BIOGRAFIA DI
PIER PAOLO PASOLINI
Pier Paolo Pasolini
nasce a Bologna il 5 marzo 1922. Il padre è un severo tenente di
fanteria, che ha con il ragazzo un rapporto conflittuale. La madre,
maestra elementare, è invece mite ed affettuosa. Il padre ha origini
romagnole, la madre è friulana.
Sebbene durante
l'infanzia e l'adolescenza, Pasolini viaggia spesso di città in
città a causa del lavoro del padre, riesce comunque a frequentare il
liceo classico a Bologna. Dopo il diploma superiore, si iscrive a
lettere e filosofia sempre nel capoluogo emiliano. Durante gli anni
universitari viene chiamato alle armi ma l'8 settembre 1943 diserta e
fugge alla città d'origine della madre, Casarsa, sulla quale
pubblica dei componimenti in dialetto friulano, celebrando il mondo
campestre che la cittadina rappresenta. Intanto, nella casa della
madre, organizza una scuola gratuita per pochissimi studenti.
Nel maggio 1945,
gli arriva la notizia dell'omicidio, per mano amica, di suo fratello,
partigiano ucciso dagli omologhi filoiugoslavi. Nel medesimo anno si
laurea con una brillante tesi su Pascoli. Inizia poi il periodo più
tragico della vita di Pasolini, segnato dal ritorno del padre
(distrutto dalla sconfitta in guerra e dal suo rapimento ad opera
degli inglesi), dalla morte del fratello e dal dolore della madre.
In seguito
Pasolini, pur continuando a vivere a Casarsa, inizia a viaggiare a
Roma e a ampliare i suoi contatti culturali. Per un breve lasso di
tempo insegna alle scuole medie, ma quest'esperienza viene interrotta
da un processo per omosessualità, che gli costa anche l'espulsione
dal PCI. Quindi, con la madre, si trasferisce a Roma, dove trascorre
un periodo di disoccupazione e disperazione, che lo spingono a
conoscere le borgate sottoproletarie romane, sfondo di molte sue
opere. Ma con il tempo si avvicina agli ambienti letterari della
capitale, allacciando rapporti con molti intellettuali capitolini,
sempre vivendo però un'esistenza precaria.
Si avvicina al
mondo del cinema, come sceneggiatore, arrivando a collaborare anche
con Federico Fellini. Ciò gli permette di migliorare le sue
condizioni economiche e trasferirsi nei quartieri della Roma bene.
Qui Pasolini stringe nuove amicizie e pubblica i romanzi La meglio
gioventù e Ragazzi di vita e la raccolta di poesie Le
ceneri di Gramsci. Nello stesso periodo è tra i fondatori della
rivista "Officina", che promuove un aggiornamento delle
posizioni culturali del marxismo. La rivista verrà chiusa dopo un
epigramma scritto dallo stesso Pasolini sul papa Pio XII.
Dal 1960, firma le
sue più importanti opere cinematografiche, da Il Vangelo secondo
Matteo a Teorema, da Medea alla Trilogia della
vita.
Nell’autunno
del 1961 viene accusato di rapina a mano armata, ma si tratta di
diffamazione. La sua fama intanto si diffonde anche sul piano
internazionale e le sue opere vengono tradotte in numerose lingue. In
Italia, è ormai uno dei protagonisti della vita pubblica, come
intellettuale impegnato e critico verso i difetti della società.
Ciononostante viene spesso trattato come un reietto per le sue
provocazioni e per le sue posizioni talvolta molto dure.
Pasolini
viene ritrovato morto nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975 in
circostanze poco chiare all'Idroscalo di Ostia, fatalmente uno di
quegli ambienti tanto ricorrenti nei suoi scritti.
