venerdì 11 gennaio 2013

La fine della seconda repubblica

La Repubblica Italiana è nata dalla Resistenza. Si sa, nei momenti difficili le persone tirano fuori il meglio di sé. Così, la classe dirigente e la classe politica uscite da quella tragica e al contempo meravigliosa tragedia sono state probabilmente le migliori di sempre. Fra quei politici c'erano persone che avevano conosciuto ristrettezze economiche e avevano visto gli orrori e la distruzione della guerra ma, in qualche modo, la negazione della libertà e della giustizia all'esterno aveva consolidato questi valori nelle loro menti. Quelle straordinarie personalità riuscirono a mettere da parte le loro divisioni per dar vita a quella che qualcuno definisce, non a torto, la più bella costituzione del mondo.
Certo, non era tutto rosa e fiori: la situazione economica era di estrema povertà, il paese era in larga misura subalterno agli Stati Uniti e il completamento della costruzione dello stato di diritto e dello stato sociale era di là da venire. Ma quei momenti furono forse i più alti che l'Italia abbia mai attraversato.

Nei decenni, però, tutto è cominciato a decadere. L'economia si è sviluppata ma su fondamenta fragili: la grande imprenditoria italiana è sempre stata troppo dipendente dallo stato. I partiti si sono trasformati in apparati di potere che accumulavano ed elargivano prebende a soggetti scelti per cooptazione. Quando il sistema raggiunse il suo punto di rottura e cominciarono a piovere gli avvisi di garanzia per i parlamentari di tutte le forze politiche inviati dal pool di Mani Pulite, fu chiaro che la prima repubblica era finita e con essa se ne andava un pezzo dell'Italia intesa come sistema di valori forgiati dai costituenti nel dopoguerra. I vecchi partiti sono stati spazzati via e con essi le loro ideologie, quelle che hanno caratterizzato l'Ottocento e il Novecento. È finita in questo modo la prima repubblica.

L'Italia si è gettata nelle braccia di due nuovi movimenti: Forza Italia e Lega Nord. Entrambi promettevano rinnovamento: l'uno era la creatura di un uomo fatto da sé che garantiva la rivoluzione liberale e l'altro intendeva rompere con i mali dei vecchi partiti ladri.
Certo, Berlusconi aveva già in parte dimostrato di essere un pericolo per la libertà di stampa usando il suo impero mediatico per la propria campagna elettorale e costringendo Montanelli ad andarsene dal giornale che aveva fondato. E certo, la Lega era fin dagli inizi un movimento costruito su basi razziali. Però essi apparivano comunque come il nuovo che avanzava e che poteva innestare il cambiamento.
Solo più tardi il berlusconismo si è dimostrato essere un fortissimo agente patogeno per la libertà d'espressione, la giustizia e le istituzioni, favorito dalla scarsa opposizione di un parlamento il cui livello di onestà, etica e coerenza non è mai stato più basso.
Fortunatamente, fattori esterni sono intervenuti a mettere in crisi questo sistema tanto da farlo cadere.

Lo scontro epico di ieri sera tra Berlusconi e i suoi maggiori detrattori di questi anni, Santoro e Travaglio, ha rappresentato l'atto conclusivo della seconda repubblica. La trasmissione ha abbandonato per un giorno il suo obiettivo di fare informazione per celebrare un rito catartico dove le due fazioni si sono consumate nel duello finale, un combattimento indegno come indegno è stato questo ultimo ventennio. L'ultima parte del secondo intervento di Marco Travaglio ci ha fatto capire come questi anni siano stati uno spreco di tempo: si poteva risalire dall'abisso scavato dagli scandali di Mani Pulite e invece Berlusconi ha trascinato l'Italia ancora più in fondo. Un altro pezzo di quell'Italia libera e giusta pensata dai padri costituenti se n'è andato. Il resto dello spettacolo è stata semplicemente la rappresentazione della fine dell'ideologia berlusconiana.

Ora si aprono le porte della terza repubblica. L'Italia dovrebbe vedere un nuovo clima di fiducia dato che Monti ha restituito al paese la sua credibilità internazionale. Come dei ragazzini contenti dell'approvazione dei loro coetanei, gli italiani si sentono di nuovo considerati dalla comunità internazionale e per molti questo è l'obiettivo più importante. Se non fosse che il paese è in balia di una spaventosa crisi economica generata dai dogmi di una nuova idelogia: quella dei vincoli di bilancio imposti dall'Unione Europea. Questi diktat partoriti da una finanza virtuale completamente slegata dall'economia reale hanno polarizzato lo scontro politico: da una parte chi non osa metterli in discussione, dall'altra chi si apre a una revisione di questi e degli dogmi che stanno portando il paese a scomparire.
La guerra tra queste due nuove fazioni eroderà un altro pezzo di quell'Italia che abbiamo ereditato dalla Resistenza. E se la parte sbagliata prevarrà, probabilmente non ne resterà più niente.

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