lunedì 13 agosto 2012

Cos'è la decrescita

Da sempre sentiamo dire che per risolvere i problemi dell'economia serve la crescita: crescere per creare nuovi posti di lavoro, crescere per abbattere il debito pubblico, crescere per aumentare il benessere. L'intera economia è basata sulla crescita, ovvero sull'aumento sempre maggiore della produzione e del consumo. Ma come è possibile sostenere questo aumento infinito all'interno di un mondo finito? Questa è la domanda (retorica) fondamentale che si pongono i sostenitori della decrescita. La decrescita, infatti, è una teoria economica in base alla quale si deve abbandonare la logica perversa del produrre-consumare-crepare per dedicarsi di più a ciò che realmente importa nella vita: le relazioni umane, la cultura, la spiritualità, gli interessi personali. Per questo molti parlano di "decrescita felice" o "decrescita serena".
Per capire i paradossi della società della crescita, basta capire come funziona il PIL (Prodotto Interno Lordo), ovvero l'unità di misura della nostra economia. Esso viene calcolato sommando tutti i beni destinati al consumo prodotti all'interno di un paese in un anno. Il problema sta in quali beni esso considera: infatti non calcola il lavoro svolto gratuitamente come il volontariato e quello svolto dalle casalinghe (come faremmo senza?!) ma prende in considerazione le attività illecite come il riciclaggio di denaro sporco e le attività inquinanti. Il Pil tiene conto della produzione di armi e non considera la nostra istruzione e la nostra salute. Insomma, come disse Robert Kennedy nel 1968, il Pil «misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta».
Ma i problemi della società della crescita non si fermano qui: un altro importante effetto collaterale della produzione eterna senza limiti è il suo effetto sull'ambiente. La questione del surriscaldamento globale è oggi più attuale che mai, se non invertiamo la tendenza dell'aumento delle temperature mondiali potremmo assistere nell'arco di pochi decenni a veri e propri cataclismi, dei quali già da ora possiamo vedere i segnali: innalzamento del livello dei mari, desertificazione e inaridimento dei suoli, fenomenti climatici estremi sono solo alcuni.
La decrescita si pone quindi come un'alternativa ad un mondo sempre più ingiusto e sempre più diseguale che sta andando verso il baratro per sua stessa mano. Ci invita a recuperare la ragionevolezza persa, quella che ci suggerisce di passare dal "produrre di più" al "produrre il giusto", di adottare nuovi valori come l'altruismo al posto dell'egoismo, l'importanza delle relazioni al posto del consumo sfrenato e della produzione illimitata, il piacere del divertimento al posto dell'ossessione per il lavoro, il gusto per il bello al posto dell'efficienza produttiva, il locale al posto del globale. La decrescita si può anche esprimere con otto parole, le "otto erre": rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. Nella pratica di tutti i giorni, questi termini astratti si possono tradurre nel ridurre i consumi, certo, ma anche nell'adottare uno stile di vita più sobrio, nel ridurre gli sprechi, nell'autoproduzione dei beni in casa (come le marmellate e l'orto) e, dal punto di vista politico, nel favorire le energie rinnovabili e nell'adottare politiche di ridistribuzione dei redditi e di welfare sociale.
Ma la decrescita deve essere anche un percorso introspettivo di tipo personale, che ci spinga a diminuire le ore di lavoro, specie se si tratta di un'attività che non ci piace fare, per dedicarci ad altri aspetti della vita che sono quelli, per tornare a Kennedy, «per cui vale la pena vivere»: la cultura (l'istruzione, l'arte, la musica, la letteratura, la religione, la filosofia, la ricerca scientifica pura...), lo sport, le relazioni umane e le attività sociali.
Questo cambiamento di paradigmi può sembrare una svolta radicale ma è assolutamente necessaria se vogliamo togliere il nostro pianeta da una strada che lo sta portando verso il baratro e indirizzarlo su quella che lo può portare ad una umanità più solidale con se stessa dove le disuguaglianze e le ingiustizie siano sempre più solo un lontano ricordo.

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