La
decrescita non è il contrario
della crescita. Quella è la crescita negativa (cioè
la diminuzione del Pil che si verifica nei periodi di recessione),
un'espressione risibile che ben esprime la paradossalità
dell'economia della crescita. Ed è chiaro che non ci si auspica la
crescita negativa, i cui effetti sono l'aumento della disoccupazione
e la riduzione delle politiche sociali, culturali e ambientali degli
stati che sono costretti a tagliare le spese. Tuttavia una certa
riduzione del Pil (e quindi dell'impronta ecologica) è necessaria ma
solo in alcuni casi e non è comunque la finalità della decrescita.
La
decrescita è uno slogan, una parola d'ordine per indicare la
necessità di abbandonare l'obiettivo della crescita per la
crescita. In tal senso, il termine corretto sarebbe "acrescita"
(con la 'a' privativa), secondo Latouche. Maurizio Pallante e il suo
movimento invece hanno coniato l'espressione "decrescita
felice" per far comprendere che decrescita non significa
fare l'esatto contrario della crescita, ma sottolineare la necessità
di dire basta al consumismo e all'edononismo consumistico
(definizione di Pasolini) per ritrovare la felicità.
La
decrescita non va d'accordo nemmeno con il concetto di sviluppo
sostenibile, sdoganato al
Summit della Terra di Rio de Janeiro del 1992. I sostenitori della
decrescita, infatti, considerano l'espressione "sviluppo
sostenibile" un ossimoro, poiché non vi è sostenibilità nello
sviluppo (sinonimo di crescita) eterno. Sviluppo sostenibile
significa rimanere all'interno della società della crescita per la
crescita, pur con qualche miglioramento per evitare la catastrofe
ambientale, ma ciò non risolve le contraddizioni e i problemi della
crescita.
Decrescita
significa decrescere ma anche crescere.
Decrescere nelle attività umane che impegnano grandi quantità di
risorse naturali irrecuperabili e che contaminano in modo
irreversibile l'ambiente. E crescere in quelle che la maggior parte
delle persone considerano la fonte delle più autentiche
soddisfazioni e che non comportano i problemi delle prime:
istruzione, arte, musica, letteratura, religione, filosofia, ricerca
scientifica pura, sport, attività sociali.
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