Scritti
Corsari e Lettere Luterane
Sebbene
i suoi romanzi e film abbiano sempre suscitato molte reazioni e
spesso degli scandali veri e propri, il vertice della produzione
provocatoria di Pier Paolo Pasolini è costituito da due saggi:
Scritti corsari e Lettere luterane,
pubblicati rispettivamente nel 1975 e nel 1976 (quest'ultimo
postumo). Essi sono delle raccolte di articoli apparsi su vari
giornali (specie "Il Tempo" e il "Corriere della
Sera") dal 1973 al 1975. In queste opere, Pasolini si scaglia
contro i nuovi costumi nazionali e la "mutazione antropologica"
della popolazione, scatenata dalla nuova ideologia consumistica e
capitalista, frutto del boom economico di quegli anni. Le storture
denunciate dallo scrittore si rivelano oggi particolarmente
profetiche. Il Pasolini eretico, solitario e anticonformista se la
prende anche con il mondo borghese, la società di massa,
l'omologazione culturale, la televisione, il Sessantotto, l'aborto e
soprattutto il Palazzo.
PASOLINI
E LA SOCIETÀ CONSUMISTICA
L'ideologia
edonistico-consumistica: il nuovo fascismo
Il consumismo non è
solo una brutta abitudine diffusa dal nuovo benessere economico,
secondo Pasolini, è una vera propria ideologia neo-edonistica, che
va a sostituire quella fascista e clerico-fascista. Per spiegare
questo paragone, dobbiamo fare un passo indietro e illustrare
l'analisi sui generis dello scrittore rispetto al rapporto tra
il periodo fascista e quello immediatamente successivo
all'instaurazione della repubblica. Per Pasolini, non vi è stata
nessuna soluzione di continuità tra i due periodi della storia
italiana, la Democrazia Cristiana che governava l'Italia all'uscita
della guerra fu la «continuazione letterale» del regime fascista,
per «la mancata epurazione, la continuità dei codici, la violenza
poliziesca, il disprezzo per la Costituzione». «La democrazia che
gli antifascisti democristiani opponevano alla dittatura fascista –
scrive negli Scritti Corsari
– era spudoratamente formale». Infatti i due sistemi di potere si
basavano sugli stessi valori: «la Chiesa, la patria, la famiglia,
l'obbedienza, la disciplina, l'ordine, il risparmio, la moralità».
Ad un tratto, questi valori supremi perdono di consistenza e ne si
affermano di nuovi, quelli della società consumistica. Qui Pasolini
fa un distinguo tra ciò che è accaduto in Italia e negli altri
paesi perché se all'estero questa nuova "civiltà" è
stata il naturale sviluppo di una serie di eventi storici, nel nostro
paese l'imposizione dei nuovi valori è stata subita e ha portato,
dove prima c'era un pluralismo di culture, ad un livellamento. Questo
potere subdolo e inquietante ha distrutto e ricreato a propria
immagine e somiglianza la coscienza del popolo italiano, fino ad una
irreversibile degradazione. La sua forza è addiruttura maggiore di
quella della dittatura fascista: «il fascismo proponeva un modello,
reazionario e monumentale, che però restava lettera morta», scrive
Pasolini, «oggi, al contrario, l'adesione ai modelli imposti dal
Centro, è totale e incondizionata; i modelli culturali reali sono
rinnegati; l'abiura è compiuta». L'ideologia
edonistico-consumistica è ancora più totalizzante del fascismo, la
sua apparente tolleranza e permissività sono false, in realtà
«nessun uomo ha mai dovuto essere tanto normale e conformista come
il consumatore». L'intellettuale spiega che questo potere si è
potuto affermare grazie a due rivoluzioni: la rivoluzione delle
infrastrutture, che ha annullato le distanze materiali tra persone e
culture diverse, e la rivoluzione del sistema d'informazioni, che per
mezzo della televisione ha operato un'omologazione distruttrice di
tutte le culture originali.
La mutazione
antropologica
La straordinaria
forza del potere dell'ideologia edonistico-consumistica è desumibile
anche dalla sua influenza sulle persone (la cosiddetta "mutazione
antropologica"): il fascismo rendeva le persone «dei pagliacci,
dei servi, e forse in parte anche convinti, ma non li aveva toccati
sul serio, nel fondo dell'anima, nel loro modo di essere», la
società dei consumi invece «ha profondamente trasformato i giovani,
li ha toccati nell'intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi
di pensare, di vivere, altri modelli culturali». L'uomo consumista
diventa un automa, «che vive – dal punto di vista della qualità
della vita, del comportamento e dei valori – in uno stato, come
dire, di imponderabilità: cosa che permette lui di privilegiare,
come solo atto esistenziale possibile, il consumo e la soddisfazione
delle sue esigenze edonistiche».
