Non so se sono io o è una necessità comune, ma personalmente ho bisogno di ascoltare un disco più volte prima di esprimere un giudizio onesto e circostanziato. Di primo acchito le canzoni mi sembrano tutte piatte e uguali poi, man mano che procedo con gli ascolti, ogni pezzo comincia ad assumere la sua fisionomia. Così, per scrivere questa recensione, mi sono preso un po' di tempo dal 29 gennaio, giorno in cui è stato pubblicato Fantasma, l'ultimo disco dei Baustelle.
Dopo I Mistici dell'Occidente (sicuramente il suo album più rock), la band di Montepulciano realizza un progetto pensato integralmente per l'orchestra, abbracciando una vocazione che traspariva anche dalle opere precedenti. Fantasma è un concept album o, più precisamente, un disco incentrato su tema specifico, quello del tempo, che ne fa una colonna sonora senza film, come qualcuno l'ha definito. Sono presenti le due dimensioni del tempo: quella della vita, cioè l'inizio del tempo, alla quale i Baustelle fanno quasi un'esortazione, e quella della morte come fine del tempo.
La prima canzone, Nessuno, secondo molti la migliore, è quasi un manifesto politico: l'anarchico Bianconi canta ciò in cui crede e in cui non crede, concludendo la canzone con un'appello all'amore. Del resto tutto l'album è permeato da riferimenti politici (che peraltro sono la prima cosa che guardano giornali e siti d'informazione) e sociologici, come i passaggi sul «figlio di troia che appalta la Rai» o sui «Cavalieri del Lavoro simili a Gesù: non votiamo gli uomini, non li votiamo più». Che comunque sono approcci ai temi della politica fatti da un livello trascendente. Nessuno è anche un fulgido esempio della predilizione e della sublimità di Bianconi per gli ossimori: magistrale «sesso orale e santità». Il tempo si blocca in Diorama, ovvero ciascuna delle vetrine del Museo di Storia Naturale di Milano dove vengono ricostruite scene naturali, come in una fotografia che immortala un preciso momento e lo rende per sempre. Monumentale invece parla della «vaga oscurità» dell'omonimo cimitero del capoluogo lombardo (dove sia Bianconi che Rachele vivono). Sebbene la canzone parli del luogo triste o "oscuro" per eccellenza, è anch'essa un appello all'amore. Nel ritornello, ci invita a trascurare tv e Internet per un giorno e passare un po' di tempo con chi amiamo, con i nostri cari. Perché un giorno, forse questo è il sottotesto, potrebbero non esserci più. L'analisi sociologica di questo disco è offerta da Maya colpisce ancora, dove vengono denudate le contraddizioni della nostra società: i miti del potere e del consumismo, quello dell'apparire e della falsa felicità. La sentenza è tranchant: «esco, non ho paura: morte sicura viviamo già». Arriviamo a Conta l'inverni, dove un inedito Bianconi si cimenta senza risultati troppo brillanti col romanesco, ma addosso lui stona parecchio. Dopo il buon auspicio de L'estinzione della razza umana, giungiamo a Radioattività, che oserei definire un inno alla vita e guarda caso è l'ultima canzone dell'album, forse a mo' di testamento profetico. In quest'ultimo pezzo, Bianconi invita ad avere fede, ma la fede baustelliana è una spiritualità diverso dal concetto di dio, al massimo si allinea a quella degli dei.
Insomma, i Baustelle sono riusciti a partorire un'altra opera di notevole bellezza segnando un ulteriore tappa di un percorso artistico di maturazione che non vede declino e non scade nella musica commerciale. In un panorama musicale come quello italiano, dove vanno per la maggiore i prodotti dei talent e dove chi fa rap canta perlopiù di se stesso che fa rap, Fantasma rappresenta una boccata di aria fresca.
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