo l’Alde (l’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa), a cui aderiscono i partiti centristi, liberali ed europeisti. Conterà fra le proprie file gli eventuali eletti di Più Europa. Alla testa della Commissione, l’Alde propone un’intera lista di possibili presidenti, tra cui lo storico leader Guy Verhofstadt e l’italiana Emma Bonino.
• A destra dei Popolari, possiamo collocare l’Ecr (i Conservatori e Riformisti Europei), che si ispirano a valori conservatori come il Ppe ma sono euroscettici. Vi aderisce Fratelli d’Italia. Candida alla Commissione il cieco Jan Zahradil.
• A sinistra dei Socialisti, troviamo invece i Verdi, che raccolgono i partiti ambientalisti di tutta Europa. Trova corrispondenza in Italia con la lista Europa Verde (formata dai Verdi italiani e da Possibile di Civati). Candidano alla presidenza della Commissione la tedesca Ska Keller e l’olandese Bas Eickhout.
• Ancora più a sinistra, abbiamo la Gue/Ngl, cioè l’alleanza tra Sinistra Unitaria Europea e Sinistra Verde Nordica, che esprime i valori della socialdemocrazia ma accoglie anche quelli comunisti e anticapitalisti. A rappresentarla in Italia, c’è la lista “La Sinistra”, formata da Sinistra Italiana e Rifondazione Comunista. Candida alla testa della Commissione la slovena Violeta Tomic e il belga Nico Cué.
• All’estrema destra, c’è la neonata Eapn, cioè l’Alleanza Europea dei Popoli e delle Nazioni, battezzata pochi giorni fa dalla Lega di Salvini a Milano. Essa punta a raccogliere i partiti sovranisti e identitari. Ancora non è chiaro chi candiderà alla presidenza della Commissione.
• Resta fuori il Movimento 5 Stelle, che al momento appartiene ad un gruppo che molto probabilmente non si riformerà dopo le elezioni. Infatti, il leader Di Maio sta tentando di costruire un’alleanza con altri partiti che condividono con i 5 Stelle la battaglia per la democrazia diretta.
Secondo gli ultimi sondaggi, il Ppe dovrebbe rimanere il partito più rappresentato nell’Europarlamento, con circa il 23% dei seggi, seguito a qualche percentuale dal Pse. La medaglia di bronzo andrebbe all’Alde, con circa il 12%. L’alleanza di Salvini dovrebbe invece guadagnarsi il quarto posto, attestandosi intorno al 10%. Appena sotto arriverebbero nell’ordine, i conservatori, i verdi e la sinistra.
Di cosa si discute
Anche se queste saranno elezioni per il Parlamento Europeo, i partiti che troveremo sulla scheda sono quelli nazionali e con ogni probabilità anche la campagna elettorale sarà incentrata sui temi della politica nazionale. Ma molti di questi temi sono molto più grandi dell’Italia e vanno ad intrecciarsi con le decisioni degli altri paesi europei o dell’Unione Europea nella sua interezza. Un chiaro esempio è quello dell’immigrazione, una questione molto sentita negli ultimi anni, anche a causa del gran numero di persone che si spostano o si sono spostate dall’Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia verso il Vecchio Continente. La lotta all’immigrazione è il collante che tiene insieme i partiti che formeranno l’alleanza di Salvini, il cui cavallo di battaglia è l’assoluta chiusura delle frontiere. Sulla condivisione dei migranti tra i paesi Ue invece, le forze affiliate all’Eapn sono ancora in disaccordo, dal momento che specie i paesi dell’Est Europa sono fortemente contrari a questa idea. Sul tema dell’immigrazione sono molto duri anche i conservatori. Sono più moderati gli appartenenti al Ppe e al Pse, i quali ammettono più sfumature a riguardo. Hanno invece una posizione più aperta all’immigrazione e all’integrazione i Verdi e la Sinistra.
L’altro grande tema nazionale ma anche europeo è quello economico. Come dicevamo, mentre i singoli governi possono decidere in piena autonomia come distribuire i soldi provenienti dalle tasse, l’Ue ha stabilito dei parametri a cui i bilanci statali devono attenersi. Il più importante riguarda quanto gli stati possano indebitarsi per finanziare le loro spese. Questo è stato deciso perché, dal momento che condividiamo la stessa moneta, i bilanci devono essere coordinati in modo da non creare shock economici. Però molti partiti vedono male questi limiti, sostenendo che per rilanciare l’economia è necessario fare più investimenti, anche indebitandosi. Anche su questo tema, la divisione ricalca quella fra destra e sinistra, con i partiti di sinistra che chiedono più flessibilità e quelli di destra che desiderano più rigore sui conti. Anche la geografica è importante in questo caso, perché i paesi del Nord Europa tengono molto più in ordine i loro bilanci (anche per via di come sono fatte le loro economie) e quindi pretendono da quelli del Sud la stessa disciplina.
Un campo in cui l’Europa può fare molto (e qualcosa ha già fatto) è quello dell’ambiente. Tutti sappiamo a quali gravi conseguenze andiamo incontro con il surriscaldamento globale, eppure i politici di tutto il mondo hanno fatto poco a riguardo. Oggi questo tema sta tornando alla ribalta, un po’ a causa dei primi fenomeni meteorologici estremi a cui assistiamo e un po’ per gli scioperi per il clima dei ragazzi delle scuole avviati della sedicenne svedese Greta Thunberg. Il partito più attento a questo tema è sicuramente quello dei Verdi, per cui la protezione dell’ambiente è la missione principale. Questa forza politica ha però seguiti molto diversi nei vari paesi, in Italia ne ha effettivamente poco. Più in generale, i partiti di sinistra propongono l’adozione di politiche ambientaliste più spinte di quelli di destra, i quali sono invece più sensibili alle esigenze delle imprese, le quali potrebbero essere danneggiate da limiti ambientali troppo restrittivi.
Un tema su cui l’Ue può fare poco ma che riguarda proprio il contesto in cui opera è quello della politica internazionale, cioè dei rapporti con gli stati esterni all’Unione. Infatti, sebbene esista la carica dell’Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune, oggi occupata dall’italiana Federica Mogherini, ogni stato membro decide per conto proprio che rapporti avere con i paesi stranieri e che posizioni prendere sulle questioni internazionali. Il vicino più ingombrante che spesso divide gli stati Ue sul come trattarlo è sicuramente la Russia. Ci sono paesi infatti che per la loro storia vogliono mantenere più autonomia possibile dalla Madre Russia, pensiamo per esempio alla Polonia; ci sono paesi con rapporti più stretti con l’ex Unione Sovietica come la Grecia e l’Italia e ci sono paesi più equidistanti come Germania e Francia. È facile capire come su questo tema, le divisioni politiche ricalchino più quelle degli stati che quelle dei colori politici.
C’è infine la questione dell’Unione Europea stessa: deve rimanere così com’è, essere ridimensionata o diventare qualcosa di più? Dell’ultima opinione è sicuramente l’Alde, che vorrebbe trasformare l’Ue in una federazione di stati, quindi trasferendo più poteri dai paesi membri verso Bruxelles, seguendo il modello dei cantoni svizzeri. Per una maggiore integrazione si schierano anche i Verdi, i Socialisti e – in misura minore – i Popolari, i quali ritengono che ci siano ancora campi in cui decidere insieme come Unione sia meglio di agire in ordine sparso. Chi non la pensa affatto così sono i cosiddetti partiti euroscettici, tra cui i partiti di estrema destra, che mirano a riportare sovranità agli stati centrali e costruire “un’Europa dei popoli”, come la chiamano.
La questione dell’Euroscetticismo ci porta a parlare dell’elefante della stanza che abbiamo ignorato finora: la Brexit. Con il referendum del giugno 2016, la maggioranza degli elettori britannici ha deciso che il Regno Unito dovesse abbandonare l’Unione Europea. Ciò ha comportato le dimissioni dell’allora premier Cameron, che ha ceduto il testimone a Theresa May. Il nuovo governo di sua maestà ha quindi fissato l’uscita dall’Ue per il 29 marzo scorso. Ma abbandonare un organismo come l’Unione Europea non si è rivelato facile come molti davano per intendere in campagna elettorale. La legislazione europea è estremamente intrecciata a quella dei paesi membri. Inoltre, l’Ue si occupa di tutti i rapporti commerciali dei suoi stati membri con l’esterno: stiamo parlando di accordi che vengono raggiunti dopo anni se non decenni di negoziazioni e sono raccolti in centinaia e centinaia di pagine di norme dettagliatissime. Così, la data della Brexit è già stata rimandata due volte ed è oggi fissata per il 31 ottobre, sempre che il parlamento britannico non voti prima in favore dell’accordo preliminare sottoscritto dalla May con l’Ue, ma che ha già rigettato più di una volta. Pertanto, con molta probabilità, il Regno Unito dovrà partecipare anche a queste elezioni europee. Ciò incide anche sui seggi del Parlamento Europeo: è stato infatti deciso che, in seguito alla Brexit, il loro numero scenderà dai 751 attuali a 705.
Come si vota
I 73 seggi dell’Europarlamento spettanti all’Italia (76 in caso di Brexit) vengono ripartiti in modo proporzionale in base alla percentuale di voti presi dai vari partiti. Ciò significa che se un partito prende il 20% dei voti, otterrà il 20% dei posti. Bisogna però considerare che, per accedere alla ripartizione dei seggi, ciascuna lista dovrà raggiungere almeno il 4% dei voti. Inoltre, il territorio italiano è diviso in 5 circoscrizioni: nord-ovest, nord-est, centro, sud e isole. In ciascuna di esse, ogni partito presenta una propria lista di candidati, tra cui l’elettore può esprimere fino a tre preferenze, ma almeno una deve essere di sesso diverso dalle altre, pena l’annullamento della terza preferenza. Le urne apriranno domenica 26 maggio alle 7 e chiuderanno alle 23. Per votare è necessario avere con sé un documento di riconoscimento e la tessera elettorale.
Conclusione
In questo video vi abbiamo dato le informazione di base necessarie per votare e un’infarinatura per esprimere un voto consapevole. Va da sé che per capire meglio la posta in gioco è doveroso approfondire i temi a cui abbiamo accennato e quelli che non abbiamo toccato. Perché, come diceva qualcuno, possiamo anche non occuparci della politica, ma la politica si occuperà di noi. Quindi informatevi, capite, discutete e poi andate alle urne! Buon voto!