In
una lettera pubblica all'amico Alberto Moravia, Pasolini spiega di
vivere l'affermarsi del consumismo nella società italiana come un
vero e proprio «cataclisma antropologico», che sente sulla propria
pelle perché nella sua esistenza in mezzo alla "gente" lui
scorge tutta la «tragedia» del consumismo, «che si manifesta come
delusione, rabbia, taedium vitae,
accidia e, infine, come rivolta idealistica, come rifiuto dello
status quo».
L'omologazione
culturale
La nuova ideologia
edonistico-consumista, essendo una ideologia ancora più totalizzante
del fascismo, ha inevitabilmente influito anche sulla sfera
culturale. L'effetto maggiore su di essa è stata l'omologazione
culturale, avvenuta a due livelli. Sul piano globale,
«l'acculturazione del Centro consumistico ha distrutto le varie
culture del Terzo Mondo (...cui le culture contadine italiane sono
profondamente analoghe)», costringendo l'intero pianeta ad assumere
i dogmi dell'ideologia totalitaria del consumismo, senza scampo. Il
mezzo di questo processo è stata una lingua uniforme e improntata
alla mera comunicazione che distrugge le espressività delle lingue e
dei dialetti locali. Dal punto di vista sociale, l'omologazione
culturale è quella avvenuta tra le diverse culture esistenti nelle
varie classi sociali (quelle delle intellighenzie, quelle dei
borghesi, quelle del popolo) di cui la cultura nazionale era la
media. Oggi queste culture non sono più distinguibili poiché si è
formata una cultura interclassista, espressione del violento potere
del consumismo. Per spiegare questo fenomeno, Pasolini fa un efficace
paragone: «ciò che più impressiona camminando per una città
dell'Unione Sovietica è l'uniformità della folla: non si nota
alcuna differenza sostanziale tra i passanti, nel modo di vestire,
nel modo di camminare, nel modo di essere seri, nel modo di
sorridere, nel modo di gestire, insomma, nel modo di comportarsi.
(...) Qual è dunque la proposizione prima di questo linguaggio
fisico-mimico? È la seguente: "Qui non c'è più differenza di
classe". (...) Oggi anche nelle città dell'Occidente (...)
camminando per le strade si è colpiti dall'uniformità della folla:
anche qui non si nota alcuna differenza sostanziale, tra i passanti
(soprattutto giovani). (...) Ma mentre in Russia ciò è un fenomeno
così positivo da riuscire esaltante, in Occidente esso è invece un
fenomeno negativo da gettare in uno stato d'animo che rasenta il
definitivo disgusto e la disperazione. La proposizione prima di tale
linguaggio fisico-mimico è infatti la seguente: "Il Potere ha
deciso che siamo tutti uguali"». Ciò che il consumismo ha
fatto è di aver progressivamento assimilato la cultura popolare a
quella borghese, sostituendola in un vero e proprio "genocidio
culturale". Degli effetti di questo genocidio, Pasolini porta
l'esempio dei giovani a cui viene imposto un edonismo che non hanno
possibilità di combattere e che li conduce ad «adeguarsi nel
comportamento, nel vestire, nelle scarpe, nel modo di pettinarsi o di
sorridere, nell'agire o nel gestire a ciò che vedono nella
pubblicità dei grandi prodotto industriali: pubblicità che si
riferisce, quasi razzisticamente, al modo di vita piccolo-borghese. I
risultati sono evidentemente penosi, perché un giovane povero di
Roma non è ancora in grado di realizzare questi modelli, e ciò crea
in lui ansie e frustazioni che lo portano alle soglie della nevrosi».
1 commenti:
grande immenso pasolini unico profondo conoscitore dei limiti umani, giudicati in modo esatto ,ma comunque preoccupante